Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/03/2017, a pag. 13, con il titolo "Hamas e la sua 'piccola Hollywood': ricreano Gerusalemme nella Striscia di Gaza", il commento di Fabio Scuto.
La propaganda di Hamas a Gaza è ossessiva e martellante, e viene finanziata anche con gli enormi "aiuti" economici inviati dai Paesi occidentali e gestiti dai terroristi di Hamas. La vicenda raccontata nell'articolo di oggi è tipica dell'indottrinamento e della propaganda dell'odio di Hamas contro Israele.
Ecco l'articolo:
Fabio Scuto
Terroristi di Hamas a Gaza
Ciak! Azione!. Il gruppetto di ebrei ortodossi, protetti da un reparto della Border Police israeliana armato di M-16, cammina nei vicoli stretti. Gli arabi in fondo alla strada inveiscono, li insultano, lanciano pietre. I negozianti si affrettano a buttare dentro le loro mercanzie e sbarrare la porta. Una gru porta giù rapidamente la cinepresa per un primo piano della scena con gli scontri, in quelle che sembrano le viuzze della Città Vecchia di Gerusalemme. Siamo, invece, vicino a Khan Younis, sul set dell’ultima produzione cinematografica di Hamas, che sui resti dell’ex colonia israeliana di Ganney-Tal ha costruito la sua «piccola Hollywood» per la sua prima vera importante produzione: «La porta del Paradiso», un serial che, come tradizione nel mondo arabo, andrà in onda durante il prossimo Ramadan, che inizia il 27 maggio. Niente produzioni turche o egiziane, quest’anno Hamas ha messo mano ai suoi fondi e attraverso la sua tv, «Al Aqsa», ha deciso di produrre il primo «movie» ambientato nella Striscia e realizzare da sé il programma normalmente più visto in quei giorni di festa. Mandare troupe, attori e comparse nella vera Gerusalemme era impossibile, ed ecco perché fra queste dune sabbiose è stata riprodotta una scenografia, che ricostruisce in un dettaglio accettabile l’atmosfera di chi si trova dentro le Mura di Gerusalemme, con le sue bancarelle, i vicoli affollati, il vociare impastato della gente di arabo e ebraico, i controlli di esercito e polizia israeliana. Mohammed Thoraya, general manager della tv di Hamas, è soddisfatto del lavoro svolto: «Abbiamo cercato di simulare in piccolo quel che c’è in realtà».
Il destino di Gerusalemme è il cuore del conflitto israelo-palestinese, in grado di suscitare tensioni fortissime fra le comunità, per il controllo e l’accesso ai luoghi santi per le tre religioni. La Città Vecchia con i suoi luoghi sacri per ebrei, cristiani e musulmani, venne giusto conquistata dagli israeliani cinquant’anni fa. I palestinesi la rivendicano come capitale del loro futuro stato. Un tema di sicura attrattiva per Hamas e che si presta bene all’esigenza di imporre una sua versione della Storia. «La porta del Paradiso», spiega senza voler svelare il finale il regista Zouhir al-Efrengi, «mostrerà la fermezza dei gerosolimitani (antichi ordini cavallereschi del Regno di Gerusalemme, ndr) e l’amore della loro terra di fronte all’occupazione sionista».
Gli attori e i cineasti reclutati dalla tv «Al Aqsa» sono tutti di Gaza, la maggior parte di loro non è mai stata a Gerusalemme, e come documentazione gli sceneggiatori hanno usato vecchi film girati nella «Old City». Il costo della produzione è ufficialmente top secret, Gru e Panavision professionali indicano un certo capitolo di spesa, ma gli attori hanno una vita grama, i figuranti ingaggiati sono pagati 4 dollari al giorno, le comparse - se c’è un primo piano - possono arrivare anche a 9 dollari. L’importante per questi giovani - vestiti da ebrei religiosi, ultraortodossi o agenti di polizia israeliani, che nel serial si esprimono in lingua ebraica - però è esserci, partecipare.
Nonostante la sceneggiatura sia «blindata», non è difficile intuire i contenuti della narrativa di Hamas, che è padrona della Striscia da 10 anni, durante i quali ha combattuto tre guerre con Israele e ha giurato la distruzione dello Stato ebraico. La piccola industria cinematografica di Gaza vive nonostante attori dilettanti e le continue interruzioni di corrente - una scena in interno de «La porta del Paradiso» è stata girata 19 volte per i continui blackout -, ma il leitmotiv resta sempre lo stesso -, e per questo difficilmente sarà un successo. Anche se siamo a Gaza.
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