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Informazione Corretta Rassegna Stampa
27.02.2017 La dissoluzione dell’Unione Europea è un bene per Israele?
Analisi di Manfred Gerstenfeld

Testata: Informazione Corretta
Data: 27 febbraio 2017
Pagina: 1
Autore: Manfred Gerstenfeld
Titolo: «La dissoluzione dell’Unione Europea è un bene per Israele?»

La dissoluzione dell’Unione Europea è un bene per Israele?
Analisi di Manfred Gerstenfeld

 (Traduzione di Angelo Pezzana)

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Dopo il referendum Brexit, il disgregarsi dell’Unione Europea attraverso un collasso o una serie di uscite volontarie non va più considerato un evento impossibile. Per analizzarne le cause è importante iniziare cercando di capire quale potrebbe essere il coinvolgimento di Israele, anche se non è partecipe di quanto si sta verificando.

In modo particolare da questo inizio di secolo, l’Unione Europea ha assunto su molti temi posizioni ostili a Israele, a volte di aperto antisemitismo. Questo ha spinto il Centro Simon Wiesenthal a inserire la UE al terzo posto nella lista 2015 di chi diffonde antisemitismo e/o iniziative anti-Israele. Ecco la motivazione: “ L’Unione Europea ha scelto di etichettare i prodotti provenienti dal Golan e dai territori contesi nel West Bank, ignorando quanto avviene in altri territori, occupati e contesi, quali il Sahara occidentale, Kashmir,Tibet e le aree controllate dai terroristi di Hamas e Hezbollah. L’applicazione del ‘Doppio Standard’ contro Israele caratterizza l’anti-semitismo moderno, come lo fu quello tradizionale per molti secoli”. Questo è soltanto un esempio tra molti che giustifica le critiche israeliane alla UE.

L’ostilità si è diffusa in un continente dove meno di un secolo fa ci sono stati i più grandi crimini contro milioni di ebrei. La Shoah non è un progetto da attribuirsi soltanto a Germania e Austria, molti altri paesi hanno collaborato, a tutti i livelli, anche individuali. Alcune dinamiche sono attive ancora oggi. La Commissione Europea non ha fatto nulla per controllare l’immigrazione da paesi musulmani con un alto livello di anti-semitismo, una causa, anche se indiretta, della crescita dell’odio verso Israele diffusa in Europa in questi ultimi anni.

C’è la testimonianza di Frits Bolkenstein, il Commissario olandese, che sollevando i problemi legati all’immigrazione musulmana in una seduta della Commissione all’inizio dell’anno 2000, si era sentito dare del razzista dai colleghi. Né la UE, che ammette la crescita dell’anti-semitismo, si è mai preoccupata di indagare sugli episodi di anti-semitismo nei paesi membri. Una seria ragione che giustificherebbe l’esistenza della UE da parte di Israele sta nel fatto che alcuni paesi membri assumerebbero posizioni molto più ostili a Israele se non fossero impediti da delibere sottoscritte dalla maggioranza degli altri paesi membri.

Negli ultimi mesi però, diverse iniziative prese dalla Francia dimostrano quanto questa valutazione non sia più del tutto vera. Le elezioni presidenziali sono imminenti, la politica di François Hollande è stata così fallimentare che per la prima volta nella storia della quinta repubblica, un presidente non si candida per un secondo mandato. Aveva incaricato due giornalisti, Gerard Devet e Fabrice L’homme, di scrivere un libro, mettendo a disposizione le registrazioni di tutti le sue conversazioni private, ma quando il libro è uscito, la parola che qualifica più di altre la sua presidenza è stata “impotenza”.
Di recente, Israele è diventata un capro espiatorio ancora più interessante per le autorità francesi. Il mese scorso, la Francia ha organizzato una inutile conferenza sul conflitto israelo-palestinese, pur sapendo che nei giorni successivi Donald Trump, che la pensa radicalmente all’opposto del predecessore, sarebbe stato nominato presidente.
La Francia, di conseguenza, non ha potuto redigere un documento finale ufficiale come Consiglio Affari Esteri Europeo in quanto la Gran Bretagna si era opposta.
Non si è lontani dal vero a pensare che i socialisti francesi, mostrandosi anti-Israele speravano di attrarre i voti musulmani.

 Quando nel 2014 venne eletto il nuovo governo svedese, controllato dai socialdemocratici, una delle prime decisioni prese fu riconoscere il non esistente Stato palestinese. Tutti sapevano che se ci fossero libere elezioni nei territori dell’Ap, Hamas, che sostiene il genocidio degli ebrei, avrebbe ottenuto la maggioranza. La scelta del governo svedese non ritenne di agire in linea con gli altri stati membri della UE su questo tema.Anche il ministro degli esteri irlandese Charles Flanagan dichiarò che il suo governo stava valutando il riconoscimento di uno Stato palestinese.

Come abbiamo visto, la scomparsa dell’Unione Europea presenterebbe solo vantaggi per Israele. Se la politica estera e le posizioni sulla sicurezza venissero abolite, le cause degli incitamenti contro Israele finirebbero.
La chiusura della Commissione Europea per gli Affari Legali sarebbe anch’essa positiva per Israele, in quanto responsabile della valutazione unilaterale che il West Bank è un territorio occupato per le leggi internazionali e che gli insediamenti sono illegali.
Posizioni contestate da moltissimi esperti di diritto internazionale.
Sia che l’euro rimanga come è, sia che alcuni paesi lo abbandonino o che ritornino tutti alle monete precedenti, non è di particolare interesse per Israele.
Se la UE scompare, rimane il Mercato Comune, cioè collaborazione nel campo della ricerca e alcuni pochi altri campi che possono interessare Israele.

Interesse comune è combattere uniti il terrorismo, soprattutto quello rappresentato dai musulmani. Se i paesi si preoccuperanno della sicurezza dei loro confini, diventerebbero più attenti verso i problemi che riguardano Israele. I
nfine, ecco un grande vantaggio dalla scomparsa dell’Unione Europea: la popolazione israeliana è decisamente più numerosa di 14 dei 28 stati membri. Altri 6 paesi hanno una popolazione uguale. Soltanto 8 sono più grandi. La forza di Israele nelle relazioni bilaterali aumenterà grandemente se paragonata con il mammut Unione Europea con più di 500 milioni di abitanti.

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Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte, recensita alla pagina http://jcpa.org/book/the-war-of-a-million-cuts-the-struggle-against-the-delegitimization-of-israel-and-the-jews-and-the-growth-of-new-anti-semitism/


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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