Riprendiamo dal TEMPO di oggi, 09/03/2017, a pag. 14, con il titolo "Legge per vietare il richiamo alla preghiera", il commento di Francesca Musacchio; dal MANIFESTO, a pag. 8, con il titolo "Muezzin di notte 'rumorosi'. Legge per silenziarli", il commento di Michele Giorgio.
Entrambi gli articoli utilizzano parole che disinformano. Quella che sarà votata alla Knesset non è "una legge per vietare il richiamo alla preghiera", come scrive Francesca Musacchio, ma solo per abbassare il volume degli altoparlanti (soltanto di notte oppure tutto il giorno: sono due le proposte di legge che verranno discusse e votate). La legge, inoltre, non riguarda soltanto i minareti ma qualsiasi genere di altoparlanti.
Michele Giorgio lamenta la cancellazione della tradizione presente da 1400 anni del richiamo alla preghiera musulmano 5 volte al giorno. Il suo è il consueto articolo di disinformazione e attacchi unilaterali a Israele, che Giorgio giunge a definire "Terra Santa". Ma Il Manifesto non si definisce giornale laico?
Per finire, ha senso ricordare la preghiera attraverso sistemi spacca timpani? se una persona è religiosa, non dovrebbe decidere da sola quando è il momento in cui dovrebbe pregare? perchè urlarlo a tutti ? E' quindi dovere di uno stato laico tutelare i propri cittadini, Israele lo è, per cui ci auguriamo che la legge venga approvata quanto prima.
Ecco gli articoli:
IL TEMPO - Francesca Musacchio: "Legge per vietare il richiamo alla preghiera"
Francesca Musacchio
Gli altoparlanti spacca timpani di un minareto
I muezzin in Israele potrebbero avere i giorni contati. Ieri il Parlamento ha approvato in prima lettura due progetti di legge per limitare il richiamo alla preghiera islamica nelle città del Paese per non disturbare la quiete pubblica. I testi dovranno passare altre due letture alla Knesset prima di diventare legge effettiva, ma le tensioni con il mondo islamico si fanno di giorno in giorno sempre più dure. Già a febbraio il governo di Benjamin Netanyahu aveva annunciato il proprio sostegno ai provvedimenti scatenando l'ira dei palestinesi e non solo. La «legge del muezzin», così come è state definite, rischia infatti di creare ulteriori fratture proprio nel momento in cui gli Stati Uniti sembrano sempre più intenzionati a trasferire la loro ambasciata daTel Aviv a Gerusalemme. Il progetto dovrebbe concretizzarsi entro fine maggio, intanto il voto di ieri ha suscitato dure reazioni dei deputed arabo israeliani.
Al vaglio del Parlamento, infatti, ci sono due versioni del provvedimento, una sola delle quali verrà approvata. Entrambe, però, puntano a ridurre, e in alcuni casi eliminare, il richiamo alla preghiera del muezzin che, cinque volte al giorno, dalla moschea invita i fedeli alla preghiera attraverso un altoparlante. Una pratica che, per gli occidentali in visita nei Paesi musulmani, spesso assume anche un carattere pittoresco. Un rito che inizia all'alba, quando l'Islam è chiamato a riunirsi in moschea per la prima preghiera e termina la sera, con l'ultimo invito a ridosso del tramonto.
Adesso, però, Israele non sembra più disposta a tale concessione. In una delle leggi in discussione, quella portata avanti dal partito Likud del premier Benyamin Netanyahu, con l'appoggio della destra filo-coloni di Focolare Ebraico, si vuole vietare che i muezzin usino proprio gli altoparlanti per richiamare i fedeli alla preghiera fra le 23 e le 7 del mattino. In caso di violazione la pena prevista dallla legge è il pagamento di una multa di 10mila shekel (circa 2570 euro). Nell'altra proposta, portata avanti dal partito nazionalista Israel Beytenou del ministro della Difesa Avigdor Lieberman, il richiamo alla preghiera da parte del muezzin è invece totalmente bandito. Entrambe le leggi, sulle quali a novembre scorso si era già espresso negativamente Abu Mazen, il presidente palestinese, hanno ottenuto 55 voti a favore sui 120 deputati della Knesset.
IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Muezzin di notte 'rumorosi'. Legge per silenziarli"
Michele Giorgio
La Knesset, il Parlamento israeliano
In Terra Santa il muezzin chiama alla preghiera i musulmani cinque volte al giorno dal 637, quando il patriarca greco-ortodosso Sophronius firmò l'accordo con il califfo Omar che sancì il controllo islamico sulla regione. Nel 2017 dovrà farlo a voce bassa, tra le 23 e le 7 del mattino. O forse sempre. Dipenderà dall'approvazione del testo definitivo del disegno di legge votato ieri in prima lettura dalla Knesset. Dopo 1.400 anni qualcuno ha deciso di risolvere l'inquinamento acustico che sarebbe «provocato» dalle moschee.
La gente, secondo i deputati promotori, ha il diritto di dormire, riferendo della levataccia alla quale all'alba sarebbero costretti gli israeliani ebrei che abitano in Galilea disseminata (ahimè) di centri abitati arabi e decine di moschee. In 69 anni dalla fondazione dello Stato di Israele nessuno aveva denunciato il «dramma», finchè non sono intervenuti i parlamentari Robert Ilatov, Oded Forer, Yoav Kisch e Moti Yogev, paladini del sonno tranquillo.
In Israele la legge già prevede che, in caso di disturbo alla quiete pubblica, le autorità possano punire i trasgressori. Se c'è l'altoparlante di una moschea con un volume troppo alto la polizia può ordinare di tenerlo basso. Forer, Yogev e Ilatov invece vogliono una legge ad hoc, che qui chiamano il «Muezzin Bill». Ieri sono state approvate due versioni del provvedimento. Il primo di Ilatov e Forer, del partito di estrema destra Yisrael Beitenu, sostiene che il volume degli altoparlanti dei luoghi di preghiera sarebbe «irragionevolmente forte» e causa di grave disturbo, quindi è da tenere basso, al minimo. La seconda versione, proposta da Yogev (Casa ebraica) e Kisch (Likud), vieta a tutti i luoghi pubblici di culto di utilizzare i sistemi di altoparlanti tra le 23 e 7 del giorno successivo e prevede multe fino a 10.000 shekel (circa 2.600 euro).
Si parla di luoghi di culto ma è evidente che la legge riguarda solo le moschee, visto che in quella fascia oraria solo il muezzin chiama alla preghiera con gli altoparlanti. E salva la sirena dello shabat che entra in azione al tramonto. Ieri alla Knesset, che lunedì aveva approvato la legge anti-Bds, si è quasi arrivati alle mani, con i deputati arabi (palestinesi con cittadinanza israeliana) Ahmed Tibi e Ayman Odeh della Lista Araba Unita che hanno stracciato una bozza del provvedimento accusando di «razzismo» i promotori. Odeh ha avvertito che i cittadini arabi non rispetteranno la legge se sarà approvata.
Di regolamenti non applicati ha parlato ieri il centro dei diritti umani B'Tselem che ha denunciato, in un suo rapporto, come negli ultimi venti anni Israele abbia adottato misure per sottrarsi ai suoi obblighi di fronte al diritto internazionale e per non pagare alcun risarcimento a palestinesi innocenti danneggiati dalle sue forze di sicurezza. B'Tselem riferisce di un forte calo nel numero delle denunce presentate dai palestinesi a causa dell'archiviazione nel 95% dei casi da parte della magistratura militare.
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