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La Repubblica Rassegna Stampa
16.04.2017 Charlotte Solomon (1917-1943) da Villefranche ad Auschwitz
nel racconto di Chiara Gatti

Testata: La Repubblica
Data: 16 aprile 2017
Pagina: 28
Autore: Chiara Gatti
Titolo: «Il diario di Charlotte»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 16/04/2017, a pag.28, con il titolo "Il diario di Charlotte" la recensione di Chiara Gatti alla mostra dedicata a Charlotte Solomon a Palazzo Reale a Milano, Piazza del Duomo, fino al 25 giugno.
Il testo merita un plauso, in un breve spazio l'autrice ci fa conoscere la vita di Charlotte e il destino tragico che insieme a lei ha colpito tutta la sua famiglia.

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Charlotte Solomon                                        Chiara Gatti

 Pochi mesi prima d'essere arrestata e condotta ad Auschwitz, consegnò i suoi dipinti al dottore del paese, monsieur Moridis. C'est toute ma vie, è tutta la mia vita, gli disse. Oltre mille pagine di un racconto per immagini, un diario a cui affidò — morsa dalla percezione di una fine imminente — ventisei anni d'esistenza, le vicende dolorose della sua famiglia, gli amori, l'impenetrabile sentimento di morte che aleggiava nel suo animo inquieto. Charlotte Salomon (1917-1943) era bella, con un talento d'artista sorgivo, unica allieva ebrea ammessa all'Accademia di Berlino nel 1935. In una foto che la ritrae nel giardino della casa di Villefranche-sur-Mer, dove riparò per sfuggire alle persecuzioni razziali, sorride mentre disegna en plein air. Attraversando la mostra allestita a Palazzo Reale a Milano, sembra di entrare nello storyboard di una tragedia annunciata. Il film della sua vita scorre su tralicci di legno bianchi come i capanni della Costa Azzurra. Duecentosettanta tempere scelte nel corpus di ottocento che Charlotte selezionò per la versione definitiva (su un nucleo più ampio di 1325) raccontano ogni scena per fotogrammi; è un'ipnosi regressiva dentro gli episodi del suo passato. Il titolo "Vita? o Teatro?" dice tutto sulla natura di questo copione disegnato da una mano che si mosse veloce sui fogli come una macchina da presa sul carrello. Primi piani, panoramiche, dissolvenze sono accompagnate da brevi testi e indicazioni per le musiche di fondo, Bizet, Bach o Schubert, il più adatto a enfatizzare i momenti tetri. Un'opera d'arte totale nata dalla necessità di elaborare un trauma. Nel clima di angoscia che ammorbò l'Europa sull'orlo del conflitto, le era piombato addosso il peso di una verità nascosta: ormai adulta, il nonno decise di rivelarle la genesi di una maledizione familiare, confessandole i suicidi della madre, della zia e ora anche della nonna che non aveva retto al tormento delle sue perdite e non accettava l'incubo della guerra alle porte. E da qui che Charlotte cominciò a organizzare il racconto, cambiando i nomi ai personaggi come in una pièce. Lei si ribattezzò Charlotte Rann. Fu un'esigenza, una terapia. Ripercorrere ogni cosa, osservandola dall'esterno, era l'unico antidoto alla depressione che apparteneva al ramo materno di casa. Nel primo capitolo si dipana l'infanzia: la nascita, le fiabe della madre Franziska, dolcissime nei toni dell'azzurro, virati in un verde ferale nella scena del suicidio. "Non riesco a sopportarlo, sono così sola" sospira la mamma prima di gettarsi dalla finestra. Alla piccola Charlotte fu detto che morì di influenza. Segue l'incontro del padre Albert con la cantante Paula Lindberg (alias Paulinka), matrigna affettuosa, e subito dopo l'ascesa di Hitler. La marcia nei nazisti ricorda il corteo degli scheletri di Ensor, nel segno molesto di un espressionismo nordico. Le pagine dedicate all'amore per l'artista Daberlohn si tingono di nostalgia e passione: "Come io amo te, nessuno ha mai amato". Sembra un sogno, finché la morte della nonna, sulle note di Beethoven, scatena le rivelazioni del nonno. Il volto del vecchio si moltiplica sulla carte come un incubo, una tortura a cui Charlotte reagì mettendo mano alla sua opera, per esorcizzare la paura. Era il 1940. Ma la paura non passò e sbottò nel rosso ematico degli ultimi dipinti, presagio infausto. Nel 1943 la Gestapo la trascinò col marito nel campo di sterminio, incinta di pochi mesi. Fu uccisa il giorno stesso. 
Dopo il suicidio delle giovane zla. che si annega nel lago Schlachten, anche la madre Franzlska cede alla depressione, gettandosi dalla finestra. Charlotte scopre la verita da adulta e dipinge tua la sequenza: la madre è stesa a letto, si alza, apre la finestra e infine scompare saltando giù. Terribile il dettaglio finale: il piede sul davanzale La lugubre marcia dei nazisti al potere Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler viene nominato Cancelliere. Charlotte dedica una serie ossessiva dl Immagini alla marcia del nazisti Irreggimentatl, tutti uguali, come robot ipnotizzati dalla svastica. In altre tavole l'artista denuncia l'antisemitismo. raffigurando drappelli dl persone con striscioni violenti: Fate a pezzi le vetrine del porco ebreo". I giorni felici in Francia trascorsi a Villefranche-sur-Mer, vicino a Nizza, sono una parentesi di pace. Charlotte ripara in Francia per sfuggire alle persecuzioni razziali . "Sogni miei su una terra azzurra" recita la frase in calce alla tempera che rappresenta l'epilogo della sua storia, un ricordo felice, lei che dipinge, prima del dramma finale. Morirà nel campo di Auschwitz nel 1943

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