Il costo della democrazia
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: alcuni parlamentari della Lista Araba Unita
Cari amici,
contro la propaganda falsa dell’”apartheid” Israele si vanta giustamente della sua apertura democratica a tutti i settori della sua popolazione e in particolare agli arabi. In effetti è facile mostrare che vi sono da sempre parlamentari arabi (almeno 13 su 120 nella loro lista unificata, ma poi altri nelle diverse liste di partito) professori universitari, giudici, compreso uno della corte suprema, sindaci, scienziati, medici, poliziotti, cantanti, personaggi televisivi, imprenditori, perfino Miss Israele che fanno parte della minoranza araba e che raggiungono i vertici delle carriere più ambite. Il che naturalmente non è vero per le numerose minoranze nazionali e religiose nel mondo arabo e musulmano, dai copti cristiani in Egitto agli sciiti nei paesi del Golfo, ai sunniti e agli azeri in Iran, per non parlare dei curdi. Gli arabi israeliani inoltre hanno ovviamente diritto a tutte le garanzie politiche economiche e sociali dei cittadini israeliani, dalla libertà di associazione alla sicurezza sociale, dall’istruzione alla sanità – il che ne fa la popolazione araba con la migliore condizione fra tutti i paesi del Medio Oriente, fatta eccezione solo forse per il reddito pro capite degli emirati petroliferi, che peraltro è molto inegualmente distribuito.
Tutto questo va bene, anzi benissimo, ma non è privo di controindicazioni. Perché se i cittadini arabi medi di Israele sono per lo più leali e obbedienti alle leggi, interessati soprattutto alla loro vita personale e collettiva e ben attenti a non rinunciare ai loro privilegi – tant’è vero che tutti i sondaggi mostrano che non hanno la minima intenzione di rinunciare alla loro cittadinanza israeliana per diventare “palestinesi” se per caso si costituisse uno stato di Palestina, la loro classe dirigente politica e religiosa agisce in maniera molto diversa e non si sforza di rappresentare gli interessi del gruppo che li esprime, né tanto meno dello stato, ma cerca di fare il possibile per danneggiare Israele senza timore di violare le sue leggi.
Vi faccio l’esempio di due casi recenti, senza neanche dovervi raccontare la storia di quella fanatica deputata antisraeliana Haneen Zoabi, famosa per le sue provocazioni antisraeliane, compresa la partecipazione alla flottiglia turca diretta a Gaza su cui si verificò un tentativo di linciaggio dei soldati israeliani venuti a prendere il controllo della nave Mavi Marmara, con la sanguinosa battaglia che ne seguì; e neanche del leader dello stesso partito comunista Balad, Azmi Bishara, incriminato per alto tradimento per aver passato informazioni al nemico riservate che aveva ricevuto come parlamentare, durante la guerra del Libano e ora fuggito in Qatar.
Omar Barghouti, fondatore del movimento BDS
Il primo caso è quello di Omar Barghouti, non il Barghouti pluriassassino condannato e detenuto nelle prigioni israeliane, ma il suo omonimo in teoria non-violento che è fra i promotori e gli organizzatori del movimento BDS (https://en.wikipedia.org/wiki/Omar_Barghouti). Benché nato in Qatar ed educato in Egitto e negli Stati Uniti, si proclama palestinese (come se io mi dicessi polacco perché la famiglia di mia madre era di Lodz, deve ella è nata) e in effetti è venuto a vivere in Israele grazie al matrimonio con un’araba israeliana; ma solo per “lottare” contro lo stato che lo ospita. Barghouti è stato arrestato l’altro giorno per una gigantesca evasione fiscale organizzata intorno alla sua attività politica (non si sa se l’evasione finalizzata all’attività politica o viceversa: http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Co-founder-of-BDS-movement-arrested-in-Israel-for-tax-evasion-48484). Certamente il suo problema con la giustizia fiscale la dice lunga sulla sua moralità e sull’obbedienza che ritiene di dovere alle leggi (http://www.thetower.org/4743-founder-of-anti-israel-boycott-campaign-arrested-for-tax-evasion/).
Assai più grave, ma non meno significativo è il caso del deputato Ghattas, che appartiene allo stesso partito comunista arabo di Zoabi e Bishara. Scoperto qualche mese fa, come vi ho raccontato e forse ricorderete (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=64839), mentre si avvaleva delle sue prerogative di parlamentare per rifornire clandestinamente di telefoni cellulari e altri materiali pericolosi per la sicurezza dei terroristi detenuti, prima ha cercato di negare tutto, poi si è atteggiato a perseguitato perché il parlamento israeliano gli ha tolto l’immunità parlamentare consentendo alla giustizia di fare il suo corso, poi ancora ha cercato di spiegare che il suo era un gesto umanitario, probabilmente finalizzato a dare ai terroristi detenuti un po’ di innocente svago. Infine l’altro giorno ha patteggiato col giudice una pena molto indulgente (dimissioni dal parlamento e due anni di carcere: http://www.israelhayom.com/site/newsletter_opinion.php?id=18669). Il minimo che si può dire è che ben gli sta. Ma chi lo sostituirà in quanto primo non eletto, un altro esponente do Balad di nome Juma Azbarga, non sembra granché meglio di lui (http://www.timesofisrael.com/new-lawmaker-sworn-in-to-knesset-to-replace-arab-mk-who-smuggled-phones/).
Israele ha un problema, non tanto con la sua popolazione araba, quanto con la dirigenza di questa, altamente ideologizzata e senza rispetto per la legge, perché ritiene, come ha detto Ghattas, di essere in politica “non per lavorare [a favore dei suoi concittadini], ma per lottare”. C’è una forte incoerenza fra l’”orgoglio di essere israeliani”, che è diffuso nella popolazione araba, come indicano i sondaggi, e lo spirito di tradimento comune a questi deputati (e anche a certi leader religiosi: http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Northern-Islamic-movement-leader-Raed-Salah-released-from-prison-478685). Ma è la democrazia e Israele non intende rinunciarvi anche se costa cara.
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