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Il Foglio Rassegna Stampa
13.02.2017 Michel Onfray, Georges Bensoussan, Alain Finkielkraut e la decadenza francese
Critici della Francia innamorata del proprio declino

Testata: Il Foglio
Data: 13 febbraio 2017
Pagina: 3
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «Francia innamorata del proprio declino»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/02/2017, a pag. III, l'articolo "Francia innamorata del proprio declino", tratto dal New York Times.

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Michel Onfray

Michel Onfray non ha scelto un titolo ottimista per il suo ultimo libro: “Decadenza. Vita e morte della tradizione giudaico-cristiana”. Il libro è appena uscito e ha venduto 120 mila copie, una cifra impressionante considerando il suo pronostico cupo e poco appetibile per il grande pubblico. Onfray è l’ultimo grande autore che ha deciso di entrare a far parte dell’industria francese in piena espansione sul declino, con libri e articoli che esplorano questa ossessione crepuscolare della Francia (l’anno scorso, la parola “déclinisme” è entrata nel dizionario Larousse). Onfray recita il de profundis della civiltà occidentale: “Non resta che affondare con eleganza”, scrive a conclusione delle seicento pagine del libro. E’ un fenomeno che attraversa tutto lo spettro politico. La Francia è in preda a uno stato d’animo di déclinisme, ovvero la convinzione che il paese sia in declino economico, linguistico, tecnologico, militare, culinario e di civiltà. “Una Francia sottomessa” è il titolo di una serie di interviste sulle banlieue supervisionato dallo storico Georges Bensoussan.

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Georges Bensoussan

Poi c’è il libro dell’economista e storico Nicolas Baverez, su come la Francia ha continuato il suo declino economico sotto la presidenza Hollande. Il professor Gilles Kepel ha pubblicato “Frattura”, in cui esplora la radicalizzazione dei giovani musulmani che lacera la società francese. Il filosofo Alain Finkielkraut è uscito con “Un’identità infelice” sul multiculturalismo e le sue insoddisfazioni, mentre il politico e scrittore Philippe de Villiers ha pubblicato un libro sullo stato pietoso del cattolicesimo francese. Il libro di Finkielkraut è una critica all’idea di nazione come “aeroporto”. Figlio di ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio, l’ex sessantottino Finkielkraut nel libro attacca la “cultura del piagnisteo”, quella che definisce “l’esperanto dei lamenti”. C’è il boom della rivista di destra Valeurs Actuelles, che ha visto un aumento della circolazione fino a 119 mila copie dalle 86 mila del 2011.

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Alain Finkielkraut

Straordinario è il successo di Eric Zemmour, l’autore di “Suicidio francese”, mezzo milione di copie vendute, per il quale a dettar legge da Charles De Gaulle in poi è stato il “trittico: derisione, decostruzione, distruzione”, che ha minato “le fondamenta di tutte le strutture tradizionali: famiglia, nazione, lavoro, stato, scuola. L’universo mentale dei nostri contemporanei è diventato un campo di rovine”. Senza considerare il fenomeno letterario degli ultimi due anni, quel Michel Houellebecq che al declino francese ha dedicato non soltanto “Sottomissione”, ma anche gli altri romanzi, come “Particelle elementari” e “Piattaforma”. E’ dunque un tripudio di fascinazione per la decadenza e per la sconfitta che due anni fa aveva spinto il premier Manuel Valls a dichiarare guerra al “discorso del declino”. Ma poi venne la guerra dell’Isis. E si capì che i declinisti non avevano visto male.

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