Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/03/2017, a pag. 34, con il titolo "Quelle pietre segnate dalla fede: così rinasce il Santo Sepolcro", il commento di Alberto Stabile.
L'Alberto Stabile che preferiamo, solo cronaca, nessun commento.
Alberto Stabile
L'interno del Santo Sepolcro
HANNO lavorato per nove mesi soprattutto di notte per lasciare che i pellegrini continuassero a visitare il Santo Sepolcro di giorno. Hanno scandagliato, rivoltato, analizzato e classificato ogni singola pietra alla ricerca di qualsiasi segnale che potesse aggiungere un elemento nuovo, di conferma, o di smentita del fatto che quella specie di cappella chiamata Edicola, al centro della Chiesa del Santo Sepolcro, è la tomba di Gesù Cristo. Alla fine, ovviamente, la prova certa e definita non è stata trovata, non era questa la finalità dei lavori eseguiti, ma è arrivata la certezza che tutto quanto esiste e viene venerato da quasi venti secoli come il sepolcro di Gesù, è perfettamente coerente e in linea con la tradizione della cristianità. Lo scopo della missione tecnica e archeologica che ha concluso lunedì scorso i suoi lavori era di restaurare l’Edicola, all’interno della quale è presente la tomba, dopo un ritardo di due secoli dovuto a vecchie diatribe fra le tre principali confessioni cristiane, la cattolica, la greco-ortodossa e l’armena, cui spetta la gestione dei luoghi santi in base al decreto di Status Quo emanato dalla Sublime porta nel 1852.
L'esterno del Santo Sepolcro
Ma poi, rapidamente, la macchina s’è messa in moto e i vetusti portali di legno della Basilica erano stati aperti ad una delegazione dell’università Tecnica Nazionale greca guidata dalla professoressa Antonia Moropoulou, un’esperta di chiara fama. Nove mesi dopo e una spesa di tre milioni e trecentomila dollari, cui con una donazione personale ha contribuito anche il re di Giordania Abdallah II, l’ Edicola è stata restituita ai visitatori. Le fondamenta irrobustite e isolate da ogni possibile fonte di umidità. Ma soprattutto quel che resta dell’originaria sepoltura di Cristo, sopravvissuta a guerre, terremoti, incendi e distruzioni è ora visibile nella sua semplice, austera bellezza. La grata di ferro costruita a sostegno della tomba durante il mandato britannico è stata asportata in quanto inutile. La lastra di pietra di Gerusalemme, della grandezza di un metro e cinquanta per novanta centimetri che ricopriva la nicchia scavata nella roccia dove venne deposto il corpo di Cristo, è ora accessibile. Restaurare la lapide è stato forse il momento più emozionante dell’intero restauro. Appena sollevata, ha raccontato la professoressa Maropoulou, è emerso che a tomba era piena di materiale di risulta. Ma, sorpresa, ecco affiorare una seconda lastra di pietra sbrecciata in un angolo proprio vicino ad una piccola croce scolpita nel marmo, quasi una firma dell’epoca crociata in cui sarebbe stata posata questa seconda lapide.
Adesso tutto sarà più logico e apprezzabile per il visitatore. Una apertura praticata su un muro mostra le pareti di roccia della caverna dove si trovava la nicchia che fu il letto di morte di Gesù. Era questo un luogo di tombe, un cimitero, il Golgotha (il posto dei teschi) e come dicono i Vangeli Giuseppe di Arimatea, un ricco mercante ebreo che aveva scelto di seguire Gesù, aveva in quei pressi una tomba di famiglia. Per questo, nella zona dove sarebbe sorto il santo Sepolcro di tombe ne sono state scoperte una decina. Ma quella fu l’unica destinata a ricevere un uomo solo.
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