Riprendiamo da LIBERO di oggi, 24/05/2017, a pag. 7, con il titolo "Il lodo Moro-Arafat per ora ci protegge", il commento di Franco Bechis.
Il commento di Franco Bechis è omissivo di un particolare tutt'altro che rilevante del Lodo Moro, l'accordo tra terroristi dell'Olp e Stato italiano con cui i secondi promettevano di non colpire l'Italia in cambio del libero transito di armi e uomini nella nostra penisola e appoggio politico (culminato nell'ingresso in parlamento di Arafat armato). Quello che Bechis non ricorda è che gli ebrei non rientravano nell'accordo, e dunque i terroristi palestinesi avevano mano libera con loro. E infatti gli attentati colpirono gli ebrei italiani, nel silenzio complice di quasi tutto l'arco politico: il più clamoroso quello alla sinagoga di Roma nel 1982, quando venne ucciso il piccolo Stefano Gaj Tachè.
Ecco la breve:
Franco Bechis
Una conseguenza del Lodo Moro: l'attacco alla sinagoga di Roma nel 1982
Il nome per cui è passato alla storia è "lodo Moro", perché a parlarne fu lo stesso presidente della Democrazia cristiana durante i giorni di prigionia nelle mani delle Brigate Rosse. Qualche conferma è arrivata da dirigenti palestinesi dell'epoca - sia pure molti anni dopo - e qualche altra traspare dalle carte solo parzialmente desecretate del "Lawrence D'Arabia" italiano, vale a dire il colonnello Stefano Giovannone, agente segreto italiano assai attivo sul fronte arabo fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Il lodo Moro sarebbe l'intesa che a livello alto sarebbe stata raggiunta fra l'Italia e l'Olp di Yasser Arafat per evitare attentati sul suolo della penisola dopo la strage di Fiumicino del 1973.
Un accordo che avrebbe resistito decenni, anche se non poche ombre ancora persistono su stragi e regie che hanno visto negli anni di piombo ufficialmente protagonisti terrorismo nero e rosso nostrano. Ma sarebbe quell'accordo che per decenni avrebbe reso l'Italia immune dal sangue delle stragi medio-orientali. In cambio di un appoggio politico ai palestinesi che ufficialmente in effetti arrivò nel 1980, e della possibilità di utilizzare per loro e per altri gruppi di fuoco medioorientali l'Italia come una sorta di terra di passaggio immune per loro e anche per il passaggio di soldi e armi per operazioni di altro tipo. Quel lodo è stato ricostruito da indizi e testimonianze anche autorevoli negli anni, e pare illuminato dai pizzini di Giovannoni ora in mano ai membri della commissione di inchiesta su Moro, che ha potuto leggerle ma non renderle pubbliche. Secondo autorevoli fonti di intelligence sarebbe ancora oggi alla base di una sorta di immunità italiana, proseguita sia negli anni di Al Qaeda che in quelli dell'Isis: nessuna strage si è svolta dentro questi confini, e l'unica che abbia espressamente riguardato gli italiani è stata quella di Nassiriya.
Certo il terrorismo arabo è profondamente mutato da quelle origini, in cui la componente politica era assai prevalente rispetto a quella religiosa. Ma secondo le stesse fonti di intelligence l'Italia ha continuato al di là di eventuali patti taciti, ad essere considerata dai gruppi terroristici arabi una sorta di hub ideale dove riparare, organizzarsi e restare sotto copertura prima di compiere attentati altrove. Un paese in cui è facile arrivare, in cui si può dispone di una rete efficiente per essere sostenuti e nascosti, dove gruppi etnici della stessa origine sono riusciti a stringere accordi con la criminalità organizzata nazionale che rendono abbastanza sicura la permanenza anche di terroristi sotto copertura. E dove un eventuale attentato metterebbe fortemente a rischio questa relativa tranquillità di cui la loro rete organizzata può oggi godere.
Sarebbe in questa la radice della lunga immunità dalle stragi arabe di cui l'Italia fin qui ha goduto. Una convenienza temporanea - a lungo temporanea - su cui però non si può contare all'infinito. Gran parte degli attentati che si sono verificati nell'ultimo biennio sono infatti stati compiuti da lupi solitari che non po ano stabilmente sulla organizzazione dell'Isis, e che quindi fanno ben pochi calcoli. Vero che per molte ragioni storiche e forse anche per quel lodo, la capacità di infiltrazione dei servizi italiani è alta in quel mondo, e non sono pochi i successi nel reclutamento e nella strutturazione di tunisini, marocchini ed egiziani assai vicini alla rete Isis. Ma azioni di singoli come quella di Manchester sono difficilmente evitabili anche dall'intelligence. Per quelli non c'è lodo che tenga...
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