Riprendiamo da SHALOM di febbraio 2017, a pag. 11, con il titolo "L’arma più sofisticata d’Israele? La ‘Fionda di David’ ", l'analisi di Mario Del Monte.
Il sistema antimissile israeliano Iron Dome
L’equipaggiamento militare dell’esercito israeliano comprende una vasta gamma di armi, veicoli, sistemi missilistici e imbarcazioni. Molti di questi armamenti vengono acquistati dagli Stati Uniti e migliorati nei laboratori israeliani ma nel corso degli anni è sensibilmente aumentata la produzione interna grazie al grande budget destinato all’apparato militare e alla sempre più avanzata industria tecnologica dello Stato ebraico. Il simbolo per eccellenza dell’efficacia della tecnologia bellica israeliana è senza dubbio il sistema di difesa anti-missile Iron Dome che ha stupito il mondo nell’ultimo conflitto con Hamas del 2014 quando intercettò il 90% dei razzi lanciati sul territorio israeliano. La “Cupola di Ferro” sviluppata dalla compagnia Rafael è costruita per contrastare qualsiasi minaccia aerea nel raggio di settanta chilometri, in qualsiasi condizione atmosferica e con la possibilità di rispondere a lanci di razzi multipli. Le tre parti che lo compongono, radar, centro di comando e unità lanciamissili, operano simultaneamente: il radar rileva la minaccia, il centro di comando calcola la traiettoria ed il punto di impatto e, se quest’ultimo si trova in aree abitate, l’unità lanciamissili la distrugge in volo.
Si tratta però di un sistema difensivo costosissimo a causa del valore di ogni missile Tamir, utilizzato per l’intercettamento, stimato fra i venti e i cinquantamila dollari. Le centinaia di vite salvate e il senso di sicurezza infuso nelle comunità terrorizzate dai razzi dei palestinesi hanno reso questa meraviglia tecnologica un asset essenziale e strategicamente decisivo al punto che un suo upgrade è già in via di sviluppo sotto il nome di David’s Sling, “La Fionda di Davide”. Quest’ultimo avrà un raggio d’azione di circa trecento chilometri e sarà la risposta israeliana al continuo immagazzinamento di missili da parte di Hezbollah al confine Nord del paese. Senza contare gli introiti che nel frattempo gli israeliani credono di poter generare vendendo il sistema ad altri paesi. L’Azerbaijan è diventato nel Dicembre 2016 il primo paese ad acquistare il sistema Iron Dome mentre NATO, Stati Uniti, India e Sud Corea hanno già avviato le trattative per aggiudicarsi il capolavoro dell’industria militare israeliana. Le esigenze difensive dello Stato d’Israele hanno fatto sì che l’esercito sviluppasse prodotti d’eccellenza anche in altri campi. In particolare le aziende che lavorano con l’IDF si sono specializzate nella realizzazione di droni da ricognizione, piccoli robot volanti che trasmettono in diretta le immagini e che sono il principale strumento di sorveglianza contro le organizzazioni terroristiche. Il piccolo Skylark prodotto dalla Elbit è stato infatti acquistato da più di venti eserciti nel mondo ed è ritenuto tra i più affidabili dagli esperti del settore.
Ciò che però sembra ancor più decisivo nella qualità dell’industria bellica israeliana è l’abilità nella cosiddetta reverse engineering, la capacità di analizzare il funzionamento, lo sviluppo e la progettazione di un oggetto al fine di produrne uno nuovo che abbia un funzionamento analogo o addirittura migliore. Se ne sono accorti gli Stati Uniti che permetteranno solo allo Stato ebraico di modificare a proprio piacimento i nuovi jet F-35, mentre agli altri Paesi acquirenti è stato vietato anche integrare qualsiasi strumento. In parte questo è dovuto alla cooperazione con alcune aziende israeliane nella progettazione di quella che è stata definita l’arma più avanzata nelle mani di Gerusalemme. La versione israeliana del jet F-35 sarà denominata Adir, ‘potente’, ed è stata già presentata in pompa magna lo scorso 12 dicembre davanti alle più alte cariche dello Stato che ne hanno evidenziato l’importanza strategica dovuta alla capacità di colpire dove prima non era possibile con una potenza terrificante.
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