Riprendiamo dalla REPUBBLICA - TORINO di oggi, 02/03/2017, a pag. VI, con il titolo " 'Boicottare Israele': gli universitari approvano la mozione", la cronaca di Jacopo Ricca.
A destra: il boicottaggio degli esercizi ebraici da parte dei nazisti e di BDS contro Israele: stesso obiettivo, stesse tattiche
La mozione per la fine della collaborazione dell'Università di Torino con il Technion di Haifa, votata in maggioranza dal consiglio degli studenti universitari, è motivata dalla volontà di isolare lo Stato ebraico. Isolare, in stile che non si discosta da quello nazista, è il primo passo per negare il diritto all'esistenza. Settanta anni fa nel cuore dell'Europa come oggi, con la differenza che oggi esiste uno Stato di Israele capace di difendersi. Ci aspettiamo che, quando la mozione verrà discussa dal Senato Accademico, venga nettamente rifiutata e presa per quello che è: un documento razzista e antisemita.
Ecco l'articolo:
Gli universitari di Torino scelgono il boicottaggio di Israele e del Technion, l'università di Haifa finita più volte nel mirino dei militanti pro Palestina. Con una mozione dura, votata a maggioranza (16 favorevoli e 5 contrari), il Consiglio degli studenti ieri ha chiesto che il rettore Gianmaria Ajani «receda agli accordi attualmente in vigore con il Technion» entro la metà di aprile. La richiesta, che per essere valida dovrà essere votata da Senato accademico e consiglio d'amministrazione, è la prima ad essere approvata da un organo istituzionale di un ateneo italiano. Nel testo si sostiene, citando Amnesty International, che lo «Stato di Israele abbia deliberatamente colpito obiettivi civili e si sia reso responsabile di crimini di guerra durante l'attacco condotto nell'estate 2014 contro Gaza».
E gli studenti sposano la campagna di Bds, cioè boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele e le sue istituzioni. Un voto che arriva proprio nella settimana di sensibilizzazione sull'argomento organizzata dagli universitari del collettivo "Progetto Palestina" che da anni si battono contro questo tipo di accordi: «Siamo soddisfatti e speriamo che questo sia un primo passo e che anche altri atenei seguano questo esempio», commentano. Tra i sette punti approvati nella mozione, si chiede di stracciare la collaborazione con il Technion che già negli anni scorsi aveva suscitato polemiche, e contro cui sono state raccolte centinaia di firme tra docenti e studenti di molte università italiane. Ma si invita anche l'ateneo «a prendere pubblicamente posizione contro le violazioni per parte israeliana della legislazione internazionale e della Dichiarazione universale dei diritti umani e a non intessere più relazioni con tutti quei soggetti che contribuiscano o traggano beneficio dalle violazioni israeliane e dai loro contatti con le forze armate di quel Paese».
BDS: bigotti, doppio standard, antisemiti
Il rettore Ajani conferma che se la presidente del Consiglio Studenti, Irene Raverta, porterà la questione agli organi centrali questa verrà discussa, ma ribadisce: «La cooperazione che abbiamo noi con il Technion è stata approvata dalla maggioranza di Senato e Cda e gli accordi stipulati non coinvolgono attività legate all'uso militare delle tecnologie, né la violazione dei diritti umani». Il tema potrebbe essere già calendarizzato nelle sedute previste tra un paio di settimane: «Il Technion è uno degli istituti più coinvolti nella progettazione di tecnologie usate contro il popolo palestinese — spiega spiega Raverta, presidente espressione della lista di maggioranza Studenti Indipendenti — Abbiamo scritto la mozione con il coordinamento Studenti contro il Technion se fosse approvata dall'ateneo saremmo la prima università italiana ad assumere una posizione politica sul tema del conflitto israeliano-palestinese».
Di tutt'altra opinione Luca Scudeler, portavoce di Obiettivo Studenti che si è opposto alla mozione: «Boicottare una comunità accademica popolata da studenti nostri coetanei equivale ad isolarla, impedendo alle future generazioni di israeliani di crescere e portare un contributo diverso rispetto a quella attuale sul conflitto in atto».
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