Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/04/2017, a pag. 18, con il titolo "Grugliasco, settant'anni dopo i figli dei sopravvissuti al lager", la cronaca di Massimo Massenzio.
L'iniziativa che ha portato alla visita degli studenti israeliani a Grugliasco è stata possibile grazie all'aiuto e all'impegno della Fondazione Camis de Fonseca.
Ecco l'articolo:
Alcuni dei profughi di Grugliasco
La storia del Dp Camp 17 di Grugliasco la ricordano in pochi. Affonda le radici dopo la fine della II guerra mondiale, quando il comando alleato requisì i padiglioni deserti dell’ex ospedale psichiatrico femminile e li trasformò in un gigantesco centro di smistamento e transito per i profughi in arrivo dall’Europa centrale. Tecnicamente si trattava di Displaced persons (Dp), sfollati: civili in fuga, ex prigionieri di guerra, reduci dai campi di lavoro e molti ebrei sopravvissuti alla Shoah.
Ritorno alle origini
Tra l’estate del 1945 e la fine del 1949 il Camp 17, il più grande del Nord Italia, fu gestito dalla Croce Rossa e poi dall’Unrra (United Nation Relief and Rehabilitation Administration), organismo dell’Onu creato proprio per l’assistenza ai profughi. Arrivò a ospitare oltre 2 mila persone, un numero enorme se si considera che in quegli anni Grugliasco non superava i 5 mila abitanti. Gli «sfollati» alloggiati nella grande struttura di via Sabaudia erano in maggioranza ebrei che sognavano di andare in Palestina o ricongiungersi con i parenti emigrati in Usa. C’era tanta voglia di ricominciare, il tasso di natalità era altissimo e in 4 anni nacquero 220 bambini. Giovedì, a circa 70 anni di distanza, 4 di quei «children of Grugliasco» torneranno al Camp 17 per riscoprire i luoghi dove sono nati.
Otto anni di ricerche
A rintracciarli ci ha pensato Maria Teresa De Palma, responsabile del servizio gestione documentale del Comune che, con l’aiuto della studiosa Sara Vinçon e della comunità ebraica torinese, ha riportato a galla una storia dimenticata: «A volte le cose succedono per incontri casuali e fortunate coincidenze. Nel 2009 Sara ci contattò per le ricerche che voleva condurre nell’archivio storico di Grugliasco per la tesi di laurea. E scoprimmo quei 220 certificati di nascita di cui nessuno ricordava più l’esistenza». Da allora è cominciato un viaggio a ritroso nel tempo che ha portato all’allestimento di una mostra di documenti e foto che verrà inaugurata giovedì: «Ci sono immagini fornite dai protagonisti e molti documenti recuperati direttamente negli archivi Onu di New York. Finora abbiamo rintracciato 8 di quei bambini nati a Grugliasco».
La copertina del libro di Sara Vinçon (Zamorani ed.)
Children of Grugliasco
Fra loro c’è Sarah che non aveva mai conosciuto il giorno esatto della sua nascita perché il suo certificato è rimasto sempre negli archivi comunali. E anche Peter il cui padre scriveva accorate lettere al presidente americano chiedendo un visto per gli States e invece andò a vivere in Uruguay. O Ely e sua madre Judith che nel 1994 sono già tornate a Grugliasco in cerca delle loro origini, ma non riuscivano a trovare nessuno che ricordasse il Camp 17. E in un primo momento furono addirittura scambiate per ex pazienti dell’ospedale psichiatrico.
Non tutti riusciranno ad esserci per la cerimonia del 6 aprile, ma nei giorni scorsi l’ex ospedale è stato già visitato dagli studenti della scuola Lady Davis di Tel Aviv, accompagnati dal professor Amos Raban, la cui nonna visse per mesi nel vicino campo di Avigliana, dove la Brigata Ebraica stava raccogliendo i candidati per l’emigrazione clandestina. Buona parte della storia del Camp 17 è stata raccontata dal libro Vite in Transito di Sara Vinçon, ma c’è ancora tanto da scoprire: «Siamo solo all’inizio – conclude De Palma –. Molto presto allestiremo un sito che verrà aggiornato progressivamente con tutto quello che troveremo».
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