Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/03/2017, a pag. 37, con il titolo "Non è la religione a creare i conflitti", l'intervista di Francesca De Benedetti a Roberto Toscano.
Le parole di Roberto Toscano non affrontano i reali problemi del mondo di oggi, a partire dall'offensiva islamista contro il sistema delle libertà occidentali. Predicare l'incontro con il diverso non è una soluzione, nel caso in cui il diverso preferisce il terrorismo.
Continua imperterrita la difesa dell'islam del super filo-iraniano ex ambasciatore a Teheran Roberto Toscano.
Ecco l'articolo:
Roberto Toscano
"No alla democrazia, vogliamo solo l'islam": una frase che Toscano dovrebbe spiegare
Anche lui è stato un ragazzo con la valigia: parmigiano di nascita, in quinta ginnasio se ne andò un anno in Texas per studiare. Da allora non ha più smesso di viaggiare, Roberto Toscano, e ha fatto del mondo il suo mestiere: ambasciatore in India, in Iran, editorialista, presidente della Fondazione Intercultura.
Perché interrogarsi proprio sulla religione? «La vera domanda è: “Perché no?”. La religione altrui viene ritenuta un tema delicato, il risultato è che non se ne parla. Ma il dialogo interculturale richiede che si torni a dar voce anche alle dimensioni religiose della cultura. Se occultiamo questi aspetti con il silenzio, il risultato è che qualcosa va in putrefazione. Il silenzio genera mostri: pregiudizi, ostilità, odio».
La Corte di giustizia europea dice che un datore di lavoro può vietare il velo. La dimensione religiosa non è da considerare privata? «Cosa c’è di più privato della scelta dell’abbigliamento? Mi considero un laico al di sopra di ogni sospetto, ma vedo una differenza tra l’ingerenza della religione nella politica e l’agibilità della religione nello spazio pubblico. Sarebbe un errore mutilare la nostra conoscenza dell’altro, ignorando la dimensione religiosa della cultura».
Un incontro di religioni invece dello scontro di cui parlava il politologo Samuel Huntington? «Conobbi Huntington alla fine degli anni Ottanta ad Harvard, non sono mai stato d’accordo con lui. La sua teoria non mi convince. Non è la differenza culturale a produrre conflitti, sono i conflitti che sanciscono le fratture culturali. Il punto di partenza del convegno è la libertà di esprimersi».
A proposito di scambio, lei ha cominciato presto, da giovane, in Texas. «Facevo la quinta ginnasio, fu un’esperienza eccezionale, vidi il dibattito Nixon- Kennedy, i miei genitori a mala pena erano andati a La Spezia. Ho cominciato a viaggiare e non ho più smesso».
Poi, come ambasciatore, con la religione non si è mai scontrato? «Mai avuto difficoltà, anche se ho vissuto in Paesi molto particolari sotto il profilo della religione: in Iran, con un potere religioso fuso con quello politico, in India dove si cerca di evitare il dibattito sulla religione per paura che scoppino scontri. Ma a maggior ragione dico: parlarne è importante».
Per inviare la propria opinione alla Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante