Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 31/05/2017, a pag. 9, con il titolo "Corbyn", l'analisi di Enrico Franceschini.
Pochi giorni fa il Sunday Times ha rivelato che Jeremy Corbyn, un anno dopo la sua elezione a capo del partito laburista, ha deposto una corona di fiori sulla tomba di uno dei terroristi palestinesi autori della strage degli atleti israeliani di Monaco '72. Nel 2014, inoltre, Corbyn ha partecipato alle commemorazioni, tenutesi in Tunisia, in ricordo dei terroristi morti durante un intervento israeliano contro la centrale operativa dell'Olp nel 1985. Tutto questo non stupisce, perché Corbyn non esita a farsi fotografare con esponenti di Hamas e Hezbollah, che definisce "amici". Un gesto condiviso con Massimo D'Alema.
Il suo partito, in Inghilterra, è su posizioni sempre più estreme e i casi di autentico antisemitismo di suoi leader sono decine, come testimoniano gli articoli di Manfred Gerstenfeld pubblicati su IC. E' Corbyn, il socialista Corbyn, oggi, uno dei grandi pericoli per Israele, per gli ebrei europei e per la democrazia britannica. IC ne ha scritto ieri: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=66480
Ecco l'analisi:
Enrico Franceschini
Jeremy Corbyn durante una manifestazione di odio contro Israele
In un mese di campagna elettorale ha recuperato nei sondaggi da meno 20 a meno 6: l’ultimo, pubblicato ieri, dà i conservatori ancora in testa, 43 a 37 per cento, ma con il margine d’errore il distacco potrebbe essere più piccolo. Lunedì sera ha vinto “alla grande” il primo dibattito televisivo con Theresa May, secondo il Financial Times: e probabilmente sarebbe stata una vittoria ancora più netta se la premier conservatrice, per timore del confronto, non avesse rifiutato il faccia a faccia, optando per interviste separate. Ora commentatori e opinione pubblica si chiedono se Jeremy Corbyn vincerà anche le elezioni dell’8 giugno, realizzando la terza clamorosa sorpresa degli ultimi 12 mesi, dopo quelle della Brexit e di Trump. E’ presto per prevederlo. Ieri mattina il leader laburista è incappato in un imbarazzante incidente, rivelandosi incapace di dire, durante un’intervista alla radio, quanto costerebbe il suo generoso programma di assistenza all’infanzia. “Lei sta sfogliando il manifesto elettorale e spulciando l’iPad, è evidente che non sa la risposta”, lo ha incalzato l’intervistatrice. Resta il fatto che Corbyn, fino a poche settimane or sono considerato senza scampo, è protagonista di un’incredibile rimonta.
Da dove viene Jeremy Corbyn? Da 35 anni nelle file dei “back benchers”, i peones del parlamento britannico: un deputato laburista schierato così a sinistra da non avere mai ricevuto un incarico nel governo o nel partito. “La primula rossa”, lo chiamavano i tabloid.
Come è diventato leader? Dopo le dimissioni di Ed Miliband, sconfitto da David Cameron alle elezioni del 2010, ha vinto le primarie del Labour. «All’inizio i bookmaker mi davano 200 a 1», ama ricordare Corbyn. «Vinse perché era sincero, spontaneo, diverso dai politici tradizionali e diceva finalmente cose di sinistra», afferma il deputato Richard Burgon.
Come la prese il partito? Malissimo, il gruppo parlamentare: a un certo punto tre quarti del “governo ombra” laburista si è dimesso e 180 deputati su 230 gli hanno votato la sfiducia, convinti che, con le sue posizioni radicali, il Labour fosse destinato all’opposizione per sempre. Un anno dopo la sua elezione a leader, nuove primarie: e le ha rivinte lui. Trascinato dall’entusiasmo della base: con Corbyn gli iscritti sono raddoppiati a 530 mila, più di ogni altro partito in Europa. “«E’ un leader laburista che ha fatto i picchetti degli scioperi insieme agli operai», osserva Tom McTague, columnist di Politico.
Perché aveva 20 punti di distacco nei sondaggi? «Perché i media, per la maggior parte fedeli ai Tories, gli sono ostili e l’hanno lungamente descritto come troppo vecchio, troppo di sinistra, troppo contestato dal suo stesso partito», dice il regista Ken Loach, che lo sostiene.
In che modo ha rimontato? Per le leggi elettorali, la tivù ha dovuto dargli pari spazio. «E’ piaciuto alla gente, quando la gente ha potuto conoscerlo», nota David Dimbleby, veterano della Bbc. «E’ genuino, calmo, gentile, riservato», riconosce Kenneth Clarke, padre nobile dei Tories.
Cos’altro ha influito sulla rimonta? Theresa May in campagna elettorale si è rivelata un disastro. «Più la conosci, meno ti convince », taglia corto Jonathan Freedland, columnist del Guardian. E’ fredda, innaturale, legnosa. In più il suo programma contiene tagli all’assistenza agli anziani e ai pasti gratis nelle scuole (in parte ritrattati). Quello di Corbyn promette più soldi per sanità, scuola, sicurezza. Promesse forse irrealizzabili, ma il messaggio funziona.
Ci sono dei precedenti nella rimonta di Corbyn? «Jeremy somiglia a Bernie Sanders», afferma il filologo Noam Chomsky. «Anche il senatore americano veniva dato per spacciato e per un pelo non ha battuto Hillary». Ora i consiglieri di Sanders aiutano gratuitamente i volontari di Momentum, braccio giovanile del Labour, insegnando nuove tecniche di propaganda. Come “text-a-peer”, manda un messaggino a un amico.
Basterà a fargli vincere le elezioni? Come minimo potrebbe vincere più voti del suo predecessore Miliband. E se May non otterrà la maggioranza assoluta, Corbyn potrebbe formare un governo di coalizione con lib-dem e verdi, appoggiato dall’esterno dagli indipendentisti scozzesi. «Sarei felice di mettere Jeremy a Downing Street», dice Nicola Sturgeon, premier del governo di Edimburgo.
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