Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 27/04/2017, a pag. 13, con il titolo "Un’altra maxi retata in Turchia contro la rete di Gulen: arrestati oltre mille 'golpisti'", l'analisi di Marta Ottaviani.
Marta Ottaviani
Fethullah Gulen
Lo aveva annunciato: se vinco il referendum eliminerò qualsiasi tipo di minaccia terroristica. In un certo senso, il presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, ha mantenuto la promessa e ieri ha fatto arrestare i primi 1009 presunti terroristi da quando la Turchia è entrata nel suo nuovo corso storico, quello dopo il referendum che ha garantito al Capo dello Stato un potere pressoché illimitato.
L’accusa per tutti è fare di Feto, l’organizzazione guidata da Fethullah Gulen, ex imam in autoesilio negli Stati Uniti, un tempo grande alleato per convenienza del Capo dello Stato e a capo di una potente corrente della destra islamica turca e oggi nemico numero uno del Paese, secondo molti anche il mandante del golpe fallito dello scorso 15 luglio. Che poi, ormai, dall’estate scorsa è il motivo per cui si finisce in galera più spesso, oltre all’accusa di associazione o propaganda a organizzazioni terroristiche curdo-separatiste, prima fra tutti il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan.
Il ministro degli Interni, Suleyman Soylu, ha parlato di «imam in incognito» facendo riferimento alla matrice religiosa ed eversiva che secondo l’accusa caratterizza il movimento di Gulen. Le operazioni sono state condotte in grande stile, con 8500 poliziotti in azione in 72 province della Mezzaluna, 2100 solo a Istanbul. A dare man forte alle forze dell’ordine, è stato il Mit, il potente servizio segreto turco.
Uno strapotere esercitato con forza, davanti al quale sembrano non potere nulla né le migliaia di manifestanti scese in piazza dopo il referendum dello scorso 16 aprile, che ha garantito a Erdogan poteri assoluti, né l’opposizione che ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti umani per contestare l’esito del voto, sul quale pesano molti sospetti di brogli.
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