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Panorama Rassegna Stampa
18.05.2017 Modello Gerusalemme
Marco Ventura intervista Nir Barkat, sindaco di Gerusalemme

Testata: Panorama
Data: 18 maggio 2017
Pagina: 28
Autore: Marco Ventura
Titolo: «A Gerusalemme tutto è pronto per l'ambasciata americana»

Riprendiamo da PANORAMA di oggi, 18/05/2017, a pag. 28, con il titolo "A Gerusalemme tutto è pronto per l'ambasciata americana", l'intervista di Marco Ventura a Nir Barkat, sindaco di Gerusalemme.

Sarà affidabile l'intervista fatta da Panorama a Nir Barkat, considerando che su Panorama scrive anche Vittorio Emanuele Parsi, che non perde occasione per demonizzare Israele? Ne abbiamo scritto pochi giorni fa su IC: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=14&sez=120&id=66306

Ecco l'articolo:

Immagine correlata
Nir Barkat, sindaco di Gerusalemme

 

"Sposterò l'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme» aveva promesso Donald Trump prima di essere eletto. E il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, 57 anni, imprenditore high tech amante dell'Italia (sua moglie Beverly, pittrice, espone alla Biennale di Venezia), candidato alla leadership del Likud dopo Benjamin Netanyahu, prende The Donald in parola. «Credo e penso che Trump annuncerà il trasferimento dell'ambasciata nella prossima visita in Israele, il 22 maggio. Quale occasione migliore?».

Nessun ripensamento da parte di Trump? La decisione è stata presa decenni fa dal Congresso americano e mai messa in pratica. Credo e spero che questa volta il presidente non abbia esitazioni. Meglio tardi che mai. Trump è un negoziatore, probabile che voglia concedere qualcosa ai palestinesi per addolcire la decisione.

Che cosa? Se i palestinesi sono svegli si concentreranno sulla crescita economica, nell'interesse loro e di tutto il Medio Oriente. C'è un nesso evidente tra benessere economico e stabilità.

Nessun problema a spostare la rappresentanza? Il consolato americano si trova già nel cuore della città. Basta cambiare la targa, insediare l'ambasciatore e pian piano spostare i servizi da Tel Aviv a Gerusalemme. Sbaglia chi vuole rendere complicata una cosa semplice.

Non ha paura che il trasferimento scateni nuove violenze? L'ondata di violenze un anno e mezzo fa non aveva ragione. In Medio Oriente la violenza può avere tutte le ragioni o nessuna. Noi dobbiamo fare ciò che è giusto per assicurarci che la violenza non paghi. Questo gesto sarebbe un riconoscimento molto chiaro di Gerusalemme come capitale del popolo ebraico. È giusto così. A Gerusalemme basta infilare una sonda nel terreno e si trovano radici ebraiche fino a 3000 anni fa.

In gennaio ha autorizzato nuovi insediamenti a Gerusalemme Est... Quando il popolo di Israele arrivò dall'Egitto, dove era in schiavitù, le 12 tribù si distribuirono ovunque, ma a nessuna fu assegnata Gerusalemme. È scritto nella Bibbia che Gerusalemme rende tutti amici. Questa città deve restare aperta e inclusiva, con libertà di religione, movimento, pensiero, parola... Siamo la sola democrazia in Medio Oriente, l'unico posto in cui i cristiani si sentano al sicuro. Non come in Siria, Egitto, nella stessa West Bank. Come città divisa, Gerusalemme non funzionerebbe.

Allora perché dividere, autorizzando nuovi insediamenti? Immagini di essere il sindaco di Roma. Non accetterebbe mai che nella sua città vi fossero alcune aree solo per ebrei o musulmani o neri o cinesi. Questo è illegale a Gerusalemme, come lo sarebbe a Roma o in qualsiasi altra città europea. Io non interferisco nelle compravendite, in Israele non c'è discriminazione.

Ma per i palestinesi voi occupate la loro terra... Terre occupate... Ma da chi? Dai giordani? Dagli inglesi? Dai turchi? Gerusalemme è ebraica più di qualsiasi altra città. Legalmente non è occupata. Infatti non li definisco coloni, ma residenti che hanno come chiunque il diritto di acquistare un terreno e una casa, secondo la legge.

Sindaco, come si rende sicura una città come Gerusalemme? Questa è la bellezza e l'unicità. Qui convivono musulmani ed ebrei, ebrei secolari e ultra ortodossi. Gerusalemme ha tutte le differenze che si possano immaginare. E se non ci fossero perderemmo qualcosa. Il mio compito è assicurare un compromesso sociale che permetta di vivere sotto il tetto di una stessa città.

Come ci riesce? Su 900 mila residenti, gli arabi sono più di un terzo. Per la maggioranza persone per bene che vogliono una vita pacifica, buona istruzione per i figli, buoni servizi sanitari. Ma c'è chi è violento. Gerusalemme ha la migliore polizia e la migliore intelligence del mondo. Lavoriamo con la maggioranza della popolazione contro i cattivi. La nostra filosofia è quella di essere buoni con i buoni e molto cattivi con i cattivi.

Tutto qui? Quando c'è un attacco terroristico, in tutto il mondo la gente scappa via, mentre noi corriamo verso il luogo dell'attacco. La responsabilità degli uni verso gli altri deriva dal servizio militare ed è fortissima a Gerusalemme. Superiamo subito l'emergenza. In Europa chiudete le strade per giorni, noi le riapriamo in un'ora. Perché i cattivi non devono influenzare la nostra vita. Non vogliamo farci terrorizzare né cambiare i nostri programmi. E chiunque li aiuti deve sapere che pagherà un prezzo altissimo.

Fino a spianare le case dei familiari? Liberi di pensare diversamente. La nostra filosofia è che chi li aiuta è cattivo quanto loro. Noi diciamo: non cercate di cambiare il modo in cui viviamo. E poi, suggerirei ai nostri amici europei di non usare mai contro il terrorismo l'esercito, ma come noi la polizia. Trattare un problema di ordine pubblico come emergenza militare è esattamente ciò che vogliono i terroristi.

Usate anche molto la tecnologia... Io sono un imprenditore nel settore dell'high tech. Per difenderci da eserciti molto più numerosi del nostro dobbiamo essere più intelligenti, più coraggiosi, più uniti. La mia start-up nel 1988 aveva quattro soci. Io e mio fratello venivamo dall'esercito, il terzo era uno dei migliori decrittatori dell'Intelligence, il quarto aveva scritto il programma per le riprese dagli aerei oltre le linee nemiche. L'eccellenza, stare sempre tre passi avanti, per noi è questione di vita o di morte.

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