Riprendiamo dal BOLLETTINO della Comunità ebraica di Milano, febbraio 2017, a pag.9, con il titolo "Musulmani d'Italia, troppi pregiudizi. Un sondaggio" il commento di Ilaria Myr.
Suggeriamo l'invio del sondaggio al Ministro Minniti, che non sempre essere informato sull'islam italiano.
"Israele non ha il diritto di esistere”; “gli ebrei controllano il mondo e sono responsabili di molti mali”; “gli attentati dell’11 settembre sono nati da un complotto giudaico-americano”. E così via. Sono alcune delle convinzioni diffuse fra i musulmani in Italia, secondo la ricerca sul mondo islamico nel nostro Paese condotta da Michele Groppi, ricercatore del King’s College di Londra. Dall’indagine, che prende in esame diversi aspetti dell’argomento, spaziando dall’integrazione dei musulmani nella società italiana al pericolo di radicalizzazione, emergono dati inquietanti sui sentimenti verso gli ebrei e Israele diffusi nel mondo islamico italiano. «Sono considerazioni preoccupanti, che pur non costituendo il tema centrale dell’indagine sono particolarmente interessanti», spiega Michele Groppi. Di questi dati lo stesso Groppi ha parlato il 4 gennaio scorso durante una puntata di Otto e mezzo sul canale La 7, che ha visto la partecipazione anche della deputata PD Sumaya Abdel Qader e dell’ex ministro dell’interno Enzo Bianco. Ed è proprio la reazione della deputata musulmana a questi dati, la quale ha minimizzato e fatto inaccettabili distinguo, ad avere suscitato un’accesa polemica all’interno del PD, con in prima linea i deputati ebrei Emanuele Fiano e Daniele Nahum, scandalizzati dalle sue dichiarazioni.
Una premessa doverosa: le risposte vengono da 440 questionari mandati online e svolti sul campo e 200 interviste, svolte dallo stesso Groppi in diverse città del Paese. «Il campione è statisticamente rappresentativo – commenta Groppi -. Ma avrebbero potuto essere almeno 1500, se avessero risposto più persone: di fatto ai questionari messi online dall’Ucoii, Coreis e da membri di CII (Confederazione islamica italiana), hanno risposto in meno di 500, e per questo sono dovuto andare di persona a intervistare la gente nelle strade, nei mercati, nelle moschee. Ma quando accettavano di collaborare, ho sempre riscontrato grande disponibilità». Gli intervistati sono uomini e donne della fascia 16- 30 anni, appartenenti a 16 gruppi nazionali, ma con una maggioranza dai Paesi del Nord Africa (marocchini, egiziani e tunisini), e residenti in maggioranza al nord. Ci sono però anche 117 cittadini italiani, tra cui membri della seconda generazione e 40 italiani convertiti all’Islam.
Veniamo ora ai dati. «Il 52% dichiara che Israele non ha il diritto di esistere; il 61% che gli ebrei controllano il mondo e sono responsabili di nefandezze - spiega Groppi -. Il 61%, poi, sostiene che gli attentati dell’11 settembre 2001 siano frutto di un complotto americano-giudaico, e il 48% che Hamas e Hezbollah NON sono organizzazioni terroristiche”. Molto interessanti le considerazioni di tipo qualitativo emerse dalle interviste vis-à-vis di Groppi. «Emergono molte teorie complottistiche, tra le più disparate, di natura sia economica che geo-politica, che collegano non solo Israele ma anche gli ebrei, a qualsiasi male – dice il ricercatore -. Ma quello che colpisce è che sebbene in molti si dichiarino apertamente contro ogni forma di violenza e terrorismo, nei confronti di Israele ed ebrei c’è sempre un ‘però’, una giustificazione.
Ciò non implica una predisposizione alla radicalizzazione di per sé, ma certamente evidenzia l’esistenza di un fattore ideologico molto radicato». Preoccupante è il diffuso atteggiamento minimizzante nei confronti di questi dati, evidente non solo nelle parole di Sumaya Abdel Qader durante la puntata di Otto e mezzo, ma anche di altre persone a cui Groppi sta presentando la ricerca. «Mi aspettavo delle risposte critiche nei confronti degli ebrei e di Israele, ma sinceramente non pensavo sarebbero stati così diffusi i continui distinguo, così come le teorie complottistiche più assurde.
La grande maggioranza degli intervistati non difende la violenza, anche se è comunque significativa la minoranza del 24% che è invece a favore della violenza in nome di D-o – continua Groppi -. Inoltre, il 30% la considera giusta contro chi offende l’Islam e Maometto, il 13% è per Al Qaeda e l’11% per l’Isis». Da segnalare anche il senso di discriminazione e di guerra mediatica contro l’Islam, percepito dagli intervistati. Molti dunque gli spunti di riflessione che questa indagine offre. Molti i campanelli d’allarme che accende. Perché, come dichiara Groppi, «è importantissimo capire cosa rivelano questi dati. Sarebbe un errore troppo grande minimizzarli».
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