Riprendiamo da SHALOM di febbraio 2017, a pag. 32, con il titolo "La razza nemica, una mostra da non perdere", il commento di Rebecca Mieli.
La locandina della mostra
Dal 30 Gennaio al 7 Maggio 2017 la sede museale della Fondazione Museo della Shoah, Casina dei Vallati, ospita un’inedita mostra storico-documentaria: “La razza nemica, la propaganda antisemita nazista e fascista”. Curata da Marcello Pezzetti e Sara Berger, l’esposizione mira allo studio della propaganda antisemita fascista e nazista, lasciando agli ospiti l’onere di comprendere la pervasività della macchina propagandistica degli anni Trenta e Quaranta. Il percorso propone uno sguardo all’evoluzione dell’antisemitismo in Europa dall’inizio del ‘900 alla Seconda Guerra Mondiale. Sono presenti immagini, poster originali, oggettistica e materiale audiovisivo risalente all’epoca delle due dittature, ma anche precedente, poiché per comprendere la stereotipizzazione dell’ebreo non si può non guardare indietro, agli albori dell’antisemitismo.
Le immagini e i manifesti rappresentano le diverse stereotipizzazioni dell’ebreo, il bolscevico e il capitalista, l’ebreo spione e taccagno, fino ad arrivare alla questione biologica e genetica, che hanno portato alla resa scientifica delle teorie razziste e antisemite. La trasformazione della “minaccia ebraica” viene egregiamente rappresentata dalle numerose copertine di giornale, dai video e dai manifesti di pellicole come “Sus l’Ebreo” di Veit Halan (1949), originale donata da un collezionista, e “L’Ebreo errante”, una delle opere più violente ereditate dalla propaganda antisemita del Terzo Reich. “La propaganda antisemita non viene affidata solo ai mezzi di comunicazione di massa...” spiegano i curatori. “E’ rintracciabile nei volantini come sulle cartoline, nei francobolli come sugli adesivi, sui libretti dell’assicurazione medica, dove veniva riportata la scritta: ‘evitate medici ebrei’, negli oggetti che si utilizzano tutti i giorni, come i fiammiferi, e persino nei giochi dei Lunapark”.
La propaganda antiebraica non è un prodotto esclusivamente tedesco, l’Italia ha contribuito alla produzione di materiale mediatico antisemita, in particolare per quanto riguarda la rivista “La difesa della razza”, pubblicata nel 1938. L’esposizione si sofferma su un particolare raccapricciante della propaganda antisemita: quella diretta ai bambini. Cartoni animati, giochi da tavolo e prodotti per ragazzi sono stati contaminati dal barbaro razzismo e antiebraismo tedesco ed italiano, come dimostrano i video esposti grazie ai quali ci si trova immersi in una realtà agghiacciante. Gran parte del materiale esposto proviene dalla collezione privata di Wolfgang Haney, proprietario della più vasta collezione di oggetti relativi al periodo nazista. Il resto della documentazione proviene dalla Biblioteca Bundesarchiv e da alcune delle più importanti emeroteche nazionali tedesche. I documenti relativi alla propaganda italiana provengono dall’Istituto Luce e dall’Archivio Centrale dello Stato, dagli archivi RAI e dalla Biblioteca Nazionale (oltre che da collezionisti privati).
Di primaria importanza è anche il materiale messo a disposizione dalla Fondazione Museo della Shoah di Roma e dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano. La mostra è un importante collegamento tra l’orrore della Shoah e la quotidianità, poiché riesce a spiegare con facilità (e con l’ausilio di materiali difficilissimi da reperire) come migliaia e migliaia di cittadini italiani e tedeschi abbiano appoggiato le stragi nazifasciste, offrendo ai visitatori un contesto di “bombardamento” mediatico che riesce perfettamente a ricostruire il quadro delle società dell’epoca. I politici non sono più al centro delle accuse, raramente si intravedono in questa vasta gamma di iconografie: ci si concentra sulla gente comune, sul giornalista, l’intellettuale, il critico cinematografico e il medico, tutti colpevoli di aver appoggiato, se non fomentato, il pregiudizio sociale contro gli ebrei. Il messaggio che lascia l’esposizione al visitatore è di non dimenticare come le popolazioni locali siano state protagoniste tanto quanto la politica, e di comprendere quanto l’informazione sia uno strumento potente oggi come allora. Questo tipo di propaganda antisemita, purtroppo, continua ancora a circolare via Internet, per questo la mostra è rivolta più che altro ai giovani, che affacciandosi ad un mondo di comunicazione 2.0 hanno il diritto ed il dovere di comprendere la pericolosità dell’informazione distorta.
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