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Il Foglio Rassegna Stampa
06.04.2017 Siria: è stato Assad a usare i gas
Due servizi di Daniele Raineri, un titolo dell'Osservatore Romano che disinforma

Testata: Il Foglio
Data: 06 aprile 2017
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Trump cambia idea su Assad dopo la strage con le armi chimiche - E’ stato Assad»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/04/2017, a pag. 1-I, con i titoli "Trump cambia idea su Assad dopo la strage con le armi chimiche", "E’ stato Assad", due servizi di Daniele Raineri.

L'OSSERVATORE ROMANO titola, a pag. 1, a proposito della strage in Siria, "Una strage inaccettabile". Ci piacerebbe sapere quali stragi sono considerate "accettabili" dal quotidiano della Santa Sede. Forse quelle di civili israeliani, per le quali i giornali cattolici sono da sempre molto restii a comporre titoli in prima pagina?

Ecco gli articoli:

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Daniele Raineri

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Il macellaio Assad affila i coltelli

Roma. Ieri il presidente americano, Donald Trump, in conferenza stampa dal giardino della Casa Bianca ha detto che l’odio - so attacco con un agente nervino che martedì mattina ha ucciso 72 civili siriani gli ha fatto cambiare idea su Assad e sulla Siria. “Ha violato molte, molte linee oltre la linea rossa, per me”, ha detto, riferendosi alla frase controversa pronunciata dal suo predecessore Barack Obama nel luglio 2012, quando disse che considerava l’uso di armi chimiche in Siria “la linea rossa che non può essere attraversata”, se non a rischio di scatenare la reazione militare americana. Trump ha detto di essere lui adesso il responsabile della reazione dell’America a questo nuovo attacco con armi chimiche e ha criticato l’inerzia di Obama: “Quell’Am - ministrazione aveva una grande opportunità per risolvere questa crisi molto tempo fa e quando non ha reagito alla violazione della linea rossa penso che ci abbia fatto un gran danno, non soltanto in Siria, ma in molte parti del mondo, perché è stata una minaccia a vuoto. Penso che non sia stato uno dei giorni migliori, come paese”.

Le dichiarazioni di Trump, che certo devono essere considerate nel contesto generale della sua imprevedibilità, sono uno scarto secco rispetto alla linea tenuta sulla Siria fino a oggi. Già in campagna elettorale aveva mandato numerosi segnali sul fatto che non vedeva motivi per chiedere al presidente siriano Bashar el Assad di andarsene – ed era molto allineato con la posizione del presidente russo, Vladimir Putin. Appena sei giorni fa il segretario di stato americano, Rex Tillerson, ha detto che l’Amministrazione Trump considera la permanenza di Assad al potere in Siria una realtà politica da accettare (posizione subito riconfermata dal portavoce Sean Spicer, e c’è chi chiede se questa presa di posizione non abbia incoraggiato Damasco). A una domanda su cosa pensa di fare ora in Siria ha risposto: “Vedrete”. Poco prima di questa conferenza stampa a Washington, l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Nikki Haley, diceva a New York che l’attacco con armi chimiche porta il marchio di fabbrica del governo Assad e che se la comunità internazionale non risponderà allora “potremmo farlo noi”.

Ha accusato la Russia di bloccare le sanzioni internazionali contro Damasco. “Assad è un criminale di guerra protetto dalla Russia e dall’Iran – ha detto Haley reggendo nelle mani le foto di alcune vittime – Quanti bambini dovranno ancora morire prima che alla Russia importi qualcosa?”. Ieri fonti della Difesa israeliana hanno detto all’agenzia Associated Press che secondo loro dietro all’attacco c’è Assad e che il governo siriano ha ancora tonnellate di agenti chimici nel proprio arsenale – e quindi non li ha consegnati quando doveva, nel settembre 2013, quando Obama fermò i raid aerei imminenti in cambio della distruzione sorvegliata delle scorte siriane di armi chimiche. Secondo fonti della sicurezza che hanno parlato al quotidiano Haaretz, l’attacco è stato ordinato “ai massimi livelli, non si sa se Russia e Iran ne fossero a conoscenza”. La strage di martedì è la conferma delle dichiarazioni, passate inosservate, del ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, che a dicembre aveva detto che la Siria nasconde ancora armi chimiche e tenta di passarle al gruppo libanese Hezbollah. Per questo, disse, i raid aerei israeliani colpiscono con regolarità dentro la Siria.

"E’ stato Assad"

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Assad porta la morte in Siria

Roma. Come dopo ogni massacro da parte del governo del presidente siriano Bashar el Assad, anche ieri il bisogno profondo di credere che Assad non può commettere crimini di guerra ha dato la stura a giustificazioni forzate (se pensi che gli islamisti abbiano il monopolio della cattiveria, allora Assad non può essere cattivo, giusto no? No). Molti hanno ripreso la versione fatta circolare dal ministero della Difesa russo – già preso in fallo in molte occasioni – che dice che gli aerei siriani hanno colpito un deposito di armi chimiche dei ribelli e da lì si è originato il disastro.

Ora, a parte che il ministero russo sbaglia l’ora dei raid aerei e dice “dopo le undici e mezza di mattina ora locale” quando invece la strage è cominciata prima delle sette di mattina – un caso di bomba retroattiva? – la versione russa per difendere Assad non regge: il sarin è un’arma chimica cosiddetta binaria, vale a dire che siccome è molto instabile, corrosiva e pericolosa non viene tenuta in magazzino già pronta all’uso, ma viene creata poco prima di un ipotetico attacco a partire da alcuni ingredienti base chiamati precursori. Sostenere che il bombardamento ha sprigionato il sarin è come dire che dopo il bombardamento di un supermercato il risultato è stato un piatto fumante di spaghetti al pomodoro (gli assadisti sono così: predicano cinico realismo, ma poi credono ai comunicati ministeriali fantasiosi). L’argomento negazionista più insistente è questo: cui prodest? Perché Assad doveva procedere a una rappresaglia chimica proprio nel momento in cui l’Amministrazione americana e la Russia erano allineate sulla stessa posizione e non lo vogliono rimuovere da Damasco? La risposta è proprio per questo. Continuiamo a ragionare secondo categorie puramente occidentali, come per esempio “io non mi esporrei a una situazione diplomatica imbarazzante davanti alla comunità internazionale”, ma la premessa del ragionamento è sbagliata.

Il presidente siriano sa che la comunità internazionale non farà nulla, se non dichiarazioni di sdegno – per non più di un paio di settimane. Sa anche che il Consiglio di sicurezza dell’Onu è bloccato e non agirà. O almeno: sapeva bene tutto questo fino a ieri, perché non aveva tenuto in considerazione l’imprevedibilità del presidente americano, Donald Trump, che in conferenza stampa dalla Casa Bianca ha detto che dopo la strage ha cambiato idea su Assad e sulla Siria dopo aver segnalato per mesi, fin dalla campagna elettorale, che non intendeva minacciare Damasco. Continuiamo tuttavia a metterci nei panni di Assad fino al tardo pomeriggio di ieri. Intanto ha galvanizzato la sua base di sostegno – sì, entusiasmato, anche se da qui pare difficile immaginarlo – che si chiedeva quanto il capo fosse ancora efficiente (è la stessa base che non inorridisce anzi è esaltata da ogni colpo inferto ai “ratti di al Nusra”, come sono chiamati tutti gli oppositori in blocco, inclusi i civili).

Da quando “non conviene” colpire i tuoi nemici a costo praticamente zero e creare il panico nelle zone del paese fuori dal tuo controllo? Per sovrappiù, ha punito una cittadina che è vicina al fronte dove nelle settimane scorse i gruppi armati sono stati molto attivi – hanno provato ad attaccare la città di Hama. In passato il governo di Damasco ha dato ordini più distruttivi, per esempio di lanciare i missili balistici Scud contro quartieri di Aleppo (nessuno contesta questo fatto), perché il bombardamento di martedì dovrebbe portare a un esito diverso? Gli svantaggi sono effimeri, i vantaggi saranno duraturi. Con questa operazione Assad ha sigillato il suo trionfo diplomatico di impunità e resistenza sul lungo termine in faccia all’occidente. Gli israeliani, che gli sono vicini di casa e monitorano la situazione in Siria con attenzione, dicono che la rappresaglia con armi chimiche è stata una dimostrazione di forza, appena la situazione lo ha consentito. Sanno, perché non hanno il lusso di fraintendere la realtà mediorientale, che il rais è il rappresentante di una dinastia baathista che controlla il paese dal 1971 – da una posizione assolutamente minoritaria. Assad vive di conferme del proprio potere, ma se non ci fossero russi e iraniani quel poco che resta del suo esercito non riuscirebbe nemmeno a tenere la piccola Palmira. Essere pericolosi paga, altro che “non gli conveniva”.

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