Estrema destra e islamismo crescono in Germania Commento di Roberto Giardina
Testata: Italia Oggi Data: 25 aprile 2017 Pagina: 12 Autore: Roberto Giardina Titolo: «Ci si può baciare nel bunker»
Riprendiamo da ITALIA OGGI, a pag. 12, con il titolo "Ci si può baciare nel bunker", il commento di Roberto Giardina.
Roberto Giardina
Sempre, alla vigilia delle elezioni, in Germania si torna a discutere di identità nazionale. Da difendere, purché si sappia che cosa sia. Domenica, al congresso di Colonia, l'Afd, il partito populista anti euro, anti Europa, e anti immigrati, un delegato ha tuonato: dobbiamo difendere la nostra patria, quella dei nostri nonni, dei nostri padri, per lasciarla integra ai nostri figli, e nostri nipoti. Ma i nonni sono quelli che erano giovani sotto la croce uncinata, i padri sono nati negli anni di guerra, o subito dopo. La loro Germania era quella occupata dai vincitori e spaccata in due dal Muro. I figli l'hanno visto cadere, in quanto ai nipoti non ne vogliono sapere.
Sempre, alla vigilia delle elezioni, in Germania si torna a discutere di identità nazionale. Da difendere, purché si sappia che cosa sia. Domenica, al congresso di Colonia, l'Afd, il partito populista anti euro, anti Europa, e anti immigrati, un delegato ha tuonato: dobbiamo difendere la nostra patria, quella dei nostri nonni, dei nostri padri, per lasciarla integra ai nostri figli, e nostri nipoti. Ma i nonni sono quelli che erano giovani sotto la croce uncinata, i padri sono nati negli anni di guerra, o subito dopo. La loro Germania era quella occupata dai vincitori e spaccata in due dal Muro. I figli l'hanno visto cadere, in quanto ai nipoti non ne vogliono sapere.
«Non ci interessa, a quel tempo non eravamo nati», hanno risposto nel 2015 al sondaggio condotto nelle scuole nel 25° anniversario della riunificazione. La memoria corta non è solo colpa loro. Ai tempi di Schröder, si discusse della Leitkultur, la cultura-guida tradotta letteralmente, quella dominante. Un termine che è stato lasciato alla destra. L'allora ministro degli esteri, il verde Joschka Fischer, populista alla sua maniera, commentò ironico: «Qual è?, Quella di Donald Duck?», di Paperino? Per lui, forse. È una battuta stupida come la sua, ma a proposito di guida, se quando mi metto al volante non faccio subito mente locale, sono a Berlino o a Roma?, rischio un incidente entro cinque minuti. Vivo in Germania, devo rispettare il modo di vivere tedesco, con libertà di criticarlo. Tutto qui.
Neonazisti tedeschi
Naturalmente, gli attacchi dell'Alternative für Deutschland, che ha deciso di sterzare ancora più a destra, sono rivolti ai nuovi venuti, sventolando la minaccia dell'invasione islamica. Non tutti desiderano integrarsi: minacciano gli ebrei che, a Berlino e altrove, sono costretti a cercare di non farsi riconoscere, e vogliono cacciare dalla scuola gli insegnanti omosessuali, donne e uomini. «Abbiamo sbagliato a sottovalutare i problemi dell'accoglienza per oltre un milione di profughi in pochi mesi», ha ammesso Giovanni Di Lorenzo, doppio passaporto italiano e tedesco, direttore della Zeit, che nessuno sospetta di essere un reazionario. Accusare di razzismo chiunque abbia dei timori provoca una reazione opposta a quella desiderata, si lascia campo libero ai populisti, e agli xenofobi. E bisogna tentare almeno di rispondere alla domanda quale sia l'identità nazionale. Non bastano i monumenti. Non a caso si torna a discutere su quello che dovrebbe ricordare la riunificazione: è stato approvato nel 2011 il progetto che ricorda un enorme piatto di bilancia basculante, di Sasha Waltz e Johannes Milla.
I visitatori vi salgono sopra e lo fanno oscillare, a ovest o a est, verso la Ddr comunista, che si è cercato troppo in fretta di soffocare. A molti non piace, e non è una sorpresa. Il vero monumento sarebbe stato il Muro, perché non lasciarne un tratto sotto il Bundestag, il Parlamento? Questa «bilancia della storia» dovrebbe sorgere non lontano dall'Holocaust Mahnmal, il monumento che dal 2005 nel centro di Berlino, ricorda i sei milioni di ebrei uccisi dai nazisti. «Un monumento della vergogna», ha detto Björn Höcke, uno dei leader dell'AfD, professore di storia al ginnasio. Alle critiche sdegnate, anche da destra, ha ricordato che anche Rudolf Augstein, il fondatore e direttore dello Spiegel, scomparso nel 2002, aveva usato le stesse parole. Una menzogna. Augstein disse che il Mahnmal era un «monumento alla vergogna». Esattamente il contrario. I vaneggiamenti di Höcke hanno stimolato le polemiche sul monumento dell'architetto americano Peter Eisenmann, inaugurato nel 2005, una distesa di stele di cemento vasta quasi quanto due campi di calcio, 19.900 metri quadrati. L'ingresso è libero, si può vagare a piacere nel labirinto di cemento, coppiette si baciano, ragazzini saltano da una stele all'altra. E' un'offesa alle vittime? Abbiamo chiesto che succede, e che ne pensa, a Salvo Trapani, catanese, 44 anni da venti a Berlino, che guida le visite al Denkmal, e anche ai campi di concentramento e di sterminio, a Dachau, alle porte di Monaco, a Auschwitz. Si è laureato in storia dell'arte, e dal 2010 ha creato una cooperativa, la Culterel Labs (tre tedeschi, e un italiano, oltre a lui) che organizza viaggi sui luoghi della memoria in collaborazione con l'Istoreco, l'Istituto per la Storia della resistenza e della società, di Reggio Emilia. «Ma era stato previsto da Eisenmann, lui non voleva che il monumento fosse chiuso da barriere di protezione, come un nuovo Lager. Il Denkmal non è un cimitero, vuole ricordare da vivi le donne e gli uomini sterminati nelle camere a gas. Ci si trova nel cuore del monumento e si pensa a ciò che avvenne, il comportamento dei ragazzi non è un oltraggio alle vittime, ma esprime un desiderio di vivere». Sono in minoranza i giovani che votano a destra.
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