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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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I principi morali nel diritto internazionale 05/02/2017
 I principi morali nel diritto internazionale
Commento di Michelle Mazel

(Traduzione di Yehudit Weisz)

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http://www.jpost.com/Edition-Francaise/International/De-la-morale-en-droit-international-480629

Non si tratta di esprimere un giudizio sui provvedimenti adottati di recente dal nuovo Presidente americano, che vieta l’ingresso negli USA ai cittadini provenienti da un certo numero di Paesi musulmani, ma piuttosto di analizzare la virtuosa indignazione che essi hanno scatenato. Così per la Cancelliera tedesca, la lotta contro il terrorismo non costituisce un motivo sufficiente; secondo lei non si tratta di una giustificazione per trattare con diffidenza delle persone che hanno “un passato o una religione specifici”. Non è sicuro che sia riuscita a convincere i suoi elettori. Il loro senso dell’ospitalità li espone a dover subire degli attentati commessi sul loro suolo da immigrati accolti con generosità, per non parlare degli atteggiamenti di alcuni di questi immigrati nei confronti delle donne. Il Ministro degli Esteri francese da parte sua ha annunciato pomposamente che il terrorismo non conosce frontiere e che la discriminazione non è la soluzione. Non gli si farà l’affronto di ricordargli che la grande, la stragrande maggioranza di atti terroristici avvenuti in Francia sono stati commessi da persone “che avevano una religione specifica”. Non volendo essere da meno, l’appariscente Ministro degli Esteri britannico ha twittato con eleganza che stigmatizzare sulla base della nazionalità era allo stesso tempo sia “separatista” che “ingiusto”. Ingiusto è anche il termine usato dal Ministro degli Esteri danese, imitato dai suoi colleghi scandinavi. I commenti non si sono soffermati sul fatto che il divieto d’ingresso sul suolo americano è provvisorio, che è previsto per una durata di tre mesi, il tempo necessario per adottare una serie di controlli intesi a proteggere l’America da visitatori male intenzionati. Nessuno si è permesso d’insinuare che la misura non sarebbe adeguata. Eppure il consenso che sembra emergere è che quel che Donald Trump ha fatto era non soltanto “sbagliato” ma persino “ingiusto”. Può darsi. D’altra parte, la Francia e l’Inghilterra non si sgomitano per accogliere i rifugiati. E in terzo luogo questi due Paesi, come la Germania ed il resto del mondo, sono stranamente silenziosi quando una ventina di Paesi vietano ai cittadini d’Israele, e talvolta a ebrei, l’ingresso nei loro territori. Eppure la maggior parte di questi Paesi, come la Malaysia, il Pakistan o ancora l’Algeria, non sono in guerra con lo Stato ebraico, e non lo sono mai stati. L’Arabia Saudita per tanto tempo ha rifiutato l’ingresso agli ebrei, di qualsiasi nazionalità fossero; solo di recente ha reso meno rigoroso questo divieto senza tuttavia abolirlo del tutto. L’Iran, che aveva intrattenuto per lungo tempo eccellenti relazioni con Israele, ne è diventato nemico acerrimo per motivi religiosi dopo l’avvento dell’Ayatollah Komeini. Il semplice fatto di avere un timbro israeliano sul passaporto è ormai sufficiente per vedersi rifiutare l’ingresso alla frontiera. Ingiusto? Bene? Male? La verità è che ogni Paese fa come meglio crede, senza preoccuparsi troppo del famoso “cosa penserà la gente?”.

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Michelle Mazel


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