Riprendiamo da SHALOM di aprile 2017, a pag. 26, con il titolo "Un (altro) sacchetto di biglie", la recensione di Marco Spagnoli.
La copertina (Bur ed.)
Pubblicato per la prima volta nel 1973, Un sacchetto di biglie, è stato già oggetto di un adattamento cinematografico nel 1975 per la regia di Jacques Doillon. Un libro che sin dalla sua pubblicazione ha colpito l’attenzione del grande pubblico per il riuscire a mescolare il dramma della Shoah all’avventura incredibile dei fratelli Joffo, alle prese con i nazisti di cui, però, in qualche maniera riescono a prendersi gioco, un romanzo diventato di culto molto popolare tra gli studenti francesi. Così, quaranta anni dopo, il regista Christian Duguay porta nuovamente la storia vera scritta da Joseph Joffo in un film che annovera tra i suoi attori astri del cinema francese dell’importanza di Christian Clavier, Patrick Bruel e Elsa Zylberstein che interpreta la madre dell’autore e commenta “E’ la storia di una famiglia con dei giovanissimi protagonisti che diventano, loro malgrado, molto velocemente degli uomini.
Un racconto di passaggio dall’infanzia all’età adulta, una vicenda on the road piena di pericoli che sentiva il bisogno di essere raccontata ancora per la sua forza e per la sua importanza.” Il libro di Joffo descrive, infatti, la propria infanzia e le persecuzioni subite nella Francia occupata dai Tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Dalla fuga da Parigi alla ricerca di un rifugio fino alla salvezza definitiva avvenuta grazie all’intervento di un sacerdote cattolico, il film celebra il coraggio di due fratelli disposti ad affrontare le situazioni più pericolose per salvarsi e le esperienze che li fanno maturare nonostante la giovane età. L’avventura di Joffo, che ha pubblicato il romanzo raggiunti i quarant’anni, è un’ avventura piena di emozioni vissuta da bambino di dieci anni, che mette in risalto il coraggio e la voglia di giustizia.
La locandina
La storia inizia nel 1941 a Parigi, città natale di Joseph e dei suoi fratelli Maurice, Henri e Albert. Mentre i più grandi sono impiegati nel negozio paterno, i due più piccoli gironzolano per la città e giocano a biglie, finché un giorno non arrivano i nazisti. Di giorno in giorno l’intolleranza diventa sempre più pressante nei confronti degli ebrei così, una notte, la famiglia è costretta a scappare. Prima partono i due fratelli maggiori, poi i due più piccoli, infine i genitori. E’ così che inizia un lungo viaggio fatto di solitudine, nostalgia, ricordi, ma anche di astuzia per sopravvivere o cercare in tutti i modi di accumulare del denaro per proseguire il viaggio e, infine di gioia. “E’ stato importantissimo girare oggi questo film”, continua Elsa Zylberstein. “E’ un messaggio fondamentale di tolleranza e di amore per la vita.” Anche lo scrittore Joseph Joffo insiste sull’importanza del film e del riproporre la sua storia: “Non avrei mai immaginato che avrebbero tratto due film dal mio libro e pubblicato, solo in Francia, quattordici ristampe della mia storia. E’ un volume che ho scritto soprattutto per me; per esorcizzare quel passato e quello dei miei fratelli, per ricordare i miei genitori e, soprattutto, per non dimenticare mai l’avventura incredibile che avevo vissuto. Al tempo stesso, però, mi rendo conto di quanto sia utile mostrare al pubblico e alle nuove generazioni quanto abbiamo vissuto noi ebrei per evitare che si ripeta ancora, per noi o per altri esseri umani in tutto il mondo. Per me è stata una sorta di terapia, una liberazione personale per riuscire a raccontare la mia storia ai miei stessi figli.” Il regista Duguay conclude “Ho fatto le scuole elementari e medie prima che il libro uscisse e confesso di non avere visto il film originale. Una sera, dando la buonanotte ai miei bambini, ho visto questo libro sul loro comodino. Ho iniziato a leggerlo e non ho più smesso. La mattina dopo ho chiamato Joffo e gli ho chiesto di cedermi i diritti. Dovevo raccontare questa storia che è anche uno straordinario affresco di una famiglia francese e dell’amore che lega le persone. Fare vedere questo film finito a Joffo è stata una grande emozione. Per me era fondamentale comunicare l’attualità e l’importanza di questo libro per tutti.”
Per inviare la propria opinione a Shalom, cliccare sulla e-mail sottostante