venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Manifesto Rassegna Stampa
02.06.2017 Trump: 'Per lo spostamento dell'ambasciata Usa a Gerusalemme vedremo tra sei mesi'
Il commento fazioso di Michele Giorgio

Testata: Il Manifesto
Data: 02 giugno 2017
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Trump: gli Usa restano a Tel Aviv»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 02/06/2017, a pag. 9, con il titolo "Trump: gli Usa restano a Tel Aviv ", il commento di Michele Giorgio.

Michele Giorgio canta vittoria perché Trump ha scelto di non spostare immediatamente l'ambasciata Usa da Tel Aviv alla capitale Gerusalemme. Quello che Giorgio omette è che Trump ha dichiarato che riprenderà in mano la questione tra sei mesi, decidendo anche in base all'evoluzione dello scenario mediorientale. Seguiremo con attenzione gli sviluppi.

Ecco l'articolo:

Immagine correlata
Michele Giorgio

Immagine correlata
Donald Trump al Muro occidentale

«Sebbene Israele sia deluso del mancato spostamento, per ora, dell'ambasciata Usa a Gerusalemme, apprezza l'espressione dell'amicizia di oggi del presidente Trump e il suo impegno a muovere l'ambasciata nel futuro». Benyamin Netanyahu ieri provava a fare buon viso a cattivo gioco dopo la decisione presa da Donald Trump di firmare il decreto che congela per altri sei mesi l'attuazione della legge (il Jerusalem Embassy Act), approvata dal Congresso nel 1995, che stabilisce il trasferimento della sede diplomatica statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, in modo da riconoscere la città, inclusa la zona Est (palestinese) occupata nel 1967, come la capitale di Israele.

IL PREMIER ISRAELIANO però non ha potuto trattenersi dal rivolgere una critica: «Mantenere le ambasciate fuori dalla capitale (unilateralmente proclamata da Israele, ndr) — ha detto Netanyahu — allontana la pace mantenendo viva la fantasia palestinese che lo Stato e il popolo ebraico non abbiano connessioni con Gerusalemme». Trump non ha mantenuto la promessa fatta in campagna elettorale e che aveva fatto brindare alla vittoria l'establishment politico israeliano.

L'AMBASCIATA USA resta a Tel Aviv. Non cambia nulla. Per ora, sottolinea Netanyahu. Ma anche lui sa che persino il tycoon che si proclama un alleato di ferro di Israele e che il mese scorso, primo presidente americano in carica, ha visitato il Muro del Pianto nella zona Est della città, non può non tenere conto dell'eccezionale importanza che Gerusalemme ha anche per il mondo arabo e islamico. Nel momento in cui stringe i rapporti con le petromonarchie del Golfo in chiave anti-Iran, Trump ha scelto di sacrificare i desideri di Israele. Il governo Netanyahu ne è consapevole. Per questo non sorprende il forte disappunto del ministro Yuval Steinitz che ha accusato Trump di aver ceduto alle pressioni arabe: «Penso che sia il momento di mettere fine a questa mancanza. Tutti riconoscono Gerusalemme come capitale d'Israele e quando Trump viene qui, va a Gerusalemme non a Tel Aviv».

POLEMICAMENTE, Steinitz ha aggiunto di sperare che il trasferimento dell'ambasciata avvenga «prima dell'avvento del Messia». Una battuta che risponde alle assicurazioni del portavoce di Trump, Sean Spicer, che l'interrogativo non è più se la sede diplomatica sarà trasferita «ma quando». Deluso anche il sindaco israeliano di Gerusalemme, Nir Barkat, che si è detto «pronto a fare qualsiasi cosa per concretizzare la mossa».

IN CASA PALESTINESE, o meglio dell'Anp del presidente Abu Mazen, ieri si cantava vittoria, come se Trump fosse davvero interessato a promuovere un accordo tra israeliani e palestinesi fondato sul rispetto delle risoluzioni internazionali. Nabil Abu Rudeinah ha elogiato «il passo positivo e importante che — a suo dire — migliorerà le possibilità di raggiungere la pace». Quindi ha affermato la volontà dei palestinesi di «continuare a lavorare con il presidente Trump e la sua amministrazione per raggiungere una pace giusta e duratura».

ABU RUDEINAH SA BENE che quella di Trump è solo una mossa tattica per far riavviare il negoziato tra israeliani e palestinesi e evitare uno scontro con il mondo arabo nel momento in cui l'amministrazione Usa è impegnata, oltre a vendere armi per 110 miliardi di dollari all'Arabia saudita, a formare un fronte arabo sunnita contro l'Iran. Trump intende spostare l'ambasciata Usa ma solo quando lo riterrà più conveniente.

CHE IL PRESIDENTE non sia affatto neutrale tra israeliani e palestinesi, come vorrebbero far credere alcuni esponenti Anp, lo dice lo stesso Abu Mazen che, secondo la stampa locale, avrebbe ammesso di essere finito sotto una valanga di accuse nel faccia a faccia che ha avuto con Trump il 23 maggio a Betlemme: secondo gli americani non ha fermato «l'istigazione contro Israele» come aveva promesso di fare nella sua recente visita alla Casa Bianca.

Per inviare la propria opinione al Manifesto, telefonare 06/689191, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


redazione@ilmanifesto.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT