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La Stampa Rassegna Stampa
14.03.2017 Egitto: Mubarak torna libero
Cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 14 marzo 2017
Pagina: 15
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Mubarak torna libero, si chiude il cerchio della Primavera egiziana»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/03/2017, a pag. 15, con il titolo "Mubarak torna libero, si chiude il cerchio della Primavera egiziana", la cronaca di Francesca Paci.

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Francesca Paci

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Hosni Mubarak

C’è chi lo considera il male assoluto e chi non ha mai smesso di rimpiangerlo, chi vede nella sua resilienza di 89enne la nemesi di una giovane rivoluzione dissipatasi in pochi mesi e chi ne vagheggia la vendetta evocando il nome del figlio Alaa per la successione al regno di al Sisi. Ora che il procuratore generale egiziano Nabil Sadeq ha ordinato il rilascio dell’ex presidente Hosni Mubarak il cerchio sembra chiudersi sulla Storia della più iconica delle primavere arabe. Mentre da piazza Tahrir scompaiono anche gli ultimi murales del 2011 e il traffico torna a regnare sulla rotonda occupata allora dalle tende degli attivisti, il legale del Faraone, Farid el Dib, annuncia che il suo assistito potrebbe uscire nel giro di un paio di giorni dall’ospedale militare di Maadi in cui era recluso.

Il 2 marzo scorso Mubarak, deposto l’11 febbraio del 2011 dopo due settimane di proteste, è stato prosciolto dall’accusa di aver fatto sparare sui manifestanti con la quale 5 anni fa gli era stato attribuito l’ergastolo. Restano in piedi i processi per corruzione e malversazioni (nel 2015 è stato condannato con i due figli a tre anni di prigione e una multa di 125 milioni di sterline), ma i giudici hanno accolto la richiesta di rilascio dell’avvocato in virtù della pena già scontata. Il fu raiss non può uscire dal Paese ma, appena la salute glielo permetterà, potrà tornare nella vecchia residenza di Heliopolis dove lo attende la moglie Suzanne.

«Siamo retrocessi alla casella di partenza, la restaurazione è compiuta» commenta l’ex ragazzo di Tahrir Mohammed, per niente sorpreso dalla notizia. Passo dopo passo, a cominciare dalla cacciata dell’ex presidente Mohammed Morsi nel 2013 da parte dei generali in quel momento sostenuti dalla piazza anti-islamista, il potere è tornato nelle mani dell’esercito, il popolo del trentennale Faraone Mubarak del quale al Sisi era stato capo dell’intelligence militare. Morsi invece resta in carcere, così come la leadership dei Fratelli Musulmani e centinaia di loro sostenitori, di cui molti gravati dalla condanna a morte per terrorismo. Ma restano in carcere anche centinaia di attivisti liberal, finiti in nome della sicurezza nella morsa di una repressione che Amnesty International ha definito «senza precedenti».

Che Mubarak con il suo stato d’emergenza lungo 30 anni fosse stato archiviato in un passato meno indigesto del presente e dunque riproponibile lo suggeriva già il fatto che i cartelli contro di lui fossero scomparsi dal marciapiede di fronte all’ospedale di Maadi da molto prima che non si potesse più manifestare per la strada. Il problema però è proprio il presente di un paese abbandonato dagli imprenditori, dai turisti, dai sognatori. L’Egitto attraversa una fase di profonda depressione, in cui le promesse legate agli investimenti stranieri prossimi venturi (a partire dal nuovo giacimento di gas Zohr) non bastano a tamponare la crisi che ha messo ko la classe media con i prezzi del pane, l’elettricità e la benzina schizzati alle stelle dopo la svalutazione della sterlina. Assai più dell’endorsment di Putin c’è il prestito triennale di 12 miliardi di dollari concesso dal Fondo Monetario Internazionale a far respirare il Paese messo in ulteriore difficoltà dal raffreddamento dei rapporti con l’Arabia Saudita. Ma l’umore è nero. Al punto che nella pancia del paese ma anche nella borghesia esangue si percepisce una nostalgia per le figure di riferimento, il vecchio re, Nasser, il Faraone.

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