Le donne come le vede l’ONU
di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Circola ancora un vecchia storiella, sicuramente apocrifa, su un dibattito alla Commissione dell’ONU sui diritti delle donne, in cui si doveva definire quali sarebbero stati i loro diritti più elementari. Un primo accordo riguardava il fatto che ogni donna dovrebbe rallegrarsi ogni giorno per il diritto di saper leggere e scrivere, e si giunse al momento del voto. A tale scopo, si dovette svegliare il rappresentante dell’Arabia Saudita, un monumentale sceicco dall’aspetto radioso nelle sue ampie e candide vesti, che sonnecchiava soavemente. Gli si spiegò di cosa si trattava: lui si grattò la pelata, perplesso, e domandò: “Il diritto di scrivere? A chi?”. Bisogna dire che la condizione femminile è vista in modo piuttosto patriarcale in questo regno ultra conservatore. Alle donne è proibito fare qualsiasi cosa senza l’autorizzazione di un padre, di un fratello o di un marito. E’ ovvio che non possono viaggiare senza questa autorizzazione. D’altra parte con o senza il permesso del loro tutore, le donne non hanno neppure il diritto di guidare un’auto. Le povere straniere venute a lavorare come domestiche son trattate peggio degli schiavi.
Inspiegabilmente, questo stato di cose non ha impedito che la settimana scorsa alla Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne, venisse eletta proprio l’Arabia Saudita come “il principale organo intergovernativo mondiale dedito esclusivamente alla promozione della parità di genere e dell’emancipazione delle donne….La Commissione sullo status delle donne gioca un ruolo importante nel promuovere i diritti delle donne. Riflette la realtà vissuta dalle donne nel mondo intero e contribuisce alla definizione dei princìpi a livello mondiale relativi all’uguaglianza di genere e all’emancipazione femminile”.
E’ bene sottolineare che la votazione si è svolta a scrutinio segreto, cosa che avrebbe dovuto consentire ai 54 Paesi partecipanti, di scegliere in piena libertà e in piena scienza e coscienza, chi avrebbe dovuto rappresentarli in quella Commissione. Eppure, secondo Hillel Neuer, direttore di Human Watch, ( l’ong che si occupa di monitorare l’operato delle Nazioni Unite, NdT ) cinque dei dodici Stati membri europei hanno votato per l’Arabia Saudita. E’ chiaro che l’hanno fatto per accordi più o meno taciti del tipo “Io vi do il mio voto nelle commissioni che sono di vostra pertinenza, e voi farete lo stesso per quelle che interessano a me”. Insomma, non c’è posto per la morale nei calcoli dei ‘grandi’. E così molte altre organizzazioni internazionali potranno continuare a diventare sempre più importanti dibattendo sulla sorte riservata alle donne nel mondo. La commissione sui diritti delle donne continuerà imperturbabilmente a usare il suo budget per delle riunioni in cui gli obiettivi saranno formulati con titoli altisonanti – “programmi di lavoro pluriennali”, “organizzazione di tavole rotonde ad alto livello” – nel mentre il rappresentante dell’Arabia Saudita continuerà a sonnecchiare in santa pace. E i Paesi europei che l’hanno votato, continueranno a pontificare contro questo o quell’altro Paese perché non rispetta adeguatamente i diritti dell’uomo – e soprattutto della donna.
Michelle Mazel è una scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”. Le sue recensioni sono pubblicate sull’edizione settimanale in lingua francese del Jerusalem Post