Perché la pace regge
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: le forze di difesa d'Israele
Cari amici,
per Israele c’è un serio rischio di guerra al Nord. Ve l’ha spiegato Mordechai Kedar in un bell’articolo pubblicato da IC (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=65788) e anch’io di recente mi sono sforzato di illustrarvi alcuni indizi ( http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=65729 e http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=65751). In sostanza l’appoggio russo ha permesso alla coalizione guidata dall’Iran in Siria (forze iraniane, mercenari, esercito di Assad, Hezbollah) non di riprendere tutto il territorio dell’antica repubblica di Siria, ma una parte sì e soprattutto di uscire dal pericolo imminente di sconfitta. Trasformare l’immagine disastrosa della guerra civile in cui forze arabe che si pretendono nazionaliste stanno al servizio dei persiani, nemici storici degli arabi, in una guerra contro Israele, converrebbe sia a Hezbollah che ad Assad, se non temessero la sconfitta immediata; e certamente fa comodo anche all’Iran, giustificando il suo espansionismo. Israele, pur essendosi tenuto fuori dalla guerra civile, non può star fermo, perché è vitale impedire che Hezbollah, il nemico più agguerrito al confine di Israele, riceva altre armi avanzate; ed è prioritario anche non permettere allo stesso Hezbollah e all’Iran di insediarsi sulle alture del Golan, dove costituirebbero un pericolo imminente. Di qui uno stillicidio di incidenti, che possono però condurre a una guerra anche senza che nessuno la progetti direttamente. Essenziale, in questo quadro è l’azione della Russia, fornitrice d’armi e grande protettrice dell’alleanza intorno all’Iran, ma certamente disinteressata a partecipare a una guerra con Israele, che danneggerebbe molto i suoi alleati e rischierebbe di trascinarla in un confronto con l’America di Trump. E’ dalla sua azione o inazione che dipenderà il proseguimento di una pace che sul fronte Nord dura da undici anni.
Ma il rischio non manca nemmeno sul fronte Sud, dove ha sede Hamas, altro burattino dell’Iran. Hamas ha di recente rinnovato la sua leadership a Gaza, eleggendo al vertice il leader dell’ala militare più estremista, Yahya Sinwar, già condannato all’ergastolo in Israele per i suoi attentati terroristi, che ha passato vent’anni in prigione ed è stato scarcerato nel ricatto per la liberazione di Shalit. (http://edition.cnn.com/2017/02/15/middleeast/yehya-sinwar-gaza-hamas/). Per l’occasione l’organizzazione terrorista ha riproposto il vecchio tema di una possibile “tregua” con Israele, a patto che questo si ritiri dietro la linea verde, liberi tutti i detenuti e accetti il “ritorno” dei “rifugiati”, cioè si suicidi, confermando però che l’obbiettivo vero è la sua totale distruzione (http://aa.com.tr/en/middle-east/hamas-leader-vows-struggle-to-end-israeli-occupation/777339). Vi sono stati negli ultimi mesi numerosi lanci di razzi da Gaza nel territrorio Israeliano, cui Israele ha puntualmente risposto. Si è parlato di un accordo di Hamas con l’Egitto per rendere meno stringente l’assedio, ma sono emersi anche chiari indizi di collaborazione con le forze dell’Isis con cui l’esercito egiziano conduce una vera e propria guerra nel Sinai. Hamas ha mostrato insofferenza per la proposta di rendere meno vicini al terrorismo i programmi scolastici dell’UNRWA (che gestisce la maggior parte delle scuole non solo a Gaza ma anche in Giudea e Samaria): http://israelbehindthenews.com/hamas-opposes-changes-unrwa-curriculum/15720/. Peraltro diversi dipendenti della stessa agenzia dell’Onu per i “rifugiati” palestinesi sono stati di recente nominati membri degli organismi dirigenti di Hamas, operazione che ha fatto scandalizzare molti negli Stati Uniti e perfino all’Onu, dato che Hamas è ufficialmente un’organizzazione terroristica; ma che sembra essere passata senza efficace contrasto (http://israelbehindthenews.com/head-hamas-department-refugee-affairs-warns-cuts-american-international-support-unrwa-opposes-firing-unrwa-employees-belong-hamas/15719/). Le complicità con Hamas sono vaste: in Israele è stato arrestato di recente il dirigente di una Ong turca che dirottava i fondi raccolti per aiutare la popolazione all’acquisto di armi per Hamas (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Head-of-Turkish-aid-group-in-Gaza-arrested-by-Israel-funneled-humanitarian-funds-to-Hamas-484771).
Deterrenza
Nei giorni scorsi vi è poi stato un episodio ancora misterioso: è stato ucciso a colpi di pistola un alto dirigente militare di Hamas, Mazan Fukha, anche lui reduce dalle carceri israeliane e scarcerato nello scambio per Shalit (http://alyaexpress-news.com/bonne-nouvelle-commandant-hamas-tue-de-4-balles-tete-hamas-accuse-israel-menace/). Difficile sapere se il responsabile dell’uccisione sia stato Israele, come sostiene Hamas o se invece si sia trattato di un regolamento di conti interno a Gaza, che non è un ambiente proprio pacifico (http://www.rightsreporter.org/ucciso-comandante-hamas-nella-striscia-gaza-accuse-al-mossad/). C’è chi in Israele parla di una nuova strategia di sicurezza, più dura nell’affrontare preventivamente i pericoli (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Analysis-A-new-approach-485186). Certo che Hamas ha promesso vendetta e ha chiuso le frontiere con Israele (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Hamas-closes-Erez-crossing-into-Israel-485208). E’ difficile dire se da questa storia verranno delle conseguenze serie. Hamas, a quanto pare, ha riempito di nuovo i suoi arsenali e ricostruito i suoi tunnel d’assalto. E’ sicuro che un nuovo scontro porterebbe a una nuova sconfitta, ma un gruppo che organizza tutta l’esistenza di Gaza intorno alla preparazione della guerra alla fine può trovarsi a provocarla anche solo per non dover riconoscere la sua dannosa inutilità.
La morale è semplice: sia al Nord che al Sud (che sul fronte interno in Giudea e Samaria) quel che impedisce o almeno allontana nel tempo la guerra è la forza di Israele, la sua deterrenza. Non vi sono prospettive della pace definitiva che tanti sognano, quella in cui tutti diverranno amici e si vorranno bene; ma la pace concreta, quella in cui in cui non ci si spara addosso e non si muore (o lo si fa a un livello molto basso), ha in questo momento una sola garanzia: la forza militare e politica dello stato di Israele.
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