Riprendiamo dal BOLLETTINO della Comunità Ebraica di Milano di febbraio 2017, a pag. 7-8, con il titolo "Rav Laras: 'Solo il vero Dialogo può salvare il futuro dell'Europa' ", l'intervento di Rav Giuseppe Laras.
Rav Giuseppe Laras
Pubblichiamo qui di seguito l’intervento di Rav Giuseppe Laras per la visita dell’Arcivescovo Angelo Scola, il 17 gennaio: non potendo partecipare di persona, il discorso di rav Laras è stato letto da Roberto Jarach, Vice Presidente del Memoriale per la Shoah.
Una scritta con ingiurie antisemite
Esistono molte tentazioni -più o meno subdole, più o meno sanguigne-, e cedervi può ben accadere. Lo sperimentiamo tutti. Tutti possiamo cedere alla tentazione di ritenere il dialogo ebraico-cristiano irrilevante, dato che coinvolge pochi interpreti, le cui fila sono rese sempre più esigue da frizioni intestine; ricerca di un “posto al sole”; provvedimenti improvvidi da parte di persone di cui si vorrebbe potersi fidare, spesso presentati sottoforma di “aperture”; età media altissima dei partecipanti; presunti intellettuali lontani dal reale e dalla concretezza, noiosi e autoreferenziali. Che dire poi del fatto che in tutte queste nostre iniziative manchino i giovani -e i giovani reali, quelli che sosterranno le nostre comunità e la vita culturale, politica ed economica del Paese nel futuro-? Senza giovani non si va da nessuna parte, siamo condannati! E la nostra società, appunto, a causa di pessime filosofie, che si sono insinuate nelle ultime decadi, è invecchiata. Tutto ciò sta portando e porterà ancora tanto male e si sta abbattendo come una scure sia sulle Chiese che sulle Comunità Ebraiche in Occidente.
Si può lamentare che il Dialogo ebraico-cristiano sia un’appendice della vita del cristianesimo, poco praticata e mai realmente fattivamente additata dai suoi pastori alla maggior parte dei fedeli. Un’appendice -tuttavia- interessantissima e promettente, rispetto a un passato funesto e doloroso e a un presente per nulla facile. Purtroppo gli insegnamenti conciliari e successivi sul dialogo tra cristiani ed ebrei -unico e speciale da entrambe le parti- sono restati spesso lettera morta, anche nelle omelie quotidiane di insigni uomini di Chiesa. Ci si può lamentare che gli ebrei siano spesso restii a questo dialogo, con molte perplessità, timori, risentimenti, amarezze. E che si rivendichi troppo spesso il passato a fronte del futuro. Se questo può esser vero, va tuttavia ricordato che la storia antica e recente subita da parte ebraica in relazione al cristianesimo ha un enorme peso, che affatica e rallenta il passo. Inoltre, anche a livello sociologico, è naturale che una “minoranza assoluta” -gli ebrei- eriga attitudini di difesa rispetto a una “maggioranza assoluta” -i cristiani-, inevitabili per sopravvivere e non farsi fagocitare, pur riconoscendo le effettive buone intenzioni di questi ultimi.
E che dire, infine, del fatto che, per motivi strumentali e ideologici, come anticaglia dismessa, dalle “radici ebraico-cristiane” dell’Occidente, si sia passati all’affermazione del futuro “islamocristiano” dell’Europa? Le parole hanno un peso enorme, al pari della loro assenza (in questo caso l’espunzione dell’aggettivo “ebraico” in relazione al futuro comune), e lasciano intendere molte cose. E allora? Chiudiamo “baracca e burattini” oppure, come talvolta sostengono i detrattori, continuiamo elegantemente “a prenderci in giro”? No! Questo ci obbliga a individuare caparbie nuove strategie per l’incremento e il rafforzamento del dialogo ebraico-cristiano. Questo ci obbliga a resistere ai disfattisti bipartisan e ai colpi di mano di alcuni, anche se in altissimo loco. Non possiamo e non vogliamo cedere per non tradire la memoria di quegli eroi cristiani, laici o religiosi, che -in quanto cristiani- difesero gli ebrei, anche a costo della vita, non solo perché essere umani in generale, bensì proprio perché ebrei, individuando così tra noi un vincolo unico. Non possiamo e non vogliamo cedere, dissipando il patrimonio, pur fragile, conquistato sinora, per non tradire la memoria e la fiducia di quegli ebrei -religiosi e no- che, con non minore coraggio, hanno ritenuto di riaprire i loro cuori e menti a cristiani amichevolmente disposti verso Israele e il suo mistero, cosa che passa necessariamente oggi anche per la ritrovata sovranità nazionale ebraica in Terra di Israele, dato che la maggior parte del nostro Popolo vive lì e che da lì per lo più promana la voce della Torah nella nostra generazione.
L’antisionismo è la terza grande riedizione dell’antisemitismo, che fu dapprincipio religioso e poi, una volta laicizzatosi, razziale. Tale sentimento e ideologia è forse una riedizione del veleno subdolo di Marcione, che fu dapprima teologico, poi etico, infine forse politico, proiettante comunque sugli ebrei -che vogliono essere tali e che lo vogliono per la propria discendenza- le medesime ombre di disprezzo e di morte. Stia oggi ben attenta la Chiesa ad evitare il “richia- c mo della foresta”, avvelenato e devastante, di Marcione, considerando che essa medesima nel distaccarsi dalla propria matrice perderebbe ineluttabilmente ogni significanza e giustificazione a esistere. Spetta stavolta, in questo rapido e decisivo snodo della storia occidentale, a tutti noi, cristiani ed ebrei, cogliere l’opportunità per fare della Bibbia il futuro, diverso eppur sinergico, delle nostre due Comunità di fede, ridando linfa alla civiltà occidentale.
E spetta con urgenza, ancora a noi, restituire alla Bibbia la sua voce reale, escatologica e divina, che non può essere in alcun modo ridotta a manuale laico per assistenzialismi, buonismi e pacifismi di sorta. Quest’ultima dilagante, perversa attitudine coincide con l’offesa della moralità e dell’intelligenza dei non credenti e con lo svilimento del ruolo e dell’identità del credente, che è anch’egli per nulla esente da colpe o meschinità. La riduzione della Bibbia a etica mondana o a utopia è una forma né coraggiosa né onesta di ateismo. È la Bibbia che, pur spesso in versione laicizzata, ha fatto innamorare l’Occidente delle libertà individuali -un bene assolutamente non negoziabile!- a fronte delle libertà collettive degli antichi. È la Bibbia che ha reso, attraverso l’economia straordinaria dell’Alleanza, l’uomo libero anche rispetto al suo Dio e non assoggettatoGli, ancorché in partnership con il suo Creatore. È ancora la Bibbia che ha insegnato a declinare la libertà non in arbitrio ma in responsabilità, accettando liberamente il giogo divino. Tacere tutto questo per compiacere il mainstream ci rende non autentici, deboli e forse anche stupidi! Se perderemo questo tempo difficilissimo e unico, oziando, chiudendo gli occhi o dissimulando, andremo in perdizione e con noi andrà in perdizione il lascito sofferto dei nostri padri e il futuro dei nostri nipoti, cosa quest’ultima ancor più intollerabile. Forse sarà solo il vero dialogo ebraico-cristiano a poter salvare, se la Chiesa e gli ebrei ci crederanno e oseranno, il futuro dell’Europa e del mondo libero.
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