Riprendiamo da ITALIA OGGI, a pag. 21, con il titolo "Privacy, sui terroristi non vale più", il commento di Roberto Giardina.
Roberto Giardina
Un poliziotto tedesco alla stazione centrale di Berlino
Sentenza quasi all'italiana del Presserat, il consiglio della stampa. Tutelare e come la privacy di chi commette un delitto? L'articolo 12 del codice che si sono dati i giornalisti riguarda il «Diskriminierungsschutz», cioè dovrebbe evitare la discriminazione rivelando la nazionalità dei colpevoli, o presunti tali. L'origine non conta, e se viene sottolineata, o semplicemente resa nota, si cade nel razzismo. Lo «Schutz», la tutela, vale anche per la religione. Quando arrivai a Torino per cominciare a lavorare come cronista, negli annunci per gli alloggi si leggeva ancora «si affitta solo a piemontesi». I meridionali non erano graditi. Poi fu vietato. Naturalmente, i padroni di casa continuarono a scegliere gli inquilini in base all'accento. Ma in cronaca si continuava a leggere: rapinatore siciliano o calabrese, oppure «napoletano massacra la moglie per gelosia».
Se l'origine non veniva rivelata, si era sicuri che il colpevole fosse un piemontese. In Germania, la privacy è rispettata: non si scrive l'origine del protagonista di un fatto di cronaca, non si rivela neanche il nome, limitandosi alle iniziali, e all'età. A meno che non sia un personaggio noto, dello spettacolo o della politica. Negli ultimi tempi, tuttavia, molti giornali hanno volutamente violato la regola: la nazionalità di chi commette un reato o un delitto è spesso la parte centrale della notizia, «è la notizia».
Se un omicidio o un attentato è compiuto da un immigrato islamico come si fa a non scriverlo? In base all'articolo 12, non si sarebbe dovuto rivelare che l'autore della strage al mercatino di Natale a Berlino era un profugo giunto dalla Tunisia. Il Presserat ha ammonito diversi quotidiani, come la Sächsische Zeitung che esce a Dresda, uno dei centri dei movimenti xenofobi, ma è stata costretto a prendere in esame le proteste dei direttori responsabili. «I lettori possono giudicare con la loro testa», dichiara Frau Tanit Hoch, direttrice della popolare Bild Zeitung.
Il rispetto della norma equivale a una censura. Nella sua ultima riunione non ha avuto il coraggio di abolire l'articolo 12, o di cambiarlo radicalmente, come veniva richiesto, ed è giunto a un compromesso: viene ribadita la responsabilità delle redazioni, e tocca a loro di volta in volta decidere se rivelare la nazionalità sia giustificato dall'interesse dell'opinione pubblica, o se si tratta di semplice curiosità non giustificabile. Una vittoria dei giornali ribelli? In parte, ma si conclude che si deve evitare rivelando l'origine dei colpevoli di aumentare i pregiudizi contro minoranze etniche.
«Non bisogna esagerare», consiglia in estrema sintesi, Lutz Tillmann, presidente del Presserat. Una conclusione ipocrita. I giornali, dopo le violenze di San Silvestro del 2015 a Colonia, quando un migliaio di giovani profughi arabi aggredì centinaia di donne, tacquero per cinque giorni, per non favorire i populisti dell'AfD, e persero di credibilità. Ma è inevitabile, anche se sbagliato, che oggi molti tedeschi considerino i giovani islamici che incontrano per strada come un potenziale pericolo.
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