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La Stampa Rassegna Stampa
12.05.2017 GB: Il Labour di Corbyn, contro Israele e sempre più nazionalista
Cronaca di Alessandra Rizzo

Testata: La Stampa
Data: 12 maggio 2017
Pagina: 12
Autore: Alessandra Rizzo
Titolo: «Corbyn: vinco e nazionalizzo. Il Labour torna agli anni '70»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/05/2017, a pag. 15, con il titolo "Corbyn: vinco e nazionalizzo. Il Labour torna agli anni '70", l'articolo di  Alessandra Rizzo.

Non entriamo nei contenuti del programma del Partito Laburista inglese, sono espressi molto chiaramente nel pezzo di Alessandra Rizzo. Una sconfitta del Labour di Jeremy Corbyn è augurabile, oltre che per la disastrosa politica in stile 5 Stelle che realizzerà - riforme senza copertura finanziaria -  se guardiamo alla poltica estera che metterà in atto. Corbyn è un odiatore fanatico di Israele, ha buoni rapporti con i terroristi di Hamas, non manca mai a una sfilata palestinista, posizioni condivise da parecchi parlamentari del suo partito. La sua elezione a segretario rivela altresì le posizioni degli iscritti e dell'elettorato laburista.
L'8 giugno ci saranno le elezioni, a mister Corbyn i nostri auguri di buona sconfitta.

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Alessandra Rizzo

Nazionalizzazione delle ferrovie e delle poste, abolizione delle tasse universitarie, aumento delle imposte per aziende e per il 5% più ricco, statalizzazione dell’energia. Era dagli Anni 80 che il Partito laburista non aveva un programma elettorale tanto di sinistra. Il manifesto di Jeremy Corbyn, rivelato da indiscrezioni di stampa, mette da parte il New Labour di Tony Blair e, secondo conservatori e tabloid di destra, «riporta la Gran Bretagna agli Anni 70». Per il segretario laburista, è un piano «di trasformazione del Paese che non lascia indietro nessuno». In quarantatré pagine ricche di dettagli, il manifesto racchiude tutta la visione di Corbyn, politico radicale e socialista vecchio stampo vicino ai sindacati. Qualunque cosa si pensi di lui, non lo si può accusare di rincorrere i conservatori e copiare le loro idee. Dopo l’austerity Tory, il Labour vuole aumentare la spesa per finanziare servizi pubblici e proteggere il lavoro. Il programma prevede uno stanziamento di 9 miliardi di euro l’anno per potenziare un servizio sanitario allo stremo e altri programmi di welfare; l’innalzamento delle tasse per chi guadagna più di 95.000 sterline l’anno; la costruzione di 100.000 case popolari; l’abolizione dei contratti «a zero ore» dei precari. Mentre i Tory promettono di ridurre il numero di nuovi immigrati a poche decine di migliaia, i laburisti mettono in guardia contro «false promesse» e non fanno stime. Sulla Brexit, materia su cui Corbyn non ha saputo dire una parola chiara, il Labour vuole un accordo con Bruxelles nel rispetto dei diritti dei lavoratori e un ruolo «significativo del Parlamento», ma non un secondo referendum. Alcune politiche potrebbero essere popolari, per esempio la nazionalizzazione di ferrovie che oggi sono care e forniscono un servizio mediocre; o l’abolizione di tasse universitarie aumentate da Cameron tra le proteste degli studenti. Ma il manifesto, almeno in questa bozza data alla stampa (un’indiscrezione che ha irritato assai il segretario), non indica la copertura finanziaria di tutte le misure previste. E, a meno di un mese dal voto dell’8 giugno, Corbyn è in netto ritardo nei sondaggi rispetto a Theresa May. Lui giura che nel manifesto finale, approvato ieri in una riunione per essere presentato la settimana prossima, per ogni misura sarà indicata la relativa copertura. «Vogliamo una società più giusta, non per pochi, ma per tanti», dice. Qualche laburista ha, generosamente, paragonato il programma al manifesto riformista del 1945 di Clement Atlee, che ha gettato le basi per il moderno Stato sociale britannico. Ma ai più ricorda quello del 1983 di Michael Foot, che portò alla disfatta contro Margaret Thatcher e fu bollato da un deputato laburista come «la più lunga lettera di suicidio politico della storia».

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