Riprendiamo da LIBERO di oggi, 05/06/2017, a pag. 4, con il titolo "È un Ramadan rosso sangue. Ma ora si risponde al fuoco", l'analisi di Carlo Panella; dalla STAMPA, a pag. 8, con il titolo "E nei tweet di Trump la tragedia londinese diventa disputa politica", il commento di Paolo Mastrolilli; a pag. 11, la breve "A Mogherini e Katainen un ruolo operativo"; dal GIORNALE, a pag. 4, con il titolo "Altro che integrazione: e l'Inghilterra diventa il Regno Unito di Allah", il commento di Gian Micalessin.
Ecco gli articoli:
LIBERO - Carlo Panella: "È un Ramadan rosso sangue. Ma ora si risponde al fuoco"
Carlo Panella
L'escalation terroristica del «Ramadan di sangue» promosso dall'Isis è impressionante ed è densa di elementi di novità pessimi. Innanzitutto, come ha notato Marco Minniti, sia a Manchester che al London Bridge in azione non sono stati più lupi solitari, esaltati all'ultimo momento, non più lo spontaneismo del dilettante, ma azioni programmate, studiate e organizzate nei particolari.
A Manchester, complessa la ricerca dell'esplosivo e intensi i rapporti col reseau terroristico libico. Per la prima volta in assoluto un jihadista, Salman Abedi, ha agito in raccordo con cellule in un paese arabo in cui l'Isis è radicata. Pessima notizia, perché sinora i rapporti dei jihadisti europei con territori controllati dall'Isis (vedi i fratelli Kouachi e Saleh Abdesalam) consistevano in viaggi e contatti di mesi, anni prima, rispetto al momento dell' attentato. Abedi invece è una proiezione in Europa di un nucleo terroristico e jihadista libico. Rilevanti e gravi le conseguenze di questa novità, perché, se si svilupperà, porterà ad agire nelle città europee non più dei «cani sciolti» reclutati casualmente in Rete, ma jihadisti con una professionalità, una esperienza di combattimento e clandestinità acquisita in anni di combattimento nelle guerre civili di Libia, Iraq e Siria. Con una capacità «tecnica» di seminare morte ben maggiore di quella dei jihadisti improvvisati che abbiamo visto in azione a Nizza, a Berlino e in Germania.
Il tutto, dentro la programmazione centrale di portare un «Ramadan di sangue» nel cuore delle città europee: «Nuovo orrore e sangue arriverà nel cuore degli infedeli, l'Inghilterra si sveglierà sotto il dominio islamico e gli infedeli verranno trattati per quello che sono, scimmie e maiali». Quest'ultima è una citazione coranica precisa e si riferisce agli ebrei che Allah trasformò appunto in scimmie e maiali per punirli per avere lavorato il Sabato, non rispettando dunque la propria Legge divina.
Poi, l'escalation della crudeltà. C'è un drammatico crescendo nella capacità di seminare un orrore sempre più intollerabile, oltre che terrore. A Manchester l'Isis ha colpito con esplosivo e frammenti di metallo ragazzini e bambine che uscivano in massa da un concerto. Un voluto massacro di innocenti. Al London Bridge il commando jihadista di tre miliziani ha operato con una tecnica feroce da «Arancia Meccanica»: prima l'aggressione a 80 all'ora sul marciapiede contro i pedoni, poi, come se i tre jihadisti fossero Ninja esaltati, le pugnalate alla folla menate a destra e manca. Ancora: la preordinata scelta, per non essere intercettati subito, di risalire sul van, per spostarsi nell'affollata zona di Borough Market e riprendere ad accoltellare chiunque si trovi a tiro.
Pesantissimo il bilancio della carneficina 7 morti e ben 48 feriti, alcuni, compreso il poliziotto che infine ha ucciso i jihadisti, in condizioni gravi. Maciullare nello spazio di 8 minuti 55 persone con un van e a coltellate, quindi a mano, rivela una furia omicida e crudeltà straordinarie. Una evoluzione palese, organizzata, preordinata della tecnica nata in Israele e inventata dai palestinesi (e mai condannata dal «moderato» Abu Mazen, non va dimenticato) dell'auto scagliata all'improvviso contro i pedoni e della coltellata a tradimento contro i civili e i militari ebrei. Una professionalità nel seminare morte con le mani, senza armi o esplosivi, ma con semplici coltelli, mai vista. Inedita e preoccupante, perché farà scuola, sarà imitata. Il tutto, nella fase più accesa di una campagna elettorale inglese, per amplificare all'ennesima potenza l'impatto del gesto jihadista. Infine, almeno una buona notizia: la capacità di reazione della polizia londinese è stata straordinaria, pari a quella israeliana. Avere intercettato e ucciso i tre jihadisti dopo solo 8 minuti dal primo allarme è prova non solo di rapidità di reazione, ma anche di un presidio di polizia capillare nella città. Uno nuovo smacco dei Servizi (c'è da scommettere che almeno uno dei tre jihadisti era, al solito, a loro noto), ma almeno un intervento ex post tempestivo.
LA STAMPA - Paolo Mastrolilli: "E nei tweet di Trump la tragedia londinese diventa disputa politica"
Paolo Mastrolilli
Donald Trump
«Dobbiamo essere intelligenti, vigilanti e duri. Abbiamo bisogno che i tribunali ci restituiscano i nostri diritti. Ci serve il bando dei viaggi come livello extra di sicurezza».
L’attentato di Londra era ancora in corso, con la polizia che dava la caccia ai terroristi, quando il presidente americano Trump ha pubblicato questo tweet. La sua prima preoccupazione, insomma, è stata quella di utilizzare l’ultimo episodio di violenza per segnare un punto di politica interna, strumentalizzando l’attacco allo scopo di spingere i magistrati a rimettere in vigore il suo bando per l’immigrazione da sei paesi islamici. Poco importa se i terroristi erano nati e cresciuti in Gran Bretagna, e quindi impermeabili all’eventuale divieto di ingresso, oppure arrivati dall’estero per colpire. Questa scelta, seguita poi dall’idea di attaccare il sindaco di Londra Sadiq Khan, criticare la correttezza politica, e denunciare chi vuole limitare la vendita delle armi, ha trasformato la tragedia in una disputa politica, provocando polemiche e insulti negli Usa.
Il secondo tweet di Trump ha promesso che l’America farà tutto il possibile per aiutare Londra e il Regno Unito, ma la compassione si è fermata qui. Con il terzo, infatti, è tornato subito ai temi della sua campagna elettorale: «Dobbiamo smettere di essere politicamente corretti, e impegnarci per la sicurezza della nostra gente. Se non diventiamo più intelligenti la situazione potrà solo peggiorare». Tutta colpa, in sostanza, della debolezza instillata nell’Occidente dalla sua smania di rispettare gli altri. Il quarto messaggio, poi, è servito a saldare un conto personale con Khan, che durante la campagna presidenziale americana aveva criticato la «visione ignorante» dell’islam di Trump: «Almeno 7 morti e 48 feriti in un attacco terroristico, e il sindaco di Londra dice che “non c’è ragione per essere allarmati”». Khan in realtà si riferiva al fatto che la polizia avrebbe aumentato la sua presenza nelle strade, e avvertiva la popolazione affinché fosse preparata. Il suo portavoce Matt Chorley, sollecitato a commentare, ha replicato così: «Il sindaco ha cose più importanti da fare, che rispondere ad un tweet di Trump». Allora è intervenuto Dan Scavino, regista della comunicazione del presidente sui social, per affondare il colpo, rinfacciando a Khan il messaggio con cui aveva criticato Donald durante la campagna elettorale. Il capo della Casa Bianca però non si è fermato qui, e ha usato il suo ultimo tweet per fare polemica con chi negli Usa vorrebbe limitare le vendite di fucili e pistole: «Avete notato che non stiamo avendo un dibattito sulle armi in questo momento? Perché hanno usato i coltelli e un camion!». Solo a quel punto Trump ha indossato la sua veste istituzionale, per chiamare la premier britannica May, esprimere solidarietà e promettere assistenza, come recita un comunicato ufficiale del suo portavoce.
La reazione è stata quasi violenta. Reza Aslan, conduttore della Cnn, è arrivato a definire il presidente «un pezzo di m...», per la strumentalizzazione politica dell’attentato. Altri, tipo l’ex vice presidente Gore, si sono limitati a sottolineare che bisognerebbe privilegiare l’unità, invece di criticare il sindaco di una città colpita, mentre cerca di organizzare la risposta al terrorismo e rassicurare la popolazione scossa.
Trump però si è sempre comportato così. La sua amministrazione ha appena fatto ricorso alla Corte Suprema, dove ora con la nomina del giudice Neil Gorsuch ha una maggioranza favorevole, per far rientrare in vigore il bando. Khan invece è un vecchio obiettivo, perché rappresenta l’antitesi alla visione di Donald su islam e terrorismo. Il resto sono cavalli di battaglia della campagna elettorale, che il presidente torna a cavalcare perché ci crede, e perché lo aiutano a riconnettersi con la sua base, indispensabile per sopravvivere agli scandali e rivincere le elezioni.
LA STAMPA: "A Mogherini e Katainen un ruolo operativo"
La soluzione ai problemi di difesa dell'Unione Europea - e in particolare di difesa interna dal terrorismo islamico - sarà Federica Mogherini? La ottusa sostenitrice dell'Iran? Non è uno scherzo, anche se ne ha tutta l'aria: e se la difesa dell'Ue è nelle sue mani, siamo certi che i terroristi faranno presto nuove vittime...
Ecco l'articolo:
Federica Mogherini
L’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, in collaborazione con l’altro vicepresidente Jyrki Katainen (per la parte legata agli aspetti industriali) si stanno impegnando da un anno per cercare di integrare sempre di più le politiche di Difesa dei vari Paesi dell’Unione. Tra gli obiettivi riuscire a portare a un miliardo i finanziamenti per difesa e sicurezza a partire dal 2020.
IL GIORNALE - Gian Micalessin: "Altro che integrazione: e l'Inghilterra diventa il Regno Unito di Allah"
Gian Micalessin
Teresa May ora lo dice a chiare lettere. Dopo tre attentati messi a segno e cinque sventati promette di far piazza pulita di quella «correttezza politica» che per decenni ha impedito all'Inghilterra di combattere il cancro islamista trasformandola nel Regno Unito della jihad. Per anni però l'Inghilterra si è graziosamente sottomessa a quella cultura evitando di distinguere tra buoni musulmani fedeli allo stato, fondamentalisti pronti a invocare la sharia e jihadisti decisi a sostituire la monarchia con il Califfato. Un errore non da poco per una nazione dove in una generazione la comunità islamica si è triplicata passando da un milione di fedeli del 1991 agli oltre tre milioni censiti nel febbraio 2016. Un errore madornale per una Londra dove i 600mila residenti musulmani rappresentano il 12,4% della popolazione e contano su una rete di oltre 427 moschee assolutamente fuori controllo. E fuori controllo sono anche quartieri come Newham e Tower Hamlets dove i musulmani superano il 30%. Certo per capire che qualcosa non funzionava non occorrevano gli attentati.
Bastava la dimostrazione dello scorso dicembre quando mille barbuti riuniti davanti la sede (chiusa) dell'ambasciata siriana di Londra inneggiavano allo Stato Islamico. Del resto qualche problemino deve pur esserci se dal 2012 più di 850 jihadisti britannici son andati a combattere con lo Stato Islamico mentre assai meno inglesi hanno risposto alla richiesta di entrare nella riserva militare di Sua Maestà. Ma se mille jihadisti se ne sono andati almeno 3mila sono i fanatici rimasti e pronti a colpire, come rivelato nel settembre 2015 da fonti dell'intelligence citate dal Times. Alla creazione di questa società malata ha contribuito l'accondiscendenza dei governi che negli anni hanno permesso l'attività di 85 corti islamiche autorizzate ad emettere decisioni e pareri in ambito matrimoniale ed economico basati sulla la legge del Corano.
La più eloquente cartina di tornasole di un'integrazione fallita, o meglio di una sottomissione al braccio violento e intollerante dell'Islam, la regalavano però i sondaggi condotti nell'ultimo decennio tra i fedeli musulmani. Il più clamoroso resta quello realizzato dalla Gallup nel 2009 quando non si trovò un solo musulmano, su un su un campione di 500, pronto a dichiararsi tollerante nei confronti degli omosessuali. Un 100% d'intolleranza evidenziata negli anni successivi dalle tremende immagini dei cosiddetti «pervertiti» buttati giù dai tetti nelle zone della Siria e dell'Irak cadute sotto il controllo di Al Qaida e dell'Isis. E non andò sicuramente meglio nel 2007 quando un inchiesta commissionata dal Sunday Telegraph rivelò che il 40% dei giovani musulmani tra i 16 e i 24 preferiva di gran lunga la sharia rispetto alle leggi del Regno, mentre il 36% si diceva d'accordo nel punire con la morte gli apostati colpevoli di aver abbandonato l'Islam per convertirsi ad altre religioni. Tendenze confermate dai rilevamenti del 2010 quando un quarto dei musulmani residenti in Inghilterra si dichiarò solidale con gli assassini di Charlie Hebdo. Il sondaggio più inquietante resta però quello condotto da YouGov che nel 2008 testò le opinioni di un campione di 600 studenti scelti tra i musulmani iscritti ad una dozzina di Università come l'Imperial College e il King's College. Ebbene il 32% di quei giovani rampolli, espressione dei ceti medio alti della società islamica, considerava giusto uccidere nel nome della religione. Ma ancor più devastante è stato scoprire che uno su quattro fra i 90mila universitari musulmani del Regno è legato a società islamiche vicine al pensiero fondamentalista. Anche perché sei studenti su dieci appartenenti a quel 25% considerano assolutamente giusto uccidere nel nome e per conto di Allah.
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