Un nuovo grido d’allarme
di Michelle Mazel
“Una Francia sottomessa: Le voci del rifiuto”
Opera collettiva diretta da Georges Bensoussan.
Editore: Albin Michel
2017
La copertina
Esattamente quindici anni fa, sotto falso nome, Georges Bensoussan pubblicava: “I territori perduti della Repubblica”. Un gruppo di insegnanti, anch’essi sotto pseudonimo, raccontavano il loro lavoro quotidiano in certe periferie: islamismo, sessismo e antisemitismo. Se questa volta Bensoussan non ha esitato a porre il suo nome sulla copertina di questo nuovo libro shock, è perché il problema non fa che peggiorare, la maggior parte dei testimoni che vi hanno collaborato “sono stati camuffati sotto la maschera di pseudonimi” spiega Elisabeth Badinter nella prefazione, ed aggiunge: “Oggi in Francia, si ha paura di parlare apertamente, tanto si temono, e a ragione, gli insulti, le rappresaglie professionali e persino le violenze fisiche che potrebbero seguirne”.
Georges Bensoussan
Nell’introduzione, gli autori che hanno avuto il coraggio di firmare quest’opera, si interrogano: “Saremo etichettati come razzisti, islamofobi, pompieri piromani?” Parole profetiche poiché Bensoussan è stato davvero accusato di “incitamento alla discriminazione, all’odio o alla violenza nei confronti della comunità musulmana”. Per fortuna poi, è stato rilasciato.
“Una Francia sottomessa”, riporta il titolo. E’ un’affermazione inquietante, abbondantemente confortata poi dai lucidi resoconti provenienti da deputati della Repubblica, da medici e insegnanti che raccontano le proprie esperienze. “E’ la nostra debolezza che li rende più forti!” insorge il sindaco di un comune del dipartimento degl’Yvelines (nella regione dell’Ile-de-France), che sottoposto ad incessanti pressioni, si domanda: “Da quando in qua, aver paura di un reale pericolo significa essere razzisti?” Anche un medico che lavora a Saint Denis si pone delle domande: “In nome della convivenza, è proprio necessario avere a che fare con quelli che ci respingono?”, e mette in evidenza il ricatto dell’islamofobia per ottenere dei privilegi, l’odio per il francese e quello per l’ebreo che ormai sono alla luce del sole, e l’assenza di reazioni per la paura: “Adesso, mi dicono alcuni pazienti, non possiamo più dire niente per paura di essere tacciati di essere razzisti, islamofobi… Certi hanno decisamente paura.”
Una funzionaria della Prefettura parla del rifiuto di stringerle la mano, di mettere in dubbio dei valori della Repubblica, della credenza in un “complotto islamofobo” , del clientelismo sovrano. Un’assistente sociale vive ogni giorno nel terrore, riferisce la “pressione della minoranza comunitaria su una maggioranza silenziosa” e soprattutto il “rifiuto dei valori occidentali moderni” in un contesto di abbandono da parte della Repubblica. E la polizia? “La polizia ha imparato a tacere, per non essere accusata di razzismo” risponde un anziano, ex responsabile della Polizia Giudiziaria, che non esita a dare il suo nome. Più prudente un Professore di storia e geografia, che vuole restare anonimo, ammette: ”la laicità, una parola grossa per ben poca cosa”. “La lettura delle testimonianze accumulate in quest’opera è estenuante. Suscita stupore, angoscia, collera, una sensazione d’impotenza … Di fronte a tutto questo la Repubblica appare così debole… Dando la parola a questi testimoni spesso anonimi… Questo libro autorizza la maggioranza silenziosa a denunciare la minoranza prepotente.” Quest’appello ad un guizzo di civismo verrà ascoltato?
Michelle Mazel