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La Stampa Rassegna Stampa
20.02.2017 Contenere l'Iran, principale fucina di terrorismo in Medio Oriente
Cronaca di Alessandro Alviani

Testata: La Stampa
Data: 20 febbraio 2017
Pagina: 12
Autore: Alessandro Alviani
Titolo: «Da Israele ai sauditi, tutti contro l'Iran: 'Mina la stabilità del Medio Oriente'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/02/2017, a pag. 12, con il titolo "Da Israele ai sauditi, tutti contro l'Iran: 'Mina la stabilità del Medio Oriente' ", la cronaca di Alessandro Alviani.

A destra: la morte nucleare in arrivo dall'Iran bussa alle porte di Israele: "Sì, è un pericolo serio!"

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Alessandro Alviani

Alla fine non si sono seduti intorno allo stesso tavolo: il panel che ieri alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco avrebbe dovuto riunire il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman, quello degli Esteri saudita Adel bin Ahmed Al-Jubeir e il capo della diplomazia iraniana Mohammad Javad Zarif è stato sostituito da dichiarazioni separate. Anche così, però, dall’evento è arrivata la conferma del legame tra Israele e Arabia Saudita in funzione anti-Iran.

I messaggi di Lieberman e Al-Jubeir sono speculari. Se il primo accusa Teheran di portare avanti «sforzi per minare la stabilità in tutti i Paesi del Medio Oriente», avendo come «obiettivo principale l’Arabia Saudita», Al-Jubeir rilancia poco dopo: «L’Iran è determinato a capovolgere l’ordine in Medio Oriente». Se Lieberman certifica che «per la prima volta dal 1948 il mondo arabo moderato, il mondo sunnita ha capito che la più grande minaccia per lui non è Israele, gli ebrei o il sionismo, bensì l’Iran e i suoi emissari», definisce i Guardiani della rivoluzione iraniana «la più grande, potente, brutale e sofisticata organizzazione terroristica del mondo» e Qasem Soleimani (il capo della Forza Quds) «il terrorista numero uno al mondo», Al-Jubeir alza il tiro e accusa l’Iran di essere «il più grande sponsor statale del terrorismo nel mondo» e solleva l’interrogativo del perché sia «l’unico Paese nella regione che non è stato attaccato da Isis o Al Qaeda».

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Avigdor Lieberman

E se Al-Jubeir – che invita a mostrare a Teheran dei chiari limiti invalicabili e tira in ballo l’ipotesi di restrizioni su banche, viaggi e commerci – respinge la proposta di Zarif di un «modesto forum regionale di dialogo nel Golfo» aperto ai «Paesi che chiamiamo fratelli nell’Islam» («come dovremmo interagire con uno Stato che vuole distruggerci?», ribatte Riad), Lieberman lancia la controproposta di una «coalizione dei moderati in Medio Oriente per superare le tendenze radicali», visto che «oggi la vera frattura in Medio Oriente non è tra ebrei, musulmani e cristiani, bensì tra moderati e radicali». Una linea, quella israelo-saudita, abbracciata a Monaco dal ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavusoglu, per il quale «la politica settaria dell’Iran mina la situazione» nella regione.
Zarif respinge poi le minacce di nuove sanzioni arrivate da Trump: non ci smuovono, serve rispetto reciproco, reclama. «Non produrremo nessun’arma nucleare. Punto», chiarisce. «Crediamo che le armi nucleari non aumentino né la nostra sicurezza, né quella di qualcun altro». Parole che non convincono Lieberman (l’accordo sul nucleare iraniano «è un copia-incolla di quello con la Corea del Nord, abbiamo visto i risultati lì»), né Washington: da Monaco il senatore repubblicano Lindsey Graham annuncia che sta preparando un’iniziativa per prolungare le sanzioni contro Teheran.

E mentre Al-Jubeir, malgrado tutto, si dice «molto ottimista» sull’amministrazione Trump, Lieberman spiega che la sua visione per risolvere il conflitto israelo-palestinese è la soluzione a due Stati, che dovrebbe comprendere lo scambio di territorio e popolazione ed essere siglata contemporaneamente a un accordo regionale complessivo col mondo arabo.

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