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Vicini che preoccupano: ultimo tentativo per migliorare le relazioni con Egitto e Hamas http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Uneasy-neighbors-48109
(Traduzione di Angelo Pezzana) Il leader di Hamas Ismail Haniyeh si è recato al Cairo con una nutrita delegazione per verificare se è possibile ricucire il rapporto con l’Egitto. Si è incontrato prima con Khaled Fawzi, il capo dell’intelligence egiziana, è seguito un secondo incontro con un’altra delegazione formata da esperti nel settore sicurezza. Anche se non sono stati rilasciati commenti ufficiali, questi incontri sono un chiaro segnale che dopo anni conflittuali Hamas sta cercando di migliorare i rapporti. Hamas sta cercando disperatamente di riaprire il confine con l’Egitto, tuttora bloccato, in quanto il Cairo esige che Hamas tronchi la collaborazione con i terroristi di Ansar Beit el Makdess, una organizzazione alleata con Abu Bakr al Bagdadi dal 2015, che si fa chiamare “Provincia del Sinai dello Stato Islamico”, il maggior ostacolo a una soluzione condivisa. L’Egitto non è riuscito a sconfiggere questa organizzazione terrorista malgrado la superiorità delle proprie forze amate nel Sinai, un numero molto più alto di quanto era stato sottoscritto nel trattato di pace con Israele, che ha acconsentito, dato che i terroristi rappresentano un pericolo anche al suo confine. Si potrà raggiungere un risultato al Cairo quando ci sono tre partner in contrasto fra loro e soltanto due sono presenti a discuterne? L’organizzazione terrorista distribuisce le carte: nutrita di fervore religioso, impegnata in una guerriglia senza una base territoriale che possa essere un bersaglio, subisce nel più assoluto disinteresse un pesante tributo di vite umane. Un regime quello del Nord Sinai incessantemente violento, che colpisce anche la terraferma, un attacco dopo l’altro contro i tentativi di Sisi di stabilizzare il paese e migliorare l’economia. La cosiddetta “Provincia del Sinai dello Stato Islamico” ostacola anche gli sforzi di Hamas di mantenere il controllo delle vie del contrabbando che riforniscono la Striscia di Gaza di armi, esplosivi e rinforzi. Hamas coopera, senza essere obbligata, e apparentemente offre Gaza quale rifugio ai terroristi feriti, consentendo l’uso del proprio territorio per gli esperimenti di nuove armi e esplosivi. In cambio, riceve aiuti nel contrabbando di rifornimenti militari attraverso i pochi tunnel rimasti in funzione dopo che l’Egitto ha cercato di eliminarne il maggior numero possibile. Hamas lamenta di non poter avere mano libera nel Sinai, come rivelano le sempre maggiori tensioni, malgrado la continua cooperazione fra i due movimenti. A Gaza vi sono presumibilmente circa 700 militanti di Ansar Beit al Makdess, che Hamas categoricamente rifiuta di consegnare all’Egitto lasciandoli ritornare nel Sinai. Questo non vuol dire che non ci siano altri contenziosi tra Hamas e il Cairo, negli anni scorsi le tensioni erano frequenti così come gli scontri. Malgrado Hamas sia una fanatica organizzazione islamica dedita alla distruzione di Israele per costruire sulle sue rovine il Califfato, è soprattutto una propaggine della Fratellanza Musulmana, il movimento che è stato estromesso dal potere in Egitto da una rivolta armata popolare guidata dal generale Sisi. La Fratellanza era considerata una organizzazione terrorista, i suoi seguaci combattono ancora il nuovo regime. Hamas è stata coinvolta in numerosi attentati terroristici in Egitto mentre contrabbandava missili dall’Iran, esplosivi e militanti terroristi dal Sudan a Gaza, passando dal Sinai. I terroristi di Hamas presero parte all’attacco delle prigioni egiziane all’inizio delle manifestazioni contro Mubarak nel gennaio 2011, liberando Izz ad-Din al-Qassam, il comandante Ayman Nofel e Sami Shihab, capo di Hezbollah, nel 2009, mentre stava preparando gli attacchi al Canale Suez preparati su ordine dell’Iran. Militanti di Hamas hanno anche partecipato in massa alle dimostrazioni contro Mubarak al Cairo. Hamas è anche stata accusata di avere assassinato dei soldati e poliziotti egiziani nella Penisola del Sinai insieme alle organizzazioni jihadiste. Il governo del Cairo ha dichiarato Izz ad-Din al-Qassam, il braccio militare di Hamas, organizzazione terrorista e le sue attività, e anche quelle di Hamas nel loro insieme, fuorilegge in Egitto. I tentativi per dichiarare anche Hamas organizzazione terrorista erano stati resi vani probabilmente su iniziativa del governo, in quanto viene ritenuta combattere in favore della causa palestinese, nella quale è impegnato anche l’Egitto. D’altronde Hamas comprende fin troppo bene che l’unico accesso verso l’esterno è il checkpoint di Rafah con l’Egitto che viene aperto una volta al mese, a volte anche ogni due mesi, per fini umanitari, esercitando così un forte condizionamento su Gaza. I tunnel del contrabbando, che rappresentano la valvola di sfogo economico e militare di Hamas sono distrutti senza pietà dall’esercito egiziano. La situazione nella Striscia di Gaza è terribile: la fornitura di elettricità è limitata a poche ore al giorno e i leader di Hamas cercano di dare segnali di speranza a una popolazione che apertamente ha iniziato a lamentarsi. Vorrebbero il confine di Rafah sempre aperto, non solo per disinnescare le tensioni interne, ma anche per sviluppare relazioni commerciali con l’Egitto. Ma, secondo notizie circolate dopo gli incontri del Cairo, i colloqui pare non stiano dando risultati. Non c’è spazio per un compromesso. Hamas non solo rimarrà per sempre una propaggine della Fratellanza – un focolaio di odio in Egitto – ma continuerà a costruire i tunnel per il contrabbando di armi attraverso il Sinai in vista di un’altra guerra contro Israele. Non combatterà i militanti dello Stato Islamico che trovano rifugio a Gaza per timore di uno scontro frontale colle varie organizzazioni terroriste, e anche con la sezione egiziana di Izz ad-Din al-Qassam,che sarebbe pronta a entrare in azione. La auto-proclamata Provincia del Sinai, che combatte l’esercito egiziano e che controlla i percorsi del contrabbando, non appare preoccupata. Hamas è disperatamente alla ricerca di un compromesso accettabile, ma non può accettare le condizioni proposte dal Cairo, mettere fine alla spaccatura con l’Autorità palestinese, firmare una tregua duratura con Israele, il che aprirebbe anche la strada alle relazioni economiche. Ad Hamas è stato anche chiesto di arrivare a un accordo con Israele in relazione ai due cittadini israeliani che per errore erano entrati a Gaza e la restituzione dei corpi dei due soldati uccisi durante l’operazione “protective edge”. Ciò malgrado, intensi negoziati si stanno svolgendo a porte chiuse, non tra Egitto e Hamas, ma all’interno dell’organizzazione. Nello stesso tempo, si preparano elezioni segrete per nominare una nuova leadership. Haniyeh cerca di espellere Khaled Mashal, che non sembra essere più in sintonia con i cittadini di Gaza. I risultati verranno resi pubblici nel giro di alcune settimane. Sarà una nuova leadership più disponibile a un compromesso con l’Egitto, o sceglierà, spinta dalla disperazione, di provocare un nuovo conflitto con Israele per ottenere il sostegno del mondo arabo e spingere l’Europa ad applicare nuove misure contro Israele? Quale posizione adotterà la nuova Amministrazione americana? Israele sta monitorando attentamente la situazione che potrebbe andare fuori controllo, dato che non è in vista una soluzione al punto morto in cui si trovano Egitto e Hamas.
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