Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/02/2017, a pag. I, l'articolo "Quel bando dei visti che non scandalizza", tratto da Israel Hayom.
Donald Trump
Mentre seguivo l’infuocato dibattito sull’ordine esecutivo del presidente Usa Donald Trump, denunciato dai suoi avversari come il ‘bando dei musulmani’, non ho potuto non ripensare a un altro bando che non suscitò nessun dibattito, e che cambiò in modo determinante la carriera del mio mentore, Bernard Lewis”. Scrive così l’arabista Martin Kramer. “Lewis, il grande storico del medio oriente che lo scorso maggio ha compiuto cento anni, nato in Gran Bretagna da genitori nati in Gran Bretagna, percorse la Siria sotto governo francese per il suo lavoro di dottorato, e poi prestò servizio nell’esercito britannico in terre arabe durante la Seconda guerra mondiale. Nel 1949, all’età di 33 anni, era già considerato un’alta autorità accademica sull’islam medievale, professore ordinario presso l’Università di Londra. L’ateneo gli accordò un anno di congedo per studio da impiegare in medio oriente. Ma la feroce reazione araba alla nascita dello stato d’Israele fece deragliare tutti i suoi progetti di ricerca”.
Lewis ha spiegato quello che accadde in un articolo pubblicato nel 2006: “Praticamente tutti i governi arabi annunciarono che non avrebbero concesso visti d’ingresso agli ebrei di qualsiasi nazionalità. Non si levò nessuna parola di protesta, da nessuna parte. Si può solo immaginare l’indignazione che si sarebbe levata se Israele avesse annunciato che non avrebbe concesso visti d’ingresso a tutti i musulmani, o se l’avessero fatto gli Stati Uniti. Invece quel divieto, in quanto diretto contro gli ebrei, venne visto come perfettamente naturale e normale. In alcuni paesi permane ancora oggi, nel silenzio generale, anche se in pratica la maggior parte paesi arabi vi ha rinunciato. Né le Nazioni Unite né l’opinione pubblica protestarono in qualche modo contro quei divieti, per cui non sorprende il fatto che i governi arabi ne dedussero che avevano luce verde per provvedimenti di quel genere o anche peggiori”.
Negli anni Cinquanta le cose peggiorarono, continua Kramer. “Non solo gli stati arabi non facevano più entrare gli ebrei di altri paesi, ma iniziarono a cacciare in esilio i loro stessi cittadini ebrei. Oggi, quasi tutti gli stati arabi non vietano più l’ingresso degli ebrei in quanto tali. Ma continuano a vietare l’ingresso ai cittadini israeliani. Sei dei sette stati che compaiono nell’ordine esecutivo di Trump (Iran, Iraq, Libia, Sudan, Siria e Yemen) vietano l’ingresso a qualunque titolare di passaporto israeliano, così come fanno altri dieci paesi a maggioranza musulmana. Non basta. Gli stessi sei paesi non ammettono l’ingresso di cittadini non israeliani che abbiano sul passaporto un visto israeliano. Non mi risulta che la comunità internazionale abbia mai considerato questo comportamento come un oltraggio particolarmente clamoroso alle norme internazionali”. Nessun giudice, nessun giornale, nessuna ong ha impugnato questo bando.
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