Riprendiamo da NAZIONE/CARLINO/GIORNO di oggi, 25/04/2017, a pag. 12, con il titolo "La storia profanata", l'intervento di rav Giuseppe Laras; dal CORRIERE DELLA SERA, a pag. 30, con il titolo "La brigata ebraica e la rinascita del 25 aprile", l'intervento di rav Riccardo Di Segni.
Ecco gli articoli:
NAZIONE/CARLINO/GIORNO - Giuseppe Laras: "La storia profanata"
Giuseppe Laras
RICORDO i 25 aprile da bimbo a Torino, dopo il '46. con folle festanti, fazzoletti rossi, discorsi dal palco, molta emozione. Ci andavo con papà, che fu partigiano nelle Valli di Lanzo. Per lui era lo spartiacque tra morte e vita, ingiusto e giusto, tirannia e democrazia. I resistenti, uccisi in molti, vollero scrivere un capitolo nuovo nella storia di Italia. Il nazifascismo, se non fosse stato per il sacrificio di tanti giovani di Urss. Usa e Uk, nonché delle nostre forze partigiane, persisterebbe e noi saremmo schiavi alla mercé di arbitrii altrui oppure cenere. Da ciò si impara che la difesa delle proprie libertà e dignità è un dovere morale che non decade mai, che ha costi elevati, che si deve apprezzare e tutelare.
Questa data ricorda per me la salvezza di Israele da forze demoniache, eppur umane, volte a annichilire, assieme a noi, umanità e democrazia. L'atmosfera odierna è diversa, tra ignoranza e confusione. L'Anpi per motivi generazionali non è rappresentativa come un tempo. La storia della Brigata Ebraica è poco nota: erano ebrei sionisti da Israele, aggregati alla V Armata che combatté in Italia lungo la Linea Gotica, che contribuirono, con pesanti perdite umane, al crollo del nazismo. Si ignorano poi le circostanze dell'Islam dell'epoca, alleato del nazifascismo, dal fondatore dei Fratelli Musulmani (di cui Hamas è filiazione), Hassan al-Banna, al Mufti di Gerusalemme e altri ancora. Un patto antico affratellò dispotismo tedesco e Islam politico, che diede i suoi primi mortiferi frutti durante il Genocidio Armeno.
Taluni vogliono escludere dal 25 aprile proprio la Brigata Ebraica e farvi partecipare i seguaci ideologici dei succitati fondatori del jihadismo, erede del nazismo. E questo avviene oggi, mentre l'Europa è insanguinata, profanando questa preziosa giornata, motivo e sollecitazione invece per la ricostruzione culturale, morale e spirituale d'Italia.
CORRIERE DELLA SERA - Riccardo Di Segni: "La brigata ebraica e la rinascita del 25 aprile"
Riccardo Di Segni
Caro direttore, nell’ultima commemorazione del massacro delle Fosse Ardeatine, è stato scorto tra il pubblico il gonfalone della Guardia d’onore alle reali tombe del Pantheon. Molti si sono chiesti che ci stessero a fare, i custodi della memoria di casa Savoia, in quel momento e in quel luogo le poco onorevoli gesta dell’ultimo re di Savoia. Il fatto è che le celebrazioni possono perdere senso, gli inquinamenti sono sempre possibili. Si fa presto a dire memoria. La memoria di fatti importanti non solo può evocare traumi e divisioni mai composte, ma se gestita incautamente provoca ulteriori lacerazioni.
Il 25 aprile, festa della liberazione dal nazifascismo, non è la festa di tutti, come qualcuno dichiara retoricamente, è il ricordo di una guerra civile. Ma per gli ebrei è una festa, non solo come la fine di un incubo ma anche come segno di rinascita. Perché la partecipazione ebraica alla lotta contro il nazifascismo è un dato reale e non di piccolo conto. Non c’è stata infatti solo la resistenza nei ghetti e nelle foreste dell’Europa orientale, c’è stata la partecipazione di migliaia di ebrei nell’Armata Rossa e negli eserciti delle democrazie occidentali; c’è stata anche la resistenza nell’Europa occidentale, con un contributo di partecipazione, di decorazioni e di vittime ben superiore all’entità numerica degli ebrei; c’è stata infine la Brigata ebraica, che seppure inquadrata tardivamente nei ranghi dell’esercito britannico, che non si fidava di un corpo ebraico organizzato, nel marzo e nell’aprile del 1945 fece a tempo a versare il suo sangue per la liberazione dell’Italia.
Nel ricordo ebraico è ben difficile distinguere tra la vittima passiva e inerme, comunque martire e sacra, e chi ha imbracciato le armi; per altri talora risulta difficile e anche inaccettabile capire la differenza tra i singoli ebrei sparsi negli eserciti e nelle bande partigiane e quelli invece riuniti come tali a combattere con una loro bandiera; perché quella è stata una rivoluzione storica e identitaria che è alla base della fondazione dello Stato d’Israele. Questo è il motivo per cui consciamente o inconsciamente il vessillo della Brigata ebraica, che ha tutti i diritti di sfilare insieme ai liberatori, è esposto ai fischi e agli insulti di qualcuno.
La memoria può essere inquinata, annacquata, banalizzata. I problemi di oggi meritano tutta la nostra attenzione alla luce delle lezioni del passato, ma bisogna evitare confusioni e malintesi. Oggi l’attualità è anche quella di sanguinose guerre nel Medio Oriente (nel senso di Siria e Iraq). Ma l’attenzione retorica e fuorviante si concentra solo sulla Palestina, con inviti ufficiali di sezioni locali dell’Anpi, in ossequio a un modulo interpretativo grossolano che oppone i buoni contro i cattivi, gli oppressi contro gli oppressori. Per questo molti ebrei non accettano che si metta sullo stesso piano ideale la lotta di liberazione antifascista con un’interpretazione approssimativa e parziale del conflitto mediorientale.
Sono figlio di partigiani. I miei genitori scappati insieme a due bambini si rifugiarono in un paese delle Marche e si unirono alla banda partigiana della Brigata Garibaldi. Dopo la liberazione, mia madre, concreta e antiretorica, non volle prendere la tessera di «patriota», come si chiamavano allora i partigiani; mio padre ebbe una medaglia d’argento. Non credo che partecipassero intensamente alle manifestazioni dei primi anni. Si limitavano, ma non era poco, a esporre alla finestra di casa il tricolore nelle feste nazionali. Mi chiedo cosa avrebbero fatto oggi davanti a tutte le polemiche. Dubito che avrebbero accettato di sfilare con le loro memorie in mezzo a un cordone di sicurezza e insieme a chi viene invitato maldestramente e retoricamente come combattente per la libertà. Bisogna stare attenti alle scelte e alle parole, quando si confronta l’attualità con la storia.
Tra i fatti d’attualità più gravi c’è l’arrivo di migliaia di migranti sulle nostre coste. Condividiamo la preoccupazione per la difesa della dignità e dei diritti dei migranti, ma l’equiparazione dei campi di raccolta con i campi di concentramento è fuorviante e rischiosa. Per noi i campi di concentramento sono stati l’anticamera dei campi di sterminio, senza via di scampo. E chi si occupa dell’ordine pubblico spesso davanti a criminalità comune non può essere messo sul piano di una guardia nazifascista. La memoria esige cautela.
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