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Il Foglio Rassegna Stampa
01.05.2017 Sul New York Times gli articoli dei terroristi palestinesi. Succede anche in Italia
Un esempio di disinformazione e menzogna omissiva

Testata: Il Foglio
Data: 01 maggio 2017
Pagina: 1
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «Quei giornali dove scrivono i terroristi»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 01/05/2017, a pag. III, con il titolo "Quei giornali dove scrivono i terroristi", l'analisi tratta dal Jerusalem Post.

Che in prima pagina su importanti quotidiani come il New York Times sia concesso di scrivere a terroristi e assassini le cui responsabilità in attentati è comprovata è una vergogna. Anche in Italia esistono testate - infinitamente meno importanti e prestigiose del NYT - che fanno lo stesso, offrendo un'informazione distorta e omissiva. Il Manifesto, sounds familiar?

Ecco l'articolo:

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Si immagini questa situazione: Terry Nichols, l’autore dell’at - tentato a Oklahoma City del 1995, firma un editoriale pubblicato sul New York Times in cui si paragona niente di meno che a Nelson Mandela; parla di se stesso come di un combattente per la libertà, afferma di perseguire la pace, la dignità e la libertà; si scaglia contro le autorità per il suo ‘arresto arbitrario’ e accusa il personale della prigione federale di tortura e violazione sistematica dei diritti umani. Non fa il minimo accenno, invece, alle 168 persone che ha ucciso nell’attentato. L’articolo – scrive Reuven BenShalom sul Jerusalem Post – si conclude con la dicitura (di per sé ineccepibile): ‘Terry Nichols è un uomo d’affari ed ex soldato dell’esercito degli Stati Uniti’. Presumo che i miei amici americani avrebbero qualche commento piuttosto pesante da fare a proposito dell’assassino condannato per strage e anche del giornale che gli ha dato voce in quel modo.

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Secondo il New York Times - e non solo - i terroristi "sono uccisi" mentre gli israeliani innocenti "muoiono"

L’editoriale del terrorista palestinese Marwan Barghouti pubblicato lo scorso 16 aprile dal New York Times non è diverso. Rapido riepilogo: in quanto capo di Tanzim, propaggine terroristica di Fatah, Barghouti ha pianificato, approvato e diretto molteplici attentati terroristici, sia in Cisgiordania che all’interno della ‘linea verde’ pre ’67. E’ stato arrestato, regolarmente processato e condannato all’ergastolo per cinque omicidi e complicità in altri quattro attentati. Personalmente avrei calorosamente raccomandato al New York Times di non prestarsi a fare da mezzo di propaganda dei terroristi. O per lo meno, di spiegare bene ai lettori chi è l’autore dell’articolo, anziché limitarsi a definirlo laconicamente ‘un leader e parlamentare palestinese’ (sul serio?)”.

Ma, continua Ben-Shalom, “ora che l’articolo è uscito ne consiglio la lettura, perché serve come una lezione sul potere che ha una narrazione mistificatoria, e di come i terroristi sfruttano abilmente gli strumenti e i valori democratici contro coloro che invece li hanno a cuore. Affermando di essere ‘testimone e vittima del sistema illegale israeliano di arresti arbitrari di massa’ Barghouti spaccia di sé l’immagine di un innocente spettatore passivo che è stato catturato senza alcun motivo e illegalmente incarcerato dai bruti israeliani. Ma Barghouti non è un testimone, è un autore di reati. Non è una vittima, è un assassino che ha inflitto dolore e sofferenza a molte vittime innocenti. Barghouti fa tutto il possibile per denigrare gli israeliani: non solo distorce, omette e ingigantisce, ma muove anche gravissime accuse relative a presunte torture. Israele ha leggi severe che proibiscono la tortura, che vengono così accuratamente monitorate e applicate che a volte le autorità di sicurezza si sentono con le mani legate, anche quando devono ottenere informazioni di vitale importanza su un imminente attentato da terroristi che definiamo ‘bombe a orologeria’. Proprio così: accade a volte che dei civili israeliani perdano la vita a causa dei limiti auto-imposti dalla democrazia israeliana”.

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