Riprendiamo dal CORRIERE DELLA SERA di oggi, 20/04/2017, a pag. 9, con il titolo "La Brigata ebraica accusa l’Anpi E i dem: 'Neanche noi al corteo' ", la cronaca di Fulvio Fiano; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "Il sacrosanto 25 aprile senza l’Anpi"; dalla STAMPA, a pag. 11, con il titolo "Il gran Mufti alleato di Hitler contro gli ebrei", l'analisi di Giovanni Sabbatucci.
Ecco gli articoli:
CORRIERE DELLA SERA - Fulvio Fiano: "La Brigata ebraica accusa l’Anpi E i dem: 'Neanche noi al corteo' "
Fulvio Fiano
Il 25 Aprile nella Capitale: liti, fazioni, assenze. «Purtroppo ancora una volta a Roma il corteo dell’Anpi è diventato elemento di divisione. Per questo, come già l’anno passato, non parteciperemo». L’annuncio del commissario del Pd di Roma, Matteo Orfini arriva a suggello della rinnovata, aspra polemica tra la sezione locale dell’Associazione nazionale partigiani e la Comunità ebraica, che condurrà una propria manifestazione. La sindaca Virginia Raggi, pur aderendo in ritardo, sarà invece a entrambi i cortei. Le presenze ormai inconciliabili sono quelle della Comunità palestinese romana e quella della Comunità ebraica. Lo scontro, nato nel 2014, quando le bandiere della Brigata ebraica, uguali a quelle di Israele, furono contestate dai centri sociali, non si è mai davvero spento. Ne seguì la contro contestazione alle bandiere palestinesi e l’anno scorso fu l’Associazione nazionale ebrei deportati a ritirare la sua partecipazione al corteo Anpi. Il segretario di Anpi Roma, Fabrizio De Santis, presentando le iniziative per il 72esimo anniversario della Liberazione, dice: «Non abbiamo ricevuto risposte, quindi credo proprio che la Comunità ebraica non ci sarà, siamo molto dispiaciuti».
E al Corriere aggiunge: «Non c’è nessuna intenzione di dividere, né di rileggere la storia o tendere trappole. La comunità palestinese partecipa da anni e l’invito include sigle e rappresentanti di tante altre realtà diverse tra loro. I veri partecipanti alla Liberazione ormai sono rimasti pochi. Non vuole essere una celebrazione retorica e rivolta solo al passato ma il 70esimo anniversario dell’approvazione della Costituzione». Durissimi i toni in risposta della presidente della comunità ebraica capitolina, Ruth Dureghello: «L’Anpi che paragona la Comunità ebraica di Roma a una comunità straniera è fuori dalla storia e non rappresenta più i veri partigiani».
E ancora: «La Brigata ebraica fu un corpo militare inquadrato nell’esercito inglese composto da ebrei che vivevano nelle colonie sotto il mandato britannico nell’odierna Israele. L’Anpi cancella la storia se fa sfilare gli eredi del Gran Mufti di Gerusalemme che si alleò con Hitler. Oggi c’è bisogno di celebrare questa giornata senza faziosità e senza ambiguità». «Sono dispiaciuto, è una polemica inutile che si cerca di sollevare ogni anno, abbiamo fatto il possibile per far partecipare tutti al corteo», si rammarica Carlo Smuraglia, presidente dell’Anpi nazionale. Così i due cortei. Da una parte la Comunità ebraica, assieme all’Unione delle Comunità ebraiche Italiane, si riunirà in via Balbo, di fronte all’allora sede della Brigata ebraica. Dall’altra l’Anpi, che cambia percorso, non più dal Colosseo, ma dal parco dei Caduti della Montagnola, arrivando sempre a Porta San Paolo attraverso i quartieri popolari di Ostiense e Garbatella. In mezzo la sindaca, che dopo il richiamo di De Santis («Non abbiamo ancora avuto risposte al nostro invito») annuncia che sarà presente ai due cortei.
IL FOGLIO: "Il sacrosanto 25 aprile senza l’Anpi"
L’Anpi che paragona la comunità ebraica di Roma a una comunità straniera è fuori dalla storia e non rappresenta più i veri partigiani”. Così scrive la presidente della comunità ebraica della capitale, Ruth Dureghello, annunciando il boicottaggio della comunità che presiede al 25 aprile con l’Anpi. L’Unione delle comunità ebraiche italiane si riunirà in via Balbo, di fronte all’allora sede della Brigata ebraica, il corpo militare dell’esercito inglese composto da ebrei che vivevano sotto il mandato britannico nell’odierna Israele. Si riuniranno in nome di quei partigiani e sionisti, come Emanuele Artom, seviziato a morte dai nazisti. “A causa dell’impossibilità di partecipare al corteo del 25 aprile a seguito della scelta dell’Anpi di cancellare la storia e far sfilare gli eredi del Gran Mufti di Gerusalemme che si alleò con Hitler con le proprie bandiere e delle ripetute aggressioni, avvenute negli anni passati, ai danni dei rappresentanti della Brigata ebraica, il mondo ebraico ha deciso di organizzare una propria manifestazione”. Sacrosanto. Come è sacrosanta la decisione pure del Pd di sfilarsi dall’Anpi. Vecchia storia, ma eco di fantasmi ideologici attualissimi. Nel 2003 esponenti della comunità ebraica furono costretti ad abbandonare la manifestazione in Campidoglio, dopo gli slogan che urlavano “Israele sei il primo della lista”. Al congresso di Rifondazione comunista, l’immagine di Anna Magnani uccisa dai nazisti fu accostata a quella di un bambino palestinese.
“Roma città aperta” si riferiva al passaggio dei nazisti nel ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943. Furono presi più di mille ebrei. Ne tornarono sette. Gli altri sono passati per il camino di Auschwitz. A Ramallah dove sono le camere a gas? E’ un misto di ignoranza e delle peggiori dottrine largamente in circolazione a fare di Israele il “nuovo nazismo”. Un morbo che ha contagiato anche tanti esponenti della cultura (Dario Fo raccoglieva fondi fuori dai teatri per i “partigiani palestinesi”). Nei giorni scorsi il New York Times ha pubblicato un editoriale a firma Marwan Barghouti, leader dell’Intifada. Ma si è “dimenticato” di scrivere che Barghouti sconta cinque ergastoli per avere ucciso numerosi civili israeliani, fra cui un sacerdote. Ai mistificatori dell’Anpi andrebbe ricordato ogni giorno che il vero partigiano è Israele, che resiste da settant’anni a chi vorrebbe buttarlo a mare.
LA STAMPA - Giovanni Sabbatucci: "Il gran Mufti alleato di Hitler contro gli ebrei"
Giovanni Sabbatucci
Il Gran Muftì dialoga con Hitler
Il 25 aprile è la data scelta dall’Italia repubblicana per celebrare la fine dell’occupazione nazifascista e la riconquista delle libertà politiche e civili. Naturale che a festeggiare la ricorrenza siano in primo luogo le associazioni partigiane, seppur ormai trasformate, col passare degli anni, in associazioni politico-culturali. Meno naturale che i dirigenti dell’Anpi ritengano doveroso invitare alle celebrazioni nazionali militanti della resistenza palestinese. Succede ormai da qualche anno: e ogni volta i cortei organizzati per festeggiare la liberazione dal nazismo sono diventati occasione per violente, anche se sparute, contestazioni rivolte contro le rappresentanze delle comunità israelitiche, in particolare contro i pochi superstiti della Brigata ebraica che combatterono sul fronte italiano dopo essere sfuggiti avventurosamente alla morte nei lager. Questa volta, le comunità israelitiche hanno deciso di non partecipare al corteo ufficiale e di manifestare per conto proprio. A loro si sono associati - e questa è una novità - i vertici del Partito democratico.
Difficile dar loro torto. Ognuno è libero di scegliere la resistenza che preferisce, o di esaltare i movimenti di liberazione nazionale nati dalle lotte contro il colonialismo, senza troppo badare alle loro credenziali democratiche. Ma associare i combattenti palestinesi alle celebrazioni ufficiali per la sconfitta del nazifascismo significa commettere un clamoroso errore storico oltre che un atto politicamente inopportuno. È noto, infatti che negli Anni 30 del Novecento, nella sua (legittima) lotta per l’indipendenza, il nazionalismo arabo cercò e ottenne sostegno nell’Italia fascista. E che il gran Mufti di Gerusalemme Amin al-Husseini, una delle più alte autorità dell’Islam sunnita, fu alleato e amico di Hitler e lo incoraggiò, per quanto era in suo potere, a perseguire sino in fondo il programma di sterminio del popolo ebraico. Non si vede allora che senso abbia invitare gli eredi del nazionalismo arabo a celebrare insieme la sconfitta del nazifascismo, che fu in fondo anche la loro sconfitta. E farlo proprio in un momento in cui piccoli e grandi fuochi di antisemitismo tornano ad accendersi anche in Europa.
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