Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 29/04/2017, a pag. 2, con il titolo "Il Papa al Cairo denuncia la violenza, l’ imam parla degli 'ebrei occupanti'", l'analisi di Matteo Matzuzzi.
Le parole con cui il Grande imam di al Azhar, Ahmed al Tayyeb, tra le voci più autorevoli dell'intero mondo islamico, ha aperto l'incontro con Papa Bergoglio sono di odio verso Israele e il popolo ebraico. Riprendiamo la dichiarazione: “gli insegnamenti di Mosè sono stati interpretati male per occupare territori provocando milioni di vittime, persone – il popolo palestinese – che ha diritti giusti". Che Papa Bergoglio non abbia risposto su questo punto all'imam, preferendo invece una condanna generica della violenza e un appello alla pace universale, non stupisce.
Ecco l'articolo:
Matteo Matzuzzi
Ahmed al Tayyeb con Papa Bergoglio
Roma. Il presidente Abdel Fattah al Sisi si toglie gli occhiali da sole solo all’interno della sala dove incede la teoria di ospiti e invitati alla cerimonia d’accoglienza organizzata per il Papa di Roma, pellegrino nell’Egitto dove la convivenza millenaria tra cristiani e musulmani è ogni giorno resa più ardua dal fondamentalismo. Prima, all’esterno, tra guardie d’onore impettite e bandiere nazionali, Francesco ascolta l’Inno pontificio eseguito dalla non eccelsa banda delle Forze armate locali, che in passato aveva trasformato davanti a un François Hollande imbarazzato la Marsigliese in una nenia del tutto dimenticabile. Esauriti i doveri protocollari, la due giorni papale sulle rive del Nilo è entrata nel vivo, con il discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale per la pace, che nel Grande imam di al Azhar, Ahmed al Tayyeb, il principale sponsor e organizzatore. Ed è proprio quest’ultimo a creare i primi imbarazzi, usando il discorso di saluto per ricordare che “gli insegnamenti di Mosè sono stati interpretati male per occupare territori provocando milioni di vittime, persone – il popolo palestinese – che ha diritti giusti”. E lo stesso vale per i cristiani che non sono terroristi anche se “hanno usato la croce per uccidere”.
Poteva evitare, secondo Yahya Sergio Pallavicini, presidente del Coreis, che intervenendo a Tv2000 ha visto una “asimme - tria tra il discorso di Papa Francesco e quello del Grande imam di al Azhar”. Dal primo “emerge una maggiore universalità”; mentre il secondo era connotato da “un’attenzio - ne locale come se fosse un discorso solo per il mondo arabo”. Ma Ahmed al Tayyeb è questo, non tenero con gli ebrei “occupanti” e poco sensibile ai diritti umani, se è vero che ha auspicato il rogo e la mutilazione per i jihadisti rei d’aver bruciato vivo il pilota giordano che combatteva il Califfato. Il Pontefice, da par suo, ha richiamato sull’impor - tanza dell’educazione – tema caro al cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, e sottolineato anche nell’intervista all’OsservatoreRomano concessa alla vigilia del viaggio dal cardinale Pietro Parolin – per vincere ogni forma di fondamentalismo e superare “la tentazione di irrigidirsi e di chiudersi”. Quindi ha ricordato che “un’au - tentica alleanza sulla terra non può prescindere dal Cielo” e “che l’umanità non può proporsi di incontrarsi in pace escludendo Dio dall’orizzonte”. E questo, ha aggiunto Bergoglio, “è un messaggio attuale, di fronte all’odierno perdurare di un pericoloso paradosso, per cui da una parte si tende a relegare la religione nella sfera privata, senza riconoscerla come dimensione costitutiva dell’essere umano e della società; dall’altra si confonde, senza opportunamente distinguere, la sfera religiosa da quella politica”.
Il rischio, a quel punto, è che “la religione venga assorbita dalla gestione di affari temporali e tentata dalle lusinghe di poteri mondani che in realtà la strumentalizzano”. Il discorso va capovolto, perché “oggi specialmente la religione non è un problema ma è parte della soluzione: contro la tentazione di adagiarci in una vita piatta, dove tutto nasce e finisce quaggiù, essa ci ricorda che è necessario elevare l’animo verso l’Al - to per imparare a costruire la città degli uomini”. E però l’attualità impone riflessioni ulteriori, dal momento che “mentre ci troviamo nell’urgente bisogno dell’Assoluto, è imprescindibile escludere qualsiasi assolutizzazione che giustifichi forme di violenza”.
Violenza che – ha sottolineato Francesco – “è la negazione di ogni autentica religiosità” e “in quanto responsabili religiosi, siamo chiamati a smascherare la violenza che si traveste di presunta sacralità”. Il Papa ribadisce quali sono, a suo dire, le cause di questa violenza, a cominciare dalla proliferazione di armi che, “se vengono prodotte e commerciate, prima o poi verranno pure utilizzate. Solo rendendo trasparenti le torbide manovre che alimentano il cancro della guerra – ha aggiunto – se ne possono prevenire le cause reali”. Il fatto, “sconcertan - te” è che “mentre da una parte ci si allontana dalla realtà dei popoli, in nome di obiettivi che non guardano in faccia a nessuno, dall’altra, per reazione, insorgono populismi demagogici, che certo non aiutano a consolidare la pace e la stabilità: nessun incitamento violento garantirà la pace, e ogni azione unilaterale che non avvii processi costruttivi e condivisi è in realtà un regalo ai fautori dei radicalismi e della violenza”. Più tardi, davanti al Papa copto Tawadros II, scampato all’attentato che la domenica delle palme ha colpito l’esterno della cattedrale di San Marco ad Alessandria, Francesco ha ricordato come “la maturazione del nostro cammino ecumenico è sostenuta, in modo misterioso e quantomai attuale, anche da un vero e proprio ecumenismo del sangue”. “Ancora recentemente, purtroppo – ha aggiunto il Pontefice – il sangue innocente di fedeli inermi è stato crudelmente versato”. Unico, ha detto ancora, “è il nostro martirologio, e le vostre sofferenze sono anche le nostre sofferenze, il loro sangue innocente ci unisce”.
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