Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/05/2017, a pag.15, con il titolo "Siria divisa in cantoni etnici dalle zone di sicurezza russe" l'analisi di Giordano Stabile.
Sarebbe stato interessante sentire l'opinione israeliana, specialmente sul rapporto Hezbollah-Siria, l'ultima parte del pezzo di Stabile dà per esaustiva l'analisi di Hezbollah, mentre la realtà è esattamente l'opposto.
Giordano Stabile
Un accordo molto «russo», che viene incontro alle esigenze strategichedi Mosca, e in parte anche a quelle turche, ma lascia scontenti tutti gli altri, compreso l'asse sciita che sostiene Assad. Il memorandum sulle «zone di sicurezza» in Siria è entrato in vigore ieri. Il livello degli scontri è subito calato, anche se ci sono stati ancora combattimenti a Hama e Damasco. Il risultato immediato è positivo. Gli esiti a lungo termine molto incerti. La pace vera è lontana, mentre la «spartizione» della Siria è più vicina. Lo temono i ribelli legati alle potenze sunnite, che hanno rifiutato l'intesa. Ma lo teme anche Hezbollah, alleato di Damasco.
Le zone
Le 4 aree dove è in vigore la «de-escalation» sono situate lungo l'asse Daraa-Aleppo che attraversa la «Siria utile», più fertile e industrializzata. Le due più importanti si trovano al confine con la Turchia e la Giordania e potrebbero permettere anche il ritorno dei profughi dai due Paesi, obiettivo fondamentale soprattutto per il regno hashemita che sta collassando sotto il peso di 700 mila rifugiati. La prima area si trova nel Nord-Ovest della Siria, conta un milione di abitanti e 15 mila combattenti. E dominata dai ribelli islamisti di Hayat al-Tahrir al-Sham. La seconda zona copre aree della provincia di Homs, dove ci sono ancora sacche ribelli in via di evacuazione verso Idlib. Gli abitanti sono 180 mila, tremila i combattenti. La terza zona comprende i sobborghi orientali di Damasco, il Ghouta, con 700 mila abitanti, controllato in gran parte dai ribelli filo-sauditi di Jaysh al-Islam ma con la presenza di piccole formazioni di Al-Qaeda. La quarta zona abbraccia le province meridionali di Daraa e Quneitra, al confine con la Giordania e il Golan: qui vivono 800 mila persone e dominano i ribelli moderati, 15 mila circa. Gli Usa hanno accettato il piano russo soprattutto perché prevede la cessazione dei raid. Dopo la crisi seguita all'attacco chimico su Khan Sheikhoun del 4 aprile, le due potenze si sono riavvicinate. Ieri si sono telefonati i capi di Stato maggiore, Gherasimov e Dunford, e hanno ribadito la disponibilità a ripristinare la coordinazione dei raid, che ora dovranno colpire solo Al-Qaeda e Isis. Per gli Usa significa soprattutto evitare che si ripetano bombardamenti chimici. La strategia russa è di più ampio respiro. Mosca ha costretto Assad a rivedere i piani. Non più riconquistare subito Idhb e Daraa ma lanciare l'esercito in una corsa a Est, verso Deir ez-Zour e Raqqa, e il confine con l'Iraq. Così Mosca anticipa il piano americano: prevede di conquistare Raqqa con i curdi e lanciare un'offensiva con i ribelli moderati da Daraa verso Deir ez-Zour, una tenaglia che circonderebbe anche Damasco.
Timori di spartizione
Mosca vuole «profondità strategica» verso Est per proteggere le sue basi sulla costa, Assad ha però dovuto accettare una divisione della Siria per zone etniche, con un Nord-Ovest sunnita controllato dalla Turchia, e un Kurdistan nel Nord-Est. Questi sviluppi sono visti con sospetto da Hezbollah. «Lo schema - spiega un comandante appena tornato dalla Siria, nel suo bunker a Beirut -potrebbe essere ripetuto in Lilbano, con l'arrivo dei cristiani in fuga da Siria e Iraq e l'espulsione dei musulmani. Nascerebbe uno Stato cristiano, che farebbe il paio con lo Stato dei curdi, quello dei sunniti, magari quello dei drusi». Hezbollah è entrato in Siria «non per amore di Assad» ma soprattutto per «difendere il Libano», impedire l'infiltrazione degli estremisti sunniti ed evitare «una nuova guerra civile». La divisione del Medio Oriente in tanti staterelli etnici va a vantaggio solo degli «interessi americani e israeliani». E forse, in questo momento, anche della Russia. E il sospetto non detto, ma sempre più forte.
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