Riprendiamo da SHALOM di aprile 2017, a pag. 14, con il titolo "Difendersi dalle menzogne", il commento di Angelo Pezzana.
Angelo Pezzana
Gilad Erdan
Una delle ultime invenzioni della propaganda contro Israele è stata la cosiddetta “settimana dell’apartheid”, una delle conseguenze del movimento BDS (boicottaggio, disinvestimenti, sanzioni), ramificato ormai a livello internazionale. Leggere la parola ‘apartheid’ attribuita a Israele è, più che una menzogna, un nonsenso, lo capirebbe chiunque dotato di una minima conoscenza dello Stato ebraico. Eppure è riuscita a infiltrarsi anche nelle università, attraverso una serie di manifestazioni genericamente cultural-politiche, chiassose quel tanto che basta per apparire nelle cronache dei media. Israele è stata spesso criticata per non avere attribuito una dovuta attenzione alla propaganda di delegittimazione che in questi anni ha agito senza che ne venissero analizzate le dinamiche per farvi fronte.
Persino a livello diplomatico, anni fa era stato sconsigliato l’uso della parola ‘hasbarà’ (letteralmente ‘spiegazione’) per definire le iniziative di contro-informazione a favore di Israele. Hasbarà sapeva troppo di propaganda, al punto che venne sostituita da ‘public diplomacy’, che voleva dire tutto e niente, quindi incomprensibile ai più. Come sconfiggere l’accusa di apartheid con la public diplomacy? Hasbarà aveva un sapore forte, è possibile, ma è con la forza – abbinata con l’intelligenza - che si vince, non con la debolezza, per quanto intelligente possa essere. Alla fine però anche il governo israeliano ha deciso che una risposta sul piano dell’informazione doveva essere trovata e l’incarico è stato dato al Ministro della Sicurezza Pubblica, degli Affari Strategici e, appunto, dell’Informazione, Gilad Erdan. Che ha dato al compito ricevuto la massima attenzione, predisponendo iniziative da realizzare sia attraverso le rappresentanze diplomatiche israeliane che con incontri nelle sedi politiche internazionali, Unione europea, Onu, ecc.
Se prima il suo incarico governativo non lo esponeva più di tanto, dal momento che ha iniziato a muoversi con risolutezza nel campo dell’informazione, le critiche sono arrivate da quel fronte variegato che lega le attività delle varie Ong pacifiste che operano all’interno del Paese, ai media che tengono il governo sotto tiro giorno dopo giorno, come avviene in tutte le democrazie, in particolare in Israele, dove il bersaglio preferito non è solo più Netanyahu e il governo nel suo insieme, ora c’è l’aggiunta di Gilad Erdan, il cui attivismo nel rovesciare l’approccio passivo precedente verso la delegittimazione in una battaglia a viso aperto lo ha reso l’obiettivo perfetto del campo pacifista.
Haaretz è arrivato a chiedere le sue dimissioni, accusato di essere la causa della distruzione della società democratica israeliana, i toni sono persino più accesi di quelli abituali a disposizione dell’opposizione. La critica libera è il sale della democrazia, ma il sale, in dose eccessiva, può essere dannoso alla salute del Paese. Difendersi dalle menzogne, combattere i movimenti di fatto complici di una violenza ancora più pericolosa di quella che usa le armi, lavare i cervelli propagandando una Israele che non esiste, con iniziative sempre più capillari in Europa e negli Usa, richiedeva un cambiamento. A giudicare dalle critiche che Gilad Erdan sta ricevendo, vuol dire che ha imboccato la strada giusta.
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