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Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli A destra: la Brigata ebraica in corteo a Milano Cari amici, bazzicando, per potervi scrivere queste cartoline, anche nei luoghi meno simpatici del web, mi viene spesso un pensiero. Vi assicuro è un pensiero personale, una preoccupazione vera, un dubbio che mi colpisce profondamente. Non un argomento propagandistico, magari anche giustissimo, come quello che indica il doppio standard della propaganda anti-israeliana. Il pensiero è questo, espresso nel più semplice e ingenuo dei modi: ma perché ce l’hanno tanto con noi? Che cosa gli abbiamo fatto? Qual è la ragione di tanto odio? Mi ha colpito ieri di nuovo, questo pensiero, con più forza del solito, perché la scena non era il web, ma la pubblica via e non si trattava solo di parole che è facile scrivere nella solitudine del proprio schermo, ma di facce, di urla, di mano stese a percuotere, se avessero potuto – ma la distanza e il cordone di polizia lo impediva. Sto parlando del corteo del 25 aprila a Milano: un bel corteo con parecchia gente, una parte caratterizzata dallo striscione della Brigata Ebraica con tante bandiera bianco-azzurre ma anche americane e inglesi (le sole del corteo, a riprova che pochi si ricordano di quel che è accaduto davvero nel ‘45) donne e uomini, vecchi e bambini, sorrisi, canti, bande, gonfaloni, gente che si ritrova dopo anni. Andando al punto di ritrovo del corteo, ero passato per Piazza San Babila, luogo storico di concentrazione dei fascistelli milanesi, e li ho trovati già lì, dove si concentrano sempre: una ventina, con bandiere siriane (sì della Siria di Assad) e palestinesi (i colori sono gli stessi, solo la forma dei settori colorati e un paio di stelle li distinguono). Ho avuto modo di guardarli bene e anche di ascoltarli parlare, perché il corteo era ancora distante: erano italiani, almeno per la grande maggioranza, non arabi. Dopo un’ora e passa, quando siamo sfilati noi, non si erano mossi, erano ancora lì, sempre una ventina, al massimo una trentina, disinteressati al corteo, alla Resistenza, al 25 aprile, solo in attesa che passassimo noi con le nostre bandiere con la stella di Davide per poterci urlare addosso il loro odio. Stando fuori del corteo urlavano a noi che stavamo dentro “fuori i sionisti dal corteo!”, “assassini, vergogna” e altre lepidezze del genere. Poi immagino che finiti i due minuti di odio siano andati a casa a guardarsi qualche video di terroristi (o di nazisti) che distruggono gli ebrei, del resto chiaramente non gli importava.
Erano pochi e anche abbastanza isolati. Non solo perché le autorità politiche della città, sindaco in testa, hanno sentito il dovere di venire a esprimere la loro solidarietà alle bandiere della brigata ebraica, o per i frequenti applausi che si sollevavano dai marciapiedi al nostro passaggio. E neanche perché eravamo molti più noi e se non ci fossero stati i cordoni di polizia non avrebbero avuto il modo di insultarci impunemente. Ma perché la storia conta e il ricordo della Resistenza riguarda naturalmente il mondo ebraico, come vi ho argomentato ieri, e non certo i nazisti che stanno alle origini dei movimenti palestinisti e panarabisti (compreso il partito Baath cui appartiene il dittatore siriano, avvelenatore di massa). Certamente, la disinformazione funziona anche su Israele e quella gente veniva fuori da radici di estrema sinistra, dunque fra i settori più estremisti del corteo il sentimento dominante non era certo l’amicizia per Israele. Ma che gli ebrei si fossero battuti contro i nazisti nell’Europa Orientale come nella Resistenza italiana e francese e con la Brigata ebraica era un dato difficile da ignorare anche per loro. Noi cantavamo “Bella ciao” e loro insulti razzisti, impossibile non vederlo. Resta il fatto di quell’odio. E’ un odio molto peculiare e personalizzato. Nessuno in quel corteo ce l’aveva in maniera speciale coi fascisti o i nazisti: sì, erano stati nemici, pessima gente; ma è acqua passata. E nessuno odia i macellai che hanno fatto mezzo milione di morti in Siria, coi gas, con le bombe a barile, con tutte le armi concepibili; e neppure i macellai dello Yemen o della Libia, del Sudan e della Nigeria, chi cerca di liquidare i curdi o i tibetani. Ci possono essere della condanne politiche, ma si sa che il mondo va così. Quell’odio, quelle smorfie sul viso, quei gesti di scherno sono riservati a Israele, anzi in generale agli ebrei, che li conoscono bene: è l’odio che li spinse ad Auschwitz (anche dall’Italia), che li accompagnò sui roghi dell’Inquisizione, che mosse le stragi grandi e piccole compiute per secoli dappertutto: non solo i pogrom polacchi, ma i linciaggi di Siena nel Settecento, le esecuzioni giudiziarie di Trento nel Cinquecento, la distruzione delle comunità inglesi nel Duecento, l’accusa del sangue di Damasco a metà dell’Ottocento e poi Marostica e Kisinev, Worms e Lisbona e Babi Yar e Cordoba (sotto gli arabi) e mille altri nomi e luoghi, milioni di vittime. Le facce erano le stesse, l’odio era lo stesso, solo i pretesti cambiavano. Facce del genere ho visto in pieno illuminato XXI secolo, in pieno progressista corteo del 25 aprile, nella civile Milano: quei giovanotti con la faccia coperta e le mani tese, la voce arrochita dalla rabbia: l’impressione che ho avuto è che, se avessero potuto, se le circostanze storiche fossero state quelle giuste, ci avrebbero messo senza esitare nella camere a gas o sui roghi. La loro rabbia veniva dall’impossibilità di farci del male. Oggi non se ne rendono conto, probabilmente se qualcuno glielo chiedesse negherebbero, si rifugerebbero nel solito sofisma per cui essere contro Israele non vuol dire essere contro gli ebrei (almeno gli islamisti in questo nono più onesti). Pensano di essere di sinistra, progressisti, rivoluzionari, si considerano mossi dai più nobili motivi. Ma sono pericolosi. Per questo è importante conoscerli e combatterli politicamente, negare loro i mezzi per mettere in atto l’odio bestiale che riemerge ora, dopo tante diverse incarnazioni nella loro “lotta” contro Israele. Quel che succede quando quest’odio è libero di scatenarsi, l’abbiamo visto, oltre che nella storia, in tanti attentati terroristici degli ultimi anni. A Tolosa, a Parigi, a Bruxelles, a Gerusalemme. Non dobbiamo avere paura di denunciarlo.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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