IC7 - Il commento di Enrico Fubini
Dal 26 febbraio al 4 marzo 2017
Donald Trump, wait & see
Donald Trump
Si racconta di due ebrei che, dopo un terribile terremoto in Ecuador, discutevano tra loro e uno domandava all’altro: cosa pensi? Questo terremoto, per gli ebrei, è bene o è male? Dopo il terremoto dei mesi scorsi alla Casa Bianca, con l’avvento inaspettato di Trump, ci chiediamo noi pure: per Israele e per gli ebrei, è bene o è male? Difficile la risposta anche se nel mondo ebraico e in quello israeliano ci sono coloro che si sono subito schierati con entusiasmo e determinatezza a favore o contro Trump.
Non condivido gli entusiasmi degli uni e neppure gli anatemi degli altri. E’ troppo presto per capire qualcosa di questo personaggio un po’ anomalo rispetto ai precedenti presidenti e così diverso anche da Obama, non solo per ideologia e per indirizzo politico, diverso per lo stile, per le sue amicizie e per le sue relazioni politiche. Le affermazioni fatte in campagna elettorale su Israele e il Medio Oriente avevano suscitato molti entusiasmi in Israele e molte speranze che le difficoltà di relazioni con l’USA dell’epoca di Obama fossero ormai del tutto superate con la sua vittoria. La promessa dello spostamento dell’ambasciata sembrava segnare in modo inequivocabile l’inizio di una nuova era nei rapporti Israele-USA. Ci si dimenticava che una promessa del genere era stata fatta da tanti altri presidenti in campagna elettorale, Obama compreso, e che bisognava quindi aspettare la concreta realizzazione della promessa. Sugli altri numerosi problemi che tormentano Israele, a partire dai rapporti con i palestinesi, Trump era sempre stato sul vago ed era difficile capire le sue idee in merito. Dopo un mese di governo le cose non sono molto più chiare di prima.
Lo spostamento dell’ambasciata sembra essere rimandata a data da destinarsi e il primo incontro di Trump con Netanyahu non ha ancora portato grande chiarezza. Le linee della politica americana nei confronti di Israele, al di là degli abbracci tra le rispettive mogli e i sorrisi con i fotografi, rimangono molto indeterminate. Sugli insediamenti sembra che Trump, anche se con minor enfasi rispetto a Obama e Kerry, sia contrario e nettamente critico; forse l’unico cambiamento di rilievo rispetto alla precedente amministrazione è l’affermazione che ‘due popoli, due Stati’ o un unico stato per Trump rappresentano soluzioni che si equivalgano purché si faccia la pace! Affermazione prontamente smentita dall’ambasciatrice USA all’ONU che si è affrettata a dire che per l’America vale sempre solo la soluzione ‘due popoli, due Stati’! Forse Trump punta a un disimpegno degli USA in ipotetiche e lontane trattative tra Israele e Palestinesi, il che sarebbe anche un bene.
L’unica idea nuova uscita dall’incontro è l’opportunità di trattative tra gli Stati arabi sunniti e Israele che condividono molti problemi tra cui in primis il pericolo iraniano, ed allora il problema Israele-Palestina andrebbe riconfigurato in una prospettiva più ampia legata al futuro assetto della regione. Il ministro della difesa, Lieberman, da tempo ha esposto idee analoghe. Il tutto resta ancora molto nel vago e proiettato in un tempo lontano e indeterminato. Secondo il parere di molti osservatori accreditati siamo in una fase, nei nuovi rapporti Israele-USA, in cui i protagonisti si stanno osservando attentamente reciprocamente, per vedere chi scoprirà per primo le sue carte. Per ora, al di là delle belle parole, tutto è fermo e in attesa di qualche mossa più chiara da una parte o dall’altra che serva a chiarire quali siano i veri progetti– ammesso che ce ne siano – che illuminino le intenzioni della nuova amministrazione USA.
Gli entusiasmi così come gli anatemi, almeno per quanto riguarda la politica di Trump verso Israele, mi sembrano del tutto fuori luogo e quanto meno prematuri. Indubbiamente qualcosa è cambiato nel dopo Obama, ma la direzione del cambiamento e le nuove linee politiche rimangono per ora molto indeterminate. Vogliamo essere ottimisti, anche se il personaggio Trump con le sue ondivaghe affermazioni proietta molte ombre sulle sue reali intenzioni: attendiamo con fiducia e aspettiamo prima di enunciare giudizi perentori nei due sensi, nel bene e nel male.
Enrico Fubini, già docente di Storia della musica presso l'Università di Torino