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Shalom Rassegna Stampa
06.03.2017 Sicurezza sul web? Israele sa come si fa
Commento di Daniele Toscano

Testata: Shalom
Data: 06 marzo 2017
Pagina: 19
Autore: Daniele Toscano
Titolo: «Sicurezza sul web? Israele sa come si fa e lo insegna al mondo»

Riprendiamo da SHALOM di febbraio 2017, a pag. 19, con il titolo "Sicurezza sul web? Israele sa come si fa e lo insegna al mondo", il commento di Daniele Toscano.

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Daniele Toscano

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La storia dei fratelli Occhionero ha scosso l’Italia. Dal 1° dicembre 2016, negli Stati Uniti l’FBI può farsi rilasciare un mandato per “hackerare” a scopo investigativo un computer ovunque questo si trovi. Il tema della cybersicurezza è dunque oggi al centro dell’attenzione. E Israele si rivela uno dei modelli più all’avanguardia in questo campo. A spiegarlo a Shalom è Maurizio Mensi, professore di Diritto dell’informazione all’Università LUISS Guido Carli di Roma e alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, esperto sul tema di sicurezza del web, in virtù anche di esperienze maturate in Israele, come la partecipazione alla Cyber Week del 2016 presso la Tel Aviv University. “Il primo elemento che colpisce è come un paese di poco più di otto milioni di abitanti sia riuscito a sviluppare un know-how tecnologico che non ha eguali a livello internazionale, risultato al tempo stesso di cultura nazionale e strategia globale. La cybersicurezza in Israele ha due obiettivi interconnessi: ridurre i rischi aumentando il livello di protezione del sistema e sfruttare al massimo le opportunità offerte dallo sviluppo del cyberspazio, in termini di sviluppo economico e industriale”.

Peraltro la cybersicurezza non è soltanto questione di capacità tecnica, ma un tema che coinvolge anche la dimensione culturale, organizzativa e regolamentare. “Se non si tiene conto di questo non si comprende appieno il fenomeno Israele, la cui forza risiede in un ecosistema orientato all’innovazione, con un capitale umano altamente qualificato e versatile. La percentuale di investimenti in ricerca e sviluppo è pari a circa il 6 % del prodotto interno lordo, un livello pari a circa il doppio della media dei Paesi OCSE. A questa propension - rileva Mensi - va aggiunta la stretta connessione tra industria e ricerca”. Il fattore umano, dunque, diviene preponderante: da qui un sistema educativo d’eccellenza, basato sulle sette Università pubbliche, fra cui il Technion, l’Università di Haifa e quella di Tel Aviv (TAU), con il Centro di ricerca interdisciplinare Blavatnik dedicato proprio alla cybersicurezza, attivo dal settembre 2014. “Lo stato di necessità determinato dal difficile contesto geopolitico ha indotto il Paese a organizzare un sistema che vive del continuo interscambio tra ricerca e difesa, protezione dei confini e tutela della sicurezza interna” sottolinea ancora Mensi.

Ma le sinergie sono molteplici: “Le Università israeliane sono il più importante serbatoio a cui attinge l’esercito: vivono del rapporto costante con i settori tecnologico e militare. A ciò si aggiunge una stretta collaborazione tra pubblico e privato”. La strategia israeliana in tema di cybersicurezza ha iniziato a delinearsi all’inizio degli anni 2000, con la protezione centralizzata delle infrastrutture critiche mediante la risoluzione B/84 del 2002 (CIP) e la prima autorità di regolazione, il NISA (National Information Security Authority), alle prese con i problemi emergenti dal cyberspazio. La risoluzione ha stabilito una serie di regole e responsabilità per la protezione dei sistemi computerizzati, rivolta a soggetti pubblici e privati. Questo sistema è stato poi istituzionalizzato con la National Cyber Initiative del 2010, che ha permesso un salto di qualità, sviluppando la collaborazione fra difesa, accademia e industria. “Questo è stato alla base, nel 2011, della prima strategia cyber nazionale, con l’istituzione del National Cyber Bureau (INCB) presso l’ufficio del Primo Ministro, a cui ha fatto seguito il Cyber Event Readiness Team (CERT-IL) e, soprattutto, la decisione del governo di creare, nel febbraio 2015, la nuova autorità nazionale (NCSA) con il compito di accrescere la cybersicurezza cercando di bilanciare la ricorrente tensione fra privacy e sicurezza”. In questo quadro, il ruolo dello Stato si è rivelato fondamentale. “La sicurezza è un bene pubblico e il solo mercato non è in grado di realizzarla” aggiunge Mensi. “Il governo è sempre stato consapevole della necessità di uno stretto rapporto di collaborazione con il sistema imprenditoriale, che nel settore cyber vede la presenza per lo più di piccole imprese e start-up. Nella città di Beer Sheva, si stanno concentrando le unità d’élite delle Forze armate, dell’università e del settore privato e, con il suo Technology Park e la Ben Gurion University, la città si avvia a diventare uno dei più importanti centri di ricerca e sviluppo del Paese”.

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