Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/03/2017, a pag. 10, con il titolo "'Armi chimiche sui civili a Mosul': l'ultima atrocità dell'Isis in rotta", la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Terroristi Isis presso Mosul
L’Isis sta usando le armi chimiche, nel tentativo disperato di fermare l’offensiva che lo sta cacciando da Mosul. Lo confermano fonti dell’Onu impegnate nei soccorsi delle vittime di questa battaglia decisiva per il futuro del Califfato.
Solo lunedì nelle strutture sanitarie di Erbil, la capitale della zona settentrionale dell’Iraq controllata dai curdi, sono stati ricoverati due civili con i sintomi tipici della contaminazione da iprite. Sono solo gli ultimi di una serie, che dall’inizio del mese di marzo ha fatto registrare almeno una quindicina di casi. La novità delle ultime vittime è che vengono dalla zona occidentale della città, cioè quella dove l’Isis sta montando la sua ultima resistenza. Questo potrebbe significare che l’offensiva lanciata su Mosul sta raggiungendo i suoi scopi, e il Califfo sta tentando il tutto per tutto per fermarla, senza scrupoli per le vittime civili, che anzi vengono prese di mira proprio per rallentare l’avanzata.
Nelle settimane scorse le squadre dell’Onu che conducono le ispezioni per neutralizzare la minaccia delle mine si erano imbattute in quello che aveva tutte le caratteristiche del laboratorio per la produzione delle armi chimiche. Si trovava nella zona delle rovine di Ninive, quindi nello stesso tempo vicino al teatro dei combattimenti, ma nascosto. Gli esperti hanno avviato subito le loro analisi, ma avevano pochi dubbi sulla natura della struttura.
Quasi negli stessi giorni, sono stati denunciati i primi casi documentati di uso delle armi chimiche a Mosul. All’inizio di marzo alcuni razzi sono stati lanciati nei quartieri orientali delle città, cioè quelli presi di mira per primi dall’offensiva per scacciare l’Isis. I vettori sono atterrati nei distretti di Al Zuhur, al Mishraq, e nell’area della stazione settentrionale degli autobus.
Le vittime, in prevalenza civili, mostravano i sintomi di chi era stato investito dal gas mostarda, e questo confermava i sospetti suscitati dalla scoperta di Ninive. Il Califfato in sostanza ha sviluppato la capacità di costruire armi chimiche, forse proprio grazie ai quadri sunniti dell’ex esercito di Saddam Hussein, che dopo la caduta del suo regime sono passati prima con al Qaeda in Iraq, e poi con l’Isis.
L’iprite era comparsa sul campo di battaglia e i casi si ripetevano con una certa frequenza. Quasi sempre civili, a dimostrazione del fatto che l’Isis la usava per terrorizzare la popolazione e colpire indiscriminatamente chiunque potesse minacciarla. In principio gli attacchi avvenivano nella zona orientale, quella ripresa dalle forze irachene, aiutate da curdi e americani. Ora si stanno spostando in quella occidentale, in teoria ancora nelle mani del Califfato, che quindi non dovrebbe avere interesse a colpire le persone che ancora controlla. A meno che l’offensiva non sia arrivata alla spallata finale, spingendo la popolazione a ribellarsi, e quindi l’Isis reagisce con tutti gli strumenti a sua disposizione.
Queste notizie non circolano molto facilmente, per almeno due motivi. Il primo è che lanciare l’allarme per la presenza di armi chimiche sul campo di battaglia potrebbe frenare l’offensiva finale; il secondo è il rischio che questi attentati terroristici si ripetano poi anche fuori dal teatro delle operazioni militari.
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