UDG vince la gara contro Michele Giorgio
(oggi il primo disinformatore è lui)
Riprendiamo da LEFT, un foglio della sinistra estrema, quindi anti-Israele, un articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " Gaza muore, assetata da Israele e dimenticata dall'Occidente complice", che rende bene il contenuto. A UDG non bastava l'UNITA' per disinformare, ci voleva un altro giornale. Adesso l'hab trovato, così può continuare la gara con Michele Giorgio a chi disinforma di più.
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Ecco il pezzo, pieno di propaganda e menzogne. La responsabilità di tutto quanto non funziona a Gaza - non solo l'acqua - è di Hamas, che invece di investire i miliardi di dollare che riceve da tutto il mondo, li investe in armi contro Israele. UDG, gran bugiardo, evita di scriverlo, come non scrive che durante la guerra del 2014 Hamas mise le basi di lancio dei missili all'interno di strutture civili, case, scuole, ospedali.
Hamas a Gaza: si preoccupasse dell'acqua invece di attaccare Israele
Gaza muore. Nel silenzio generale, nel disinteresse dei mass media, nella complicità della comunità internazionale, nella pratica disumana e illegale delle punizioni collettive perpetrate da Israele, Gaza sta morendo. L:ultimo, documentato grido d'allarme, è stato lanciato da Oxfam. L:assedio sta privando una popolazione di 1.900.000 abitanti, il 56% al di sotto dei 18 anni, del bene più vitale: l'acqua. A oltre due anni dal sanguinoso conflitto che nel 2014 distrusse buona parte del sistema idrico e fognario di Gaza, il sistema straordinario disegnato dalla comunità internazionale per la ricostruzione post-bellica (il cosiddetto Gaza Reconstruction Mechanism-Grm) non riesce ancora a rispondere ai bisogni dei quasi 2 milioni di abitanti della Striscia "intrappolati" in una delle zone più densamente popolate del mondo. Una situazione drammatica, rimarca il report di Oxfam, aggravata degli effetti del decennale blocco di Israele sulla Striscia, di cui le prime vittime sono oltre 1,8 milioni di persone che devono sopravvivere con uno scarsissimo accesso all'acqua e una situazione igienico-sanitaria in continuo peggioramento. Il 95% della popolazione, anche solo per bere e cucinare, dipende dall'acqua marina desalinizzata fornita dalle autocisterne private, semplicemente perché l'acqua fornita dalla rete idrica municipale (che presenta oltre il 40% di perdite) non è potabile o perché oltre 40mila abitanti non sono allacciati alla rete. A questo si aggiunge il fatto che oltre un terzo delle famiglie non è connesso al sistema delle acque reflue. Una situazione di carenza idrica di cui fanno le spese soprattutto donne e bambini, in molti casi costretti a lavarsi, bere e cucinare con acqua contaminata ed esposti così al rischio di diarrea, vomito e disidratazione. «La popolazione fa i conti con un sistema di ricostruzione che non riesce a superare le restrizioni generali imposte dal blocco israeliano sulla Striscia» denuncia Paolo Pezzati, policy advisor di Oxfam Italia per le emergenze umanitarie. «Per i materiali necessari alle infrastrutture idriche si I bambini giocano sopra 8.000 ordigni inesplosi. E già 3.000 sono segnati a vita deve attendere tra i 61 e i 100 giorni per il responso di idoneità che dà il via libera all'ingresso a Gaza. E tutto ciò non deriva da un disastro "naturale". Questo disastro è il prodotto di una oppressione che non conosce limiti. Gli effetti del blocco israeliano nella vita di tutti i giorni: commercio praticamente inesistente, famiglie divise e persone che non possono muoversi per curarsi, studiare o lavorare. Le Nazioni Unite annunciano che entro il 2020 sarà praticamente impossibile vivere a Gaza per la mancanza di energia elettrica, il più alto tasso di disoccupazione al mondo e l'impossibilità per la popolazione di accedere anche a beni essenziali come cibo e, per l'appunto, acqua pulita. Oltre il 65% degli studenti delle scuole gestite dall'Unrwa (l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi) a Gaza non trova lavoro a causa delle dure condizioni di vita e dell'aumento della povertà. «Circa il novanta per cento degli scolari non sono mai stati fuori da Gaza da quando sono nati», afferma Pierre Krahenbuhl, il commissario generale dell'Unrwa. E a subire le conseguenze più devastanti di questo stallo sono i bambini. «La nuova generazione di Gaza è traumatizzata, scioccata, brutalizzata» sottolinea Chris Gunness, portavoce dell'Unrwa. «Gli spazi dove giocano sono costellati da 8.000 ordigni inesplosi. Le Nazioni Unite stimano che circa 540 bambini sono stati uccisi durante il conflitto (estate 2014, ndr), molti nelle loro case. Unrwa non ha potuto dare un riparo sicuro a queste persone. Nell'ultima guerra condotta da Israele nella Striscia, le nostre scuole sono state colpite direttamente in sette occasioni. I bambini sono morti nelle classi, e nei campi gioco sotto la bandiera blu dell'Onu. Praticamente tutti i bambini di Gaza contano un familiare o un amico ucciso, menomato o ferito durante il conflitto, spesso davanti ai loro occhi. Mille dei 3.000 bambini feriti durante il conflitto rimarranno disabili per il resto della vita». Nessuna sanzione è stata inflitta a Israele per questa pratica disumana e illegale. Siamo ben oltre la politica dei "due pesi, due misure" praticata fin qui dall'Occidente. Quella devastata prigione a cielo aperto che è Gaza, dove l'80% della popolazione vive di aiuti internazionali, racconta di un conflitto dove è chiaro chi sia il carnefice e chi la vittima. E l'Occidente ha scelto di stare dalla parte del carnefice anche rinviando a un'improbabile ripresa del negoziato l'atto politico che andava compiuto da tempo: il riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese. Con capriole dialettiche, il governo italiano ha scelto il rinvio. I falchi di Tel Aviv plaudono, mentre Gaza muore.