Riprendiamo dalla STAMPA online, con il titolo "Perché il Museo della follia non è il posto giusto per Adolf Hitler", l'analisi di Vittorio Pavoncello. L'articolo integrale è stato pubblicato su ECAD (http://www.voltapagina.name/editoriale.html)
http://www.lastampa.it/2017/03/16/societa/perch-il-museo-della-follia-non-il-posto-giusto-per-adolf-hitler-bB3cFftT3PjV6J2FQ9oYlM/pagina.html
Il quadro di Adolf Hitler esposto in mostra presso il Museo di Salò
Sicuramente come è giusto e buona prassi prima di esprimere un giudizio o prendere una posizione si dovrebbe aver visto, letto o ascoltato, purtroppo questo non mi è stato ancora possibile. Però non ritengo che sia completamente sbagliato rispondere ad una notizia. Tanto più se la comunicazione nel pubblicizzare la mostra "Museo della Follia. Da Goya a Bacon" - a cura di Sgarbi al Museo di Salò, si avvale di ciò che non avrebbe dovuto esserci, né come opera né come opera trainante la mostra. Poiché ritengo che sia estremamente indecoroso esporre un dipinto di Hitler all’interno di una mostra sulla follia. E il curatore cade su una delle tante bucce di una “repubblica delle banane” come è ormai diventata la nostra Repubblica Italiana nei confronti del nazifascismo. Un museo della follia pensato anche come museo itinerante è una operazione molto interessante, inserirci invece, un dipinto di Hitler è sbagliato e scorretto per alcuni motivi di cui il curatore avrebbe dovuto tener conto. In un libro molto stimolante “Il Girasole” Simon Wiesenthal narra di un episodio accadutogli mentre era prigioniero in un lager.
Un giovane nazista del reparto delle Einsatzgruppen, in fin di vita per l’esplosione di una granata, chiede che gli sia portato un ebreo perché vuole che un ebreo gli perdoni i delitti che ha commesso. Anche Wiesenthal è giovane ed è sorpreso dalla strana richiesta. E ricorda che pochi giorni prima, durante una marcia, ha visto un cimitero con un campo di girasoli. Wiesenthal pensa che il nazista sappia che alla sua morte sarà sepolto in quel campo di girasoli continuando a godere della luce del sole, mentre per lui, vittima del lager, ci sarà il buio di un forno crematorio. Perché raccontare questo episodio di uno dei tanti lager voluti da Hitler? Perché la mostra "Museo della Follia. Da Goya a Bacon" - a cura di Sgarbi, realizzata da Cesare Inzerillo, Sara Pallavicini, Giovanni Lettini, e Stefano Morelli al Museo di Salò, nell’esporre il quadro di Hitler insieme a tanti acclamati ed osannati artisti ha inserito l’artista Hitler in un campo di girasoli che è la mostra stessa. I curatori, citando lo stesso Hitler che si riteneva un’artista prima di essere un politico, gli hanno reso un omaggio che neanche il Führer aveva mai osato fare a se stesso: inserirsi in una grande mostra insieme ai nomi più grandi della pittura mondiale. Sebbene “Il Grande Dittatore” venga messo in una mostra sulla follia e identificato come folle sta però insieme a tanti altri artisti che della follia non hanno fatto un sistema politico e di sterminio razzista.
Conta veramente poco che il critico Sgarbi si esprima dicendo che da un punto di vista artistico: “è una cagata, è un quadro di un disperato, potrebbe essere stato fatto da Kafka, dice molto della sua psiche: qui non si vede la grandezza, qui si vede la miseria". E viene allora da chiedersi, visto che è stato associato a Hitler, il giudizio di Sgarbi su Kafka è di non avere grandezza ma solo miseria? I disegni di Kafka sono delle cagate? Continuando però sull’opera di Hitler, per dirla ancora con le parole del critico, il critico ha sbagliato cesso! Perché non era proprio lì che andava depositato il quadro di Hitler. Perché il museo di Sgarbi non è un Museo della Merda – che fra l’altro esiste ed ha una sua dignità - ma un Museo della Follia, che accosta impunemente Goya – si, Goya, proprio quello delle fucilazioni - a Hitler.
“Le cagate” in una mostra il curatore le rifiuta, e se proprio le deve accettare, poiché non fanno parte del suo discorso estetico o gusto, le può inserire in un senso storico ma stiamo parlando sempre di artisti e non di dittatori che avevano istituito il progetto T4 volto allo sterminio di tutte le persone con disabilità e con disabilità psichica. Queste cose una mostra che mette in bella mostra un dipinto di Hitler dovrebbe dirle. E spero vivamente che lo abbia fatto. Come dovrebbe dire che anche parte degli artisti che sono presenti nella mostra “etichettati come folli” non ci sarebbe stati se il nazismo avesse allora trionfato, perché Hitler li avrebbe fatti gasare negli stessi manicomi che li avrebbero dovuti ospitare. Permettere, quindi, che Hitler possa essere esposto come artista in una mostra di folli e artisti non ci sta bene da nessuna parte. Anche se inserito nella sezione della mostra sui dittatori folli e per il quale sarebbe stata sufficiente una foto di Hitler.
Andava bene anche una delle tante foto della sua stessa propaganda ma non un quadro dell’artista mancato Adolf Hitler! Perché Hitler non era un artista come lo stesso curatore dice, eppur lo espone! ma per di più non era neanche un folle. E’ troppo semplice e troppo comodo etichettare il nazismo e il fascismo come l’impresa di due folli. Il nazismo e il fascismo erano fatti da persone, da staff, da assemblee, da Consigli di Stato e riunioni di Partito. Non erano dei pazzi isolati, che con le loro idee hanno sedotto e trascinato le società del tempo alla guerra e ad efferati crimini come ormai è ben noto. Vedere il nazismo come l’opera di un folle è scorretto e demagogico. Un sistema che si espresse con ampio consenso all’interno del paese e con alleanze con altre paesi non può essere folle ma è politico. Un folle può commettere da solo un omicidio o una strage ma non può ordinare che altri le commettano, poiché quella non si chiama più follia ma ideologia, politica, fede e storia dell’umanità. Si, storia dell’umanità, perché per quanto atroce possa essere stato ciò che il nazismo ha attuato è stata l’opera di un uomo e di uomini. E Norimberga non è stato un tribunale psichiatrico ma un tribunale militare e di guerra che non ha emesso verdetti per incapacità di intendere e volere ma al contrario per atti coscienti e rubricati per la prima volta nella storia come crimini contro l’umanità. Ecco, sarebbe interessante che Sgarbi istituisse un Museo dei Crimini Contro l’Umanità e là esponesse il quadro di Hitler come una testimonianza dei crimini contro l’umanità. E là, in quel luogo, il critico si esprimesse dicendo che: da un punto di vista artistico il crimine contro l’umanità “è una cagata”.
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