domenica 24 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
23.02.2017 Turchia: l'islamismo avanza anche nelle università, scatta l'ora del velo
Cronaca di Marta Ottaviani

Testata: La Stampa
Data: 23 febbraio 2017
Pagina: 12
Autore: Marta Ottaviani
Titolo: «Erdogan abbatte il tabù: via libera al velo islamico per le donne soldato»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/02/2017, a pag. 12, con il tiolo "Erdogan abbatte il tabù: via libera al velo islamico per le donne soldato", la cronaca di Marta Ottaviani.

Dedicato a tutti coloro - al ministero degli esteri italiano e a Federica Mogherini a Bruxelles in particolare - che ritenevano giusto e utile l'ingresso della Turchia in Europa. Quello che va fatto invece, è sostenere l'altra metà della Turchia, quella laica, che l'Occidente ha vigliaccamente abbandonato.

Immagine correlata
Marta Ottaviani

Immagine correlata
Donne in Turchia

In Turchia è caduto anche l’ultimo tabù. Il turban, il velo islamico nella tradizione nazionale, potrà essere indossato anche dalle donne in polizia e soprattutto nelle forze armate, considerate per lungo tempo la roccaforte dei laici nel Paese. La normativa è già stata inviata dal ministero della Difesa al governo, che l’ha approvata. Una volta pubblicata sulla Resmi Gazete, la Gazzetta Ufficiale turca, diventerà esecutiva. Per le poliziotte il permesso di coprirsi il capo era arrivato alla fine dello scorso agosto, quando una direttiva del ministero dell’Interno aveva consentito a chi lo desiderava di indossare il turban anche in servizio.

La polemica
Il provvedimento ha suscitato molte polemiche nell’opposizione, soprattutto quella di marca repubblicana, che vede nella liberalizzazione totale del velo islamico un mezzo per radicalizzare ancora di più una società che in appena 15 anni, da quando il presidente Recep Tayyip Erdogan ha preso il potere per la prima volta, è diventata sempre più conservatrice. Il governo si è difeso dicendo che la decisione è stata presa per consentire a ogni donna di avvalersi della propria libertà personale. Ma la spiegazione non ha convinto.

L’Akp, il Partito islamico per la Giustizia e lo Sviluppo, fondato dal Presidente della Repubblica nel 2001, aveva tentato di fare cambiare la normativa per la prima volta nel 2010. Fino a quel momento, l’utilizzo del velo islamico era regolato da una sentenza della Corte Costituzionale del 1989 che vietava l’utilizzo del turban nei luoghi pubblici. Veniva applicato a giudici e avvocati nei palazzi di giustizia, deputate in parlamento, studentesse nelle scuole e nelle università. Per entrare bisognava scoprirsi il capo.

La mossa di Erdogan
La liberalizzazione, fortemente voluta da Recep Tayyip Erdogan, ha interessato prima le donne più giovani. La motivazione ufficiale è sempre stata garantire a tutte il diritto allo studio indipendentemente dalle loro scelte in materia religiosa, ma l’opposizione laica ha sempre controbattuto che in realtà si trattava di un mezzo per rendere la società sempre più conservatrice. Il presidente, nella prima fase, aveva assicurato che il provvedimento non avrebbe riguardato le donne che prestavano servizio nelle forze dell’ordine e nelle forze armate.

La radicalizzazione
Alla liberalizzazione del turban sono seguite riforme ben più sostanziali, che in qualche caso hanno cambiato gli stili di vita, come quella dell’istruzione, che dava un nuovo slancio all’educazione religiosa delle imam-hatip, le stesse scuole frequentate da Erdogan e la stretta sul consumo di alcol in strada oltre alla costruzione di nuove moschee nel Paese, anche in zone, come piazza Taksim, da sempre simbolo della Turchia più occidentale.

Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT