Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 22/03/2017, a pag. 22, con il titolo "Heidegger, dall'errore fatale alla resa dei conti sul nazismo", la recensione di Riccardo De Benedetti.
Riccardo De Benedetti fa il punto sul dibattito su Martin Heidegger e l'antisemitismo, esploso dopo la pubblicazione dei "Quaderni neri", in cui esce allo scoperto l'antisemitismo del filosofo. Come sottolinea De Benedetti, i danni prodotti dalla riflessione di Heidegger sono enormi e irreversibili, l'obiettivo oggi dovrebbe essere trovare il coraggio di affermarlo. IC ha affrontato l'argomento a più riprese (per esempio http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=65017), ricordando tra l'altro le tesi di Donatella Di Cesare, già vice presidente della Fondazione tedesca titolata a Heidegger , e una dei diffusori - insieme a Gianni Vattimo- del 'pensiero' del filosofo di Hitler in Italia.
Ecco l'articolo:
Riccardo De Benedetti
La copertina (Morcelliana ed.)
Forse si è già detto da molte parti. Ma la questione "Heidegger e gli ebrei", o, come dice il titolo del libro di François Fédier, "il mondo ebraico , è destinata a rimanere del tutto irrisolta. Alimenterà un discorso perpetuo, per dirla alla Maurice Blanchot, sarà "un infinito intrattenimento". Da prendersi alla lettera: un fermarsi, prendere tempo e aspettare. Cosa? Ormai le carte sono quasi tutte disponibili, in originale e in traduzioni quasi in ogni lingua. Lettere, brogliacci, appunti, testimonianze, conversazioni, mancano le liste della spesa e le bollette del telefono di Heidegger nella hütte della Foresta Nera e poi avremo tutto. Non so se la famiglia avesse un libro degli ospiti sui quali far vergare ai visitatori il loro passaggio sul sentiero di campagna. Questo per dire, lievemente, che tutto della vicenda relativa alla compromissione grave del grande filosofo tedesco con l'hitlerismo ha deposto, può deporre, deporrà, a suo svantaggio.
La ricostruzione di questa compromissione sarà motivo di confronto negli anni a venire e non per decidere una volta per tutte quanto Heidegger sia o meno nazista, bensì per capire quanto la sua filosofia sia ancora rilevante e influente. Non fa eccezione il volumetto di Fédier che dirige l'edizione francese delle opere complete di Heidegger. Raccoglie testi diversi, una volta si sarebbe detto "occasionali", ma trattandosi di Heidegger niente è ormai più occasionale, conversazioni e riflessioni sparse tra cui una notevole, per impegno teorico, dedicata allo spazio e al tempo.
Heidegger il nazista
Fédier non è l'ultimo venuto sulla scena della discussione, un po' per il suo ruolo, molto perché già nel 1998 aveva curato la raccolta completa degli scritti "politici" di Heidegger (edita in Italia da Piemme) e quindi il problema dell'antisemitismo di Heidegger era ben presente anche sul versante, decisivo, della sua testimonianza testuale e non solo della sua interpretazione teorica. A ingarbugliare la situazione, infatti, c'è che in tutta la diatriba, portata avanti ormai con significativo dispendio cartaceo, sono diversi i livelli sui quali si gioca la partita. Il desiderio di incastrare definitivamente Heidegger, dove definitivamente significa una volta per tutte, è motivato da preoccupazioni diverse e non sempre rivolte seriamente alla comprensione del suo pensiero. Anzi, l'impressione è che siano in corso veri e propri regolamenti di conti tra prospettive culturali e filosofiche che su Heidegger hanno, a suo tempo, investito buona parte della loro influenza.
La copertina del libro di Emil Fackenheim (Medusa ed.)
Intanto il radicamento della sua filosofia sul terreno ontologico: l'ente uomo, per buona parte della riflessione filosofica attuale, non ha alcuna prestazione ontologica. Pura immanenza, quando non materia esclusivamente nervosa, può porre il significato della sua storia nella mera ricerca della sopravvivenza dentro un universo cosmologicamente privo di significato. Per Heidegger è questa impostazione a non aver senso. Chiamando la filosofia a interrogarsi su questa dimensione Heidegger deve individuare un soggetto che accolga il compito di rispondere alla domanda anche sul piano della contingenza storica. Lo trova nel popolo tedesco e fallisce, incapace di comprendere che la dimensione ontologica dell'uomo non può ignorare le conseguenze storiche dell'agire politico che produce, e soprattutto non può illudersi di consegnare a un popolo esclusivo un compito che trascende ogni dimensione territoriale e linguistica. E gli ebrei, in tutto questo pasticcio? Basterebbe leggere qualche pagina del libro di Emil L. Fackenheim Tiqqun. Riparare il mondo (Medusa), nel quale il confronto con Heidegger è costante, per rendersi conto che le insufficienze della sua filosofia hanno prodotto danni irreversibili, la cui riparazione, però, non può essere fatta solo liquidando il suo pensiero nella discarica della storia. E un po' quello che dice Fédier.
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