Riprendiamo da SHALOM di aprile 2017, a pag. 17, con il titolo "Contenimento e resistenza: la soluzione israeliana al terrorismo", il commento di Daniele Toscano.
Daniele Toscano
Studiare il modello antiterrorismo israeliano per implementarlo anche in Europa. È quanto ha proposto il Jerusalem Center for Pubblic Affairs (JCPA) con la recente pubblicazione “Lessons from Israel’s response to terrorism”, presentato alla Camera nella Sala del Mappamondo alla presenza del Presidente della Commissione Affari esteri Fabrizio Cicchitto. Dieci saggi di diversi autori provenienti da altrettanti ambiti di competenza, curati da Fiamma Nirenstein, Direttore del Progetto Europa del JCPA. Un approccio multidisciplinare dunque, per tenere conto di vari comparti necessari nell’affrontare un problema globale e sfaccettato. “Il modello israeliano si invoca spesso” ha affermato la Nirenstein “ma non si è mai realmente seguito. La ragione è semplice: in Europa non si ammette il presupposto che tutti i terrorismi sono uguali”.
Dore Gold
Questo è stato un motivo ricorrente in diversi interventi ed è al centro del contributo scritto dall’Ambasciatore Dore Gold, Presidente JCPA ed ex Direttore Generale del Ministero degli Esteri israeliano. Spesso infatti il terrorismo palestinese si riconduce a dinamiche politiche: in realtà, si tratta di una questione non dissimile da quella europea, come dimostra il ritiro israeliano da Gaza, che non ha portato ad alcun progresso, ma ha reso l’area una base per far partire attentati. In Occidente il terrorismo si configura come un fenomeno incomprensibile, non se ne individuano chiaramente le cause e non si riesce a fronteggiare adeguatamente.
La cultura israeliana, basata sui concetti di restraint e resilience, su contenimento e resistenza, permette al popolo di reagire. Ogni cittadino è sempre pronto ad aiutare il prossimo: nel corso dei decenni, la solidarietà è cresciuta insieme al rischio. La mancanza di questa consapevolezza e delle giuste contromisure può pesare enormemente sulla vita degli europei, come nel caso di Bruxelles, dove gli attentati del marzo 2016 hanno portato bruscamente nel mood israeliano e stravolto lo stile di vita. Due autori dei saggi hanno partecipato al dibattito: il Generale Yossi Kuperwasser, già Direttore Generale del Ministero degli Affari Strategici, e Dan Diker, Direttore del Political Warfare Project del JCPA. Il primo si è soffermato sulla strategia da seguire, che deve essere basata su risposte mirate e in continua evoluzione per seguire i cambiamenti che gli stessi terroristi propongono. Per un’efficace opera di prevenzione serve una sinergia tra diverse forze: non solo i militari, ma anche l’intelligence, le istituzioni, l’intero sistema legale e la stessa società civile sono coinvolti in questo processo, che va dallo schieramento di unità speciali alla distribuzione su punti chiave del territorio di check-point e barriere, fino a un capillare controllo sulla cybersecurity.
Fiamma Nirenstein
Diker ha sollevato il tema molto dibattuto in Israele della moralità e dell’etica connesse alla lotta al terrorismo. Sono poi intervenuti anche Andrea Manciulli, Presidente della Delegazione italiana presso la NATO e Stefano Dambruoso, Deputato Questore della Camera. “Servono leggi più precise, che arrivino anche nelle scuole e nelle carceri” ha affermato Manciulli. “In Italia abbiamo un decreto antiterrorismo molto serio, ma bisogna aumentare le misure preventive e rendere più omogenei gli standard legislativi, assolutamente deficitari in altri paesi”. “Una risposta dura e restrittiva non basta” gli ha fatto eco Dambruoso. “Bisogna lavorare anche sul dialogo interculturale: ciò non implica un approccio buonista, ma una comprensione dell’attualità e in particolare dell’ampliamento della presenza musulmana sul nostro territorio con cui ci dobbiamo rapportare”. E proprio su questo è ricorso nuovamente il modello israeliano, dove diverse culture, etnie e religioni convivono pacificamente, senza l’obbligo del dialogo, ma solo all’insegna della tolleranza.
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