Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/03/2017, a pag.13, con il titolo "Dopo 26 anni oggi a Londra il film iraniano censurato" la cronaca di Letizia Tortello
Mohsen Makhmalbaf
A differenza di Asghar Farhadi e il suo rifiuto di andare a Hollywood a ritirare la statuetta, per mantenere buoni rapporti con il regime iraniano - nessun articolo sulla notte dgli oscar ha espresso giudizi negativi sul suo gesto vile-
ecco un altro regista iraniano, di ben altra pasta. Mohsen Makhmalbaf ha preferito l'esilio piuttosto che cedere al compromesso. Finalmente il suo film potrà essere visto nei paesi democratici occidentali. A Cannes - un festival noto per la sua sottomissione all'islam- non l'avevano premiato per un altro film. Aspettiamo di vedere quale accoglianza riceverà 'Le notti di Zaiandè'.
Letizia Tortello
Come sia riuscito a strappare il suo film dalle maglie degli ayatollah, che l'avevano messo al bando 26 anni fa, Mohsen Makhmalbaf proprio non lo vuole spiegare. «Non mi chiedete nulla», dichiara uno dei più celebri registi iraniani, dal 2009 intellettuale irrimediabilmente inviso al regime di Teheran, esule a Londra. Eppure, ce l'ha fatta. Qualcuno per lui a Teheran ha messo mano nel caveau del ministero della Cultura (e della censura) e ha fatto uscire di contrabbando dall'Iran (forse pagando?) «Le notti di Zaiandé», girato nel 1990, cruda storia di un professore di Antropologia e di sua figlia a cavallo con il periodo della Rivoluzione del 1979. Un film considerato come una pericolosa critica alla gloriosa storia del Paese, che era valso al cineasta anche minacce di morte. Domani pomeriggio, la pellicola verrà proiettato al Curzon Cinema di Londra, alla presenza del regista. Con un tempismo perfetto, nel momento in cui il cinema iraniano non è mai stato così di moda, anche dopo la vittoria agli Oscar di Asghar Farhadi e il suo rifiuto di andare a Hollywood a ritirare la statuetta, in polemica con il bando anti-immigrati di Trump. Makhmalbaf , per parte sua, festeggia il «miracolo»: «II mio film esista ancora, incredibile, avevano provato a cancellarlo», aggiunge in un'intervista al Guardian. Prima ne sono stati censurati 25 minuti di 100, poi altri 12, l'audio in alcune parti è stato silenziato, ma il regista ha restaurato le pellicola. Lui che appartiene alla vecchia guardia del migliore cinema iraniano, con Kiarostami e Jafar Panahi, odiatissimo dal regime. Makhmalbaf è noto soprattutto per il «Viaggio a Kandahar», lungometraggio del 2001, grande successo (non premiato) a Cannes. La sua storia artistica ripercorre in qualche modo quella dell'Iran: prima fervente khomeinista, provò anche a farsi arruolare volontario nella guerra contro l'Iraq. Negli anni '90, la mutazione: le sue pellicole iniziarono a denunciare un Paese con una forte crisi sociale, lontano dal sogno di una società ideale islamica che avrebbe dovuto nascere dopo la Rivoluzione. Cosi, è diventato attivista politico, nel 2009 portavoce dell'Onda Verde, si è schierato contro l'ayatollah Khamenei. Nel 2013, è andato in Israele al festival del cinema. Un affronto che il Paese e il presidente iraniano Rohani non gli perdoneranno mai.
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