Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 14/02/2017, a pag. 8, con il titolo "Il duro Sinwar nuovo leader di Hamas a Gaza", il commento di Michele Giorgio; dalla STAMPA, a pag. 14, con il titolo "Hamas sceglie un falco, a Gaza vince l'ala militare", la cronaca di Fabio Scuto; dal CORRIERE della SERA, a pag. 13, con il titolo "Hamas sceglie a Gaza il leader più feroce. In libertà grazie a un ostaggio", la cronaca di Davide Frattini.
A destra: Yahya Sinwar con Ismail Haniye, tra terroristi ci si intende
Michele Giorgio sparge nebbia sulla notizia della scelta del nuovo dittatore di Hamas a Gaza, l'estremista Yahya Sinwar, già responsabile dell'omicidio di due soldati israeliani e detenuto per anni nelle carceri israeliane, prima di essere liberato nel contesto del rilascio di oltre 1000 terroristi palestinesi in cambio del ritorno a casa del soldato israeliano Gilad Shalit. Ancora una volta la malafede e il doppio standard del Manifesto vengono allo scoperto. Equilibrate, invece, le analisi su Stampa e Corriere.
Ecco gli articoli:
IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Il duro Sinwar nuovo leader di Hamas a Gaza"
Michele Giorgio
È Yehya Sinwar, un comandante militare e, pare, un "intransigente", il nuovo leader di Hamas a Gaza. Prende il posto di Ismail Haniyeh, primo ministro per un decennio e che a sua volta si accinge a sostituire il dimissionario Khaled Mashaal a capo dell'ufficio politico di Hamas in Qatar. L'elezione di Sinwar, frutto delle votazioni per il rinnovo della direzione politica e del consiglio della shura di Hamas iniziate a fine del 2016 in Cisgiordania, Gaza, all'estero e nelle carceri in Israele, era nell'aria da diversi mesi. Non rappresenta perciò, come ha scritto qualcuno, una reazione all'ingresso alla Casa Bianca di Trump, un presidente che proclama di voler stringere i rapporti tra Stati Uniti e Israele e che manifesta profonda avversione per gli islamisti.
PROPRIO IERI il premier israeliano Netanyahu è partito per gli Stati Uniti dove domani incontrerà Trump per definire una strategia comune sui principali nodi mediorientali. "Guiderò e piloterò questa alleanza storica con gli Usa nell'interesse nazionale di Israele e dei suoi cittadini", ha promesso Netanyahu poco prima di imbarcarsi per gli Usa. Il primo ministro israeliano, tra le altre cose, spera di ottenere da Trump rassicurazioni sul trasferimento dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, promessa dal tycoon in campagna elettorale e poi messa nel congelatore per le proteste della Giordania e di altri alleati arabi degli Stati Uniti.
L'ASCESA di Sinwar al vertice di Hamas, segnala che le "Brigate Ezzedin al Qassam", il braccio armato, sono sempre più influenti nel movimento islamico. Numero due peraltro sarà Khalil al Haya, un altro fautore della linea dura. Originario di Khan Yunis, tra i fondatori dell'ala militare, rimasto nell'ombra per anni, Sinwar nel 2011 era stato liberato da Israele dopo due decenni passati dietro le sbarre "perché condannato a quattro ergastoli per aver partecipato, secondo i giudici israeliani, all'uccisione di due soldati" nel quadro dell'avvenuto scambio tra un migliaio di prigionieri politici palestinesi e il caporale israeliano Ghilad Shalit, rimasto per cinque anni prigioniero di Hamas nella Striscia. Sostenitore del pugno di ferro, da leader però potrebbe dover dedicare la sua attenzione ai problemi, gravissimi, che affronta la popolazione dopo tre offensive militari israeliane costate migliaia di morti e feriti e distruzioni immense. Ibrahim al Madhoun, un analista di Gaza che ha incontrato Sinwar due mesi fa, sostiene che il nuovo capo di Hamas è più interessato a migliorare le condizioni di vita a Gaza che a riprendere il conflitto con Israele. Inoltre sarebbe favorevole alla riconciliazione con l'Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen, annunciata più volte ma mai avvenuta su terreno.
DA PARTE SUA Israele descrive Sinwar come un leader "inflessibile" che potrebbe portare Hamas a un nuovo scontro militare. Per ora però ci sono soltanto gli avvertimenti del ministro israeliano della difesa, Lieberman, che non ha mai nascosto l'intenzione di rovesciare con la forza l'autorità di Hamas a Gaza.
LA STAMPA - Fabio Scuto: "Hamas sceglie un falco, a Gaza vince l'ala militare"
Fabio Scuto
Un terrorista di Hamas
Dai tunnel e dai bunker, scavati nel ventre della Striscia di Gaza, è uscito l’uomo che promette una guerra perpetua contro Israele. È stato scelto dal Comitato esecutivo di Hamas, un’oscura istanza i cui membri sono naturalmente segreti, la scorsa notte dopo una votazione a maggioranza. In sostituzione di Ismail Hanyeh, che sarà nominato da queste stesse consultazioni segretario generale al posto di Khaled Meshaal e dovrà vivere all’estero, così come si conviene al leader supremo. I boss del movimento islamista che controlla Gaza da dieci anni hanno scelto un comandante militare di alto profilo, il cui nome viene pronunciato da tutti i gazawi con un misto di rispetto e timore, si chiama Yahya Sinwar. Una delle figure della linea più dura del gruppo dirigente islamista che indica il crescente potere dell’ala militare di Hamas a spese della sua ala politica nella Striscia di Gaza. Prima di finire nelle galere israeliane per 22 anni per omicidio, Sinwar è stato uno dei fondatori delle Brigate Ezzedin al Qassam insieme al fratello Mohammed.
Il volto cadente, occhi sempre ombrati ma mobilissimi e una voce tagliente, Yahya Sinwar non ha il volto rassicurante dell’uomo che ha superato la mezza età. È tornato nella sua casa di famiglia a Khan Younis, che si trova a metà della Striscia, nel 2011 quando Israele liberò un migliaio di prigionieri palestinesi in cambio del rilascio del soldato Gilad Shalit, che era stato rapito 5 anni prima. Una trattativa estenuante con Israele, condotta per anni grazie ai buoni uffici del Bnd, lo spionaggio esterno tedesco, e nella quale fu coinvolto direttamente suo fratello Mohammed. Yahya all’epoca era in un carcere di massima sicurezza israeliano dove stava scontando 4 ergastoli per una serie di reati gravi tra cui l’organizzazione del rapimento e dell’uccisione di due soldati israeliani.
In questi sei anni Sinwar ha consolidato il suo potere personale. Fa parte di una famiglia di militanti di Hamas, è stato parte integrante dell’ala militare, è duro, spietato, ascetico, con un forte senso di autodisciplina. Detesta la stampa ed è quindi relativamente sconosciuto fuori dalla Striscia. Si è abilmente ritagliato un ruolo che prima non esisteva dentro Hamas, quello di «ministro della Difesa», di raccordo tra l’ala militare e quella politica. Riuscendo in questo modo a eclissare altri «pezzi da 90» del movimento come Mohammed Deif (il comandante delle Brigate) e Marwan Issa (il vice di Deif).
Diversamente da tutti gli altri dirigenti di Hamas ha sempre trattato da pari a pari con Khaled Meshaal e Ismail Haniyeh. Il suo potere, ancor prima dell’elezione della scorsa notte era molto ampio, un potere di vita o di morte. A Gaza i ben informati raccontano che sia lui dietro l’uccisione senza precedenti di un «emiro» (la Striscia è divisa militarmente da Hamas in quattro zone, ciascuna delle quali è sotto il controllo di un emiro), da parte di un commando armato e mascherato. L’eliminazione di una spia come si dice o uno scomodo oppositore nella lotta interna? Qui, a Hamastan, nessuno ha posto domande. Nel mese di settembre 2015, Sinwar è stato aggiunto alla lista nera del terrorismo degli Stati Uniti insieme ad altri due membri del braccio armato di Hamas. Fra l’altro ha fondato «Majd», uno dei numerosi servizi di intelligence di Hamas nella Striscia.
La risposta a quale direzione Hamas prenderà con il suo nuovo leader nella Striscia la sapremo presto. Se Mohammed Deif è stato lo stratega dei tunnel d’attacco che furono la sorpresa militare nella guerra del 2014, Sinwar sembra incoraggiare un’altra strategia, quella di intraprendere altri rapimenti di soldati israeliani per ottenere la liberazione di altri prigionieri palestinesi.
Lo spionaggio israeliano lo conosce bene e il profilo che ne ha ricavato non suggerisce nulla di tranquillizzante per il futuro, è considerato un falco anche all’interno di Hamas, e si oppone a qualsiasi compromesso per quanto riguarda l’Autorità palestinese e Israele. «È stato scelto un uomo molto, molto pericoloso», spiega una fonte dell’intelligence, «un radicale estremista, odia l’Egitto e vuole la distruzione di Israele. Con lui, l’orologio della guerra si avvicina alla mezzanotte».
CORRIERE della SERA - Davide Frattini: "Hamas sceglie a Gaza il leader più feroce. In libertà grazie a un ostaggio"
Davide Frattini
Terroristi di Hamas educano un bambino alla violenza e al fanatismo
Dentro l’Hamas dei misteri è uno dei leader più misteriosi. Poche apparizioni in pubblico, solo due dopo essere stato liberato sette anni fa dalle prigioni israeliane assieme ad altri 1.026 palestinesi nello scambio per il caporale Gilad Shalit. Ci aveva passato un ventennio, condannato a quattro ergastoli anche per aver ucciso quelli che considerava collaborazionisti, accusati di aver passato informazioni al nemico. Un ruolo di guardiano che Yahya Sinwar si è costruito per sé, negli anni Ottanta ha fondato la polizia interna del movimento. E adesso che dell’organizzazione è diventato il capo dei capi a Gaza, riemergono le storie della sua ferocia. Perché Sinwar — commenta al New York Times uno scrittore vicino ai fondamentalisti — vuole che il suo esercito sia puro e per questo fine non accetta compromessi. O come spiega il quotidiano israeliano Haaretz: «Perfino tra i suoi è considerato un estremista, parla della guerra con Israele in termini apocalittici».
La nomina al posto di Ismail Haniyeh segnala che l’ala militare del movimento ha vinto su quella che si occupa della linea politica. Haniyeh — primo ministro dalla vittoria delle elezioni nel 2006 fino alla rottura armata con il Fatah di Abu Mazen un anno dopo — è il candidato più probabile alla guida del gruppo fuori dalla Striscia. E dal Qatar, che ospita la leadership, dovrebbe provare a moderare le strategie oltranziste di Sinwar.Ammesso che sia possibile.Ne dubita l’intelligence israeliana e ne dubitano i palestinesi. Un’indagine di Human Rights Watch ha ricostruito l’uccisione nel 2015 di Mohammed Ishtiwi, tra i comandanti delle Brigate Ezzedin Al Qassam. Sarebbe stato Sinwar, 55 anni, a ordinarne l’arresto per «purificare» il suo esercito e per dimostrare agli altri boss che nessuno è intoccabile. Isthiwi è stato portato via dalla polizia segreta di Hamas con l’accusa di essersi intascato denaro destinato all’acquisto di armi per le truppe irregolari. Da quel momento — ha raccontato la sorella al New York Times — è cominciata «la telenovela delle torture». Gli viene estorta la confessione in cui ammette — scrivono gli inquisitori — «azioni immorali»: i soldi sarebbero serviti anche a pagare un uomo perché non rivelasse la loro relazione omosessuale. La famiglia è potente dentro ad Hamas, un clan che ha fornito un migliaio di combattenti durante i 50 giorni di guerra contro Israele nell’estate di due anni e mezzo fa. Gli appelli ad Haniyeh non bastano, il destino di Ishtiwi viene deciso dai duri delle Brigate e dalla spietatezza di Sinwar: il corpo viene ritrovato all’alba del 7 febbraio del 2015 con tre proiettili nel petto.
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